Contro il mito del capo
Città della Spezia, 8 ottobre 2017
NE’ PARTECIPAZIONE, NE’ RAPPRESENTANZA
La discussione sulla riforma della legge elettorale è confusa e poco decifrabile: appassiona molto i partiti ma poco i cittadini. Eppure il tema è decisivo, perché solo con una buona legge elettorale che ridia voce a noi cittadini e dignità al Parlamento potremo avere qualche speranza di risolvere i problemi del nostro disastrato Paese.
L’ultima proposta, frutto dell’accordo tra Pd, Forza Italia, Lega e alfaniani, è il cosiddetto “Rosatellum”. Una proposta che dimostra un vero e proprio disprezzo nei confronti dei cittadini e della loro volontà di partecipare. Infatti generalizza le liste bloccate per quasi due terzi dei deputati e dei senatori, cancellando del tutto le preferenze e attribuendone la scelta interamente ai capipartito. Il principio di partecipazione viene stravolto. Inoltre, per circa un terzo dei parlamentari da eleggere nei collegi uninominali con sistema all’inglese (in ogni collegio è eletto il candidato che prende più voti), la proposta prevede delle coalizioni di cartone, senza indicazione di un leader, di un simbolo, di un programma, quindi buone come specchio per le allodole e pronte a essere disfatte il giorno dopo le elezioni per dare vita a un’ammucchiata trasversale. Infine agli elettori è imposto un voto unico per il candidato nel collegio uninominale e una delle liste a questo collegate: se votano per una lista lo fanno anche per il candidato, se “pretendono” di votare solo per il candidato i loro suffragi vengono ripartiti tra tutte le liste collegate percentualmente ai voti da queste ottenute. Anche il principio di rappresentanza viene stravolto.
E’ una proposta immorale prima ancora che incostituzionale. Secondo la Corte Costituzionale, che ha bocciato prima il “Porcellum” e poi l’”Italicum”, le ragioni della governabilità devono essere perseguite “con il minore sacrificio possibile per la rappresentanza politica nazionale”. Dopo le due sentenze un buon legislatore avrebbe rimediato al mal fatto. Invece il “Rosatellum” è frutto della medesima ansia di governabilità che ha dominato la politica italiana nell’ultimo quarto di secolo, che ha compresso eccessivamente il valore supremo della rappresentatività dell’assemblea parlamentare.
Dopo venticinque anni di democrazia maggioritaria nessun risultato auspicato è stato conseguito: non la promessa semplificazione del sistema politico, che è invece esploso e si è frammentato al suo interno; non la reclamata stabilità dei governi, che sono costantemente ostaggio di maggioranza sempre più litigiose; non l’illusione della scelta del governo rimessa al corpo elettorale, che ormai non decide più nulla, non solo il governo ma neppure i propri rappresentanti. Ostinarsi a inseguire avventure maggioritarie è inutile e insensato: il bipolarismo coatto è morto, il “voto utile” arranca, il quadro politico è composto da tre, se non, addirittura, quattro schieramenti.
LA DEMOCRAZIA NON E’ DECIDERE DA CHI FARSI COMANDARE
La democrazia, diceva il grande teorico del diritto Hans Kelsen sulle orme di Platone, è assenza di capi. Invece la voce dei capi è oggi sempre più potente. Il parlamentare nominato dal capo della sua forza politica rappresenta il capo della forza politica. Non gli elettori. Torna per altra via il progetto dell’uomo solo al comando, del capo della forza politica che prevarrà nelle elezioni. E’ il progetto che gli italiani hanno sconfitto nel referendum del 4 dicembre scorso. Dobbiamo tornare a combattere il male italiano della “capocrazia”, della democrazia del capo così diversa dalla democrazia parlamentare. La democrazia non può risolversi nel diritto dei cittadini di scegliere da chi vogliono essere comandati. Non può ridursi a un governare senza popolo. Non è questa la democrazia che i padri costituenti avevano promesso al popolo italiano quando scrivevano che la sovranità appartiene al popolo (e scelsero il verbo non a caso).
SOLO IL PROPORZIONALE RIDA’ VOCE AI CITTADINI E DIGNITA’ AL PARLAMENTO
Chi insiste su proposte di riforma della legge elettorale che negano la partecipazione e la rappresentanza alimenta il grande distacco tra governanti e governati. Il Pd dice che bisogna combattere l’antipartitismo ma in realtà tutti i suoi comportamenti lo accrescono. C’è solo una strada da seguire: una legge elettorale proporzionale in grado di assicurare la più ampia e coerente rappresentazione degli orientamenti politici presenti nel Paese. Bisogna riaffermare il principio per cui ci si candida per rappresentare qualcuno, per contribuire a costruire in Parlamento uno specchio della società. E bisogna restituire ai cittadini il potere di scegliere i parlamentari, cosa che si può fare sia con i collegi uninominali sia con le preferenze. Nello spirito della Costituzione del 1948 non può non esserci che un sistema proporzionale con una modalità di voto in grado di tener saldo il rapporto tra elettori ed eletti.
IL M5S SCEGLIE LA “CAPOCRAZIA” MA LOTTA CONTRO IL ROSATELLUM
Il Movimento Cinque Stelle si è trasformato da “movimento di tutti”, dell’ uno vale uno”, al “partito del capo”. Il Movimento è si omologato, in questo modo, agli altri partiti, tutti leaderistici e in preda alla “capocrazia”. E, come scrive Michele Prospero sul “Manifesto”, “corre il concreto rischio di assorbimento della sua forza eversiva che trascendeva gli spazi politici tradizionali e attraeva anche un vasto elettorato di sinistra”. E tuttavia si batte contro una legge elettorale ispirata alla “capocrazia”. Anche questa volta, come per il referendum, oltre che sulla forza dei cittadini bisogna far leva sull’impegno del M5S: è un fatto non da poco. E sull’impegno delle forze di sinistra, che non possono non battersi per una riforma della legge elettorale conforme alla Costituzione. Una sinistra che non fa questa battaglia smette di essere sinistra.
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