Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17 a Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
15 Dicembre 2024 – 19:29

Presentazione di
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello
Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17
Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
I due …

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Cara sinistra, se vuoi avere un futuro devi rappresentare i più deboli – Prima parte

a cura di in data 25 Luglio 2022 – 21:54

Campiglia, tramonto
(2011) (foto Giorgio Pagano)

Città della spezia, 19 giugno 2022

TRE NOTIZIE DAL VOTO NAZIONALE
Dalla scorsa domenica elettorale sono venute -mi riferisco in primo luogo al dato nazionale- alcune notizie certe.
La prima è che Matteo Salvini non è più il leader del centrodestra: dal Papeete in avanti nulla da quelle parti è girato per il verso giusto. La Lega è arrivata quasi ovunque dietro Fratelli d’Italia, che pure non sfonda. Anche perché alcuni dati, in primo luogo a Genova e a Spezia, consegnano una forza rilevante a un’altra componente del centrodestra, quella più di centro, in Liguria espressa da Toti e dalle liste personali dei candidati a Sindaco. Tutto ciò farà emergere nel centrodestra, in vista delle elezioni politiche del prossimo anno, divisioni politiche importanti, a partire da quella sul rapporto con l’Unione europea.
La seconda notizia è che il Pd regge -in Italia è il primo partito- mentre crollano i suoi alleati. Il M5S ha avuto una debacle, ma forse ha più forza di quanto gliene si accrediti: chi dà i grillini per morti dimentica la grande differenza tra il voto -negativo- alle amministrative del 2017 e quello -positivo- alle politiche del 2018. Le liste di sinistra non brillano, salvo qualche realtà, mentre il “polo di centro” è fantomatico: Calenda si intesta risultati che non ha, i suoi pochi candidati di successo avrebbero fatto bene con qualunque lista.
La terza notizia è riferita ai referendum sulla giustizia: il loro insuccesso significa che forse ci siamo tolti dai piedi per qualche anno i “garantisti all’italiana”, quelli che confondono le teorie liberali con la difesa del potere corrotto che chiede impunità.

I MERITI DI PERACCHINI E I DEMERITI DEL CENTROSINISTRA
Veniamo all’esito delle elezioni spezzine, che era in sostanza scontato. Generalmente un Sindaco viene riconfermato dopo il primo mandato, a meno che non abbia compiuto misfatti. Ho sempre detto a chi mi chiedeva un parere: “Peracchini non è amato, ma non è affatto screditato”. Il fatto che sia stato riconfermato al primo turno con il 53% dei voti del 50% dei votanti, cioè solo da un quarto degli spezzini, conferma che il Sindaco non è proprio amatissimo, ma che tuttavia gode di una certa stima. In particolare gli spezzini hanno apprezzato il fatto che la città sia più pulita rispetto a cinque anni fa. Non è nemmeno vero che Peracchini non abbia realizzato opere con una qualche traccia: è vero che per fortuna della città e di Peracchini stesso la Sovrintendenza gli ha impedito il misfatto del ponte sopra Viale Italia, ma è altrettanto vero che il Parco delle Mura è molto apprezzato. Tutti, opposizione compresa, si sono dimenticati di dire che l’opera era stata progettata alla fine degli anni Novanta, inserita nel progetto del Parco delle Colline nel Piano Strategico del 2001 e poi portata avanti dalle amministrazioni successive; ma è indubbio che sia stata l’ultima amministrazione, in continuità con le precedenti, ad averla realizzata. Una fortuna, ma anche un merito. Tra l’altro in un momento storico in cui, a causa della pandemia, sono molto sentiti i temi del superamento della separazione tra città e campagna e di come portare la campagna, la natura e il verde in città. Si dovrebbe aggiungere -in questa disamina dell’ultimo quinquennio- che la gestione della sanità spezzina è stata un vero misfatto. Ma la responsabilità principale è della Regione: Peracchini ha lasciato fare e Toti è stato abile a ricordare i peccati di “quelli di prima”, che in effetti non erano mancati.
Detto questo è evidente che il risultato è il frutto dei meriti di Peracchini e del centrodestra ma anche dei demeriti del centrosinistra. La “triste vicenda” della scelta del candidato a sindaco dopo mesi di confronto tutto interno a “forze politiche frantumate e ‘cetizzate’, ridotte cioè a ceto politico autoreferenziale”, ne è il simbolo (rimando all’articolo di questa rubrica “Piera Sommovigo e il possibile inizio di un nuovo corso”, del 20 marzo 2022). In poco più di due mesi “il nuovo corso” non poteva che configurarsi come possibilità assai remota. E’ vero che negli ultimi giorni il centrosinistra nutriva la speranza del ballottaggio: ma ciò, oltre che frutto dei sondaggi patacca, era anche la conseguenza di una illusione ottica. Anche a me sembrava che il clima attorno al centrosinistra e a Piera Sommovigo fosse migliorato, ed era certamente così: ma rispetto a un punto di partenza drammaticamente basso, raggiunto proprio a marzo, mese culminante di quella “triste vicenda” a cui la candidatura di Piera Sommovigo ha posto fine, ma a frittata ormai fatta.

