Auschwitz, l’indicibile non è incomprensibile
Città della Spezia, 23 gennaio 2022 – Tra pochi giorni -il 27 gennaio, data della liberazione di Auschwitz- sarà celebrato il Giorno della memoria. Credo si possa sicuramente dire che oggi più di vent’anni fa, quando con una legge del luglio 2000 è stato istituito questo “giorno memoriale”, gli italiani sanno delle deportazioni nei campi di concentramento nazisti. Sono stato ad Auschwitz e a Mauthausen con gli studenti spezzini, ho partecipato a tanti incontri con gli ex deportati nelle scuole, alla presentazione di molte ricerche storiche… La percezione di quanto è accaduto c’è, ma forse non c’è ancora la comprensione storica, il passaggio dalla memoria alla conoscenza. Lo sterminio degli ebrei -e non solo degli ebrei- è stato innanzitutto un evento storico, che in quanto tale va studiato. Servono più che mai, come è scritto nella legge del 2000, “narrazione e riflessione”: l’indicibile non è incomprensibile.
Va studiata la storia tedesca che portò al nazismo, e la storia italiana che portò al fascismo. E va studiata la storia di chi si oppose, e che per questo finì nei campi, insieme agli ebrei. Come scrisse Primo Levi nel testo introduttivo “Al visitatore” del Memoriale italiano ad Auschwitz -inaugurato nel 1980, oggi visitabile a Firenze-, “dai primi incendi delle Camere del Lavoro nell’Italia del 1921, ai roghi di libri sulle piazze della Germania nel 1933, alla fiamma nefanda dei crematori di Birkenau, corre un nesso non interrotto”.
Per questo è decisivo ricordare e studiare la Shoah, il genocidio degli ebrei e quello di tutti coloro che erano considerati dai nazisti inferiori -i rom, gli slavi, gli africani- e quindi un ostacolo sulla via della costruzione del popolo perfetto e incontaminato. Solo gli ebrei furono sei milioni. Se volessimo osservare un minuto di silenzio per ciascuna vittima ebrea dovremmo tacere per undici anni e mezzo.
Ma è decisivo ricordare anche la deportazione politica, di chi si oppose al fascismo. Agli oltre 8 mila ebrei deportati dall’Italia si affiancarono infatti 23 mila deportati politici. Vuol dire ricostruire la storia delle culture liberali, monarchiche badogliane, cattoliche, azioniste, socialiste, comuniste, anarchiche che diedero vita alla Resistenza. “Un’antologia esemplare -ha scritto lo studioso Massimo Castoldi- di un’umanità impegnata, coerente e solidale”.
Un anno fa, su questa rubrica, ho raccontato la storia di diciassette ebrei, in buona parte spezzini appartenenti alla famiglia Iachia (a quel tempo Jachia), che nel rifugio di Ama, nel Bergamasco, trovarono accoglienza generosa, protezione e solidarietà, cioè la salvezza dalla deportazione. Quei montanari del Bergamasco furono “bravi italiani” che si batterono contro “cattivi italiani”: militari della X Mas e fascisti repubblichini, alleati dei nazisti e specializzati nei rastrellamenti, negli arresti, nelle torture, che volevano deportare gli Iachia in Germania. Liliana Segre ha ricordato che gli italiani erano stati i più feroci tra gli aguzzini che si scatenarono contro di lei e suo padre al momento di caricarli sul treno per Auschwitz. Lei scrive che allora scoprì un sentimento nuovo, più forte del dolore: lo stupore. Stupore e vergogna.
Qualche anno fa, sempre su questa rubrica, ho raccontato la storia di Bianca Paganini, di famiglia borghese di orientamento cattolico e antifascista, deportata in Germania per motivi politici con la madre, un fratello e la sorella. Tutta la famiglia operava nel movimento Giustizia e Libertà, due fratelli sfuggirono alla cattura. Il fratello Alfredo morì nel campo di Flossenburg, la madre Amelia in quello di Ravensbruck -l’unico lager esclusivamente femminile, nato per “rieducare” e poi sterminare le deportate politiche di tutta Europa- dove fu prigioniera insieme a Bianca e a sua sorella Bice. Il Comune di Riccò del Golfo ha meritoriamente intitolato, nei mesi scorsi, la scuola dell’infanzia a Bianca Paganini. Appena la pandemia ce lo consentirà, racconteremo ancora la storia di Bianca: non solo l’esperienza della deportazione, ma anche le vicende che la precedettero, a partire dalle motivazioni che portarono Bianca e la sua famiglia alla decisione di contrastare la dittatura fascista.
Dobbiamo fare i conti con la nostra storia, non solo commemorare le vittime di una tragedia senza uguali o ricordare coloro che a questa tragedia riuscirono a sfuggire.
Post scriptum
Sull’argomento rimando a questi articoli della rubrica:
“Alfredo Angeloni: una voce della memoria dai campi di sterminio”, 27 gennaio 2013
“La dolcezza e la serenità di Bianca”, 10 marzo 2013
“Storia di Adriano, deportato a 17 anni”, 24 novembre 2013
“Migliarina ricorda”, 23 novembre 2014
“Aiuta una persona, fallo adesso”, 29 gennaio 2016
“Mirella Stanzione e le rose di Ravensbruck”, 2 aprile 2017
“Il Porrajmos, l’altro Olocausto”, 5 agosto 2018
“La Shoah e la responsabilità individuale”, 27 gennaio 2019
“Viviamo ancora all’ombra di Auschwitz”, 26 gennaio 2020
“Gli spezzini nel borgo delle Orobie, una storia che fa credere nella vita”, 7 febbraio 2021
La foto in alto ritrae alcune baracche di Auschwitz-Birkenau, quella in basso un forno crematorio a Mauthausen.
lucidellacitta2011@gmail.com
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