La Spezia, Giuseppe Pericu alla presentazione del libro di Giorgio Pagano “Orgoglio di città”
(2007) (foto Enrico Amici)

ASTENSIONISMO, CRISI DELLA DEMOCRAZIA, RAPPRESENTANZA
La riflessione critica deve tuttavia andare molto più indietro nel tempo. Il Segretario provinciale del Pd Jacopo Montefiori ha dichiarato a “Città della Spezia”:
“Piera con il suo lavoro ha dimostrato di essere punto di riferimento per l’opposizione e di poterlo rimanere. Ma oltre al leader, bisogna prima di tutto lavorare per recuperare rappresentanza con il lavoro quotidiano. La sola campagna elettorale non basta: siamo rimasti troppo tempo in silenzio e quando lo abbiamo rotto era ormai troppo tardi”.
Il dato della partecipazione al voto è emblematico. A Spezia e a Genova storicamente è sempre stato tra i più alti in Italia, ora è il più basso: a Spezia oltre il 4% in meno rispetto al dato nazionale (54,79%), a Genova addirittura il 10% in meno. Segno di una drammatica crisi della democrazia, che non può essere rimossa. Solo tornando a “rappresentare”, come dice Montefiori, si può superare un dato che indica disinteresse e disprezzo, e colpisce innanzitutto il centrosinistra.
Ma “rappresentare” chi? Innanzitutto i ceti più umili e più deboli. Ho imparato ormai a non illudermi più di tento dei segnali positivi, delle luci che talvolta arrivano dalla sinistra degli altri Paesi. Ma guardiamo France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. Non so come andranno le elezioni di oggi per gli “insubordinati”: ma salario minimo, abbassamento dell’età pensionabile, rafforzamento della pubblica amministrazione sono obbiettivi che in qualche modo avvicinano una parte degli elettori più offesi. France Insoumise non dice sempre cose condivisibili: ma è la sinistra che rimane, e che ha saputo unire anche i socialdemocratici e i verdi. E’ al vasto mondo degli astenuti cronici -che non hanno una rappresentanza e denunciano una frattura tra salotti buoni e periferie- che il Pd dovrebbe guardare, non al vascello corsaro di Renzi e Calenda. Pensiamo, per fare un esempio, ai tanti che soffrono della inaccessibilità economica degli alloggi, una delle cause profonde della diseguaglianza sociale. Ma chi ha parlato di case popolari in campagna elettorale? Chi si dice socialdemocratico visiti il Karl-Marx-Hof a Vienna e studi come la capitale austriaca sia sempre stata e sia ancora rossa (socialdemocratica) perché sempre fedele al vecchio motto della socialdemocrazia che la governava a inizio secolo: “Chi costruisce palazzi per bambini, abbatte i muri delle prigioni”. Chi si dice cattolico democratico ricordi Giorgio La Pira, Sindaco santo di Firenze che requisiva le case sfitte per dare un tetto ai poveri.
Il problema è quello di recuperare il consenso del popolo più povero, non quello di sommare un certo numero di sigle o arruolare nello stesso perimetro presunti leader oggi in competizione tra loro.

Post scriptum
Dedico l’articolo odierno al caro amico Giuseppe Pericu, Sindaco di Genova nel mio stesso decennio di sindacatura (1997-2007), scomparso nei giorni scorsi. Non va definito “il Sindaco del G8”, ma il Sindaco della rinascita di Genova. La sua capacità di unire i valori e la visione strategica con la concretezza è una delle vie maestre per il futuro della sinistra, se mai la sinistra ne avrà uno. Ne scriverò domenica prossima. La foto che vedete in basso è di Enrico Amici, ed è stata scattata nel 2007 in Sala Dante, in occasione della presentazione del mio libro “Orgoglio di città”.

lucidellacitta2011@gmail.com

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