Andolcetti, uno spezzino al Moma
Città della Spezia, 5 dicembre 2021 – Con la scomparsa di Fernando Andolcetti la città ha perduto un artista straordinario. Era una persona di una gentilezza e di un’eleganza estreme. Così lo ricorda Cosimo Cimino, ora rimasto l’unico in vita tra i fondatori, nel 1968, del Circolo culturale Il Gabbiano, operante fino al 2018:
“In cinquant’anni di Gabbiano non abbiamo mai avuto un litigio. Era una persona speciale, di una disponibilità eccezionale, sempre aperta a nuove iniziative. Ogni domenica organizzava concerti a casa sua, dove invitava gli amici, che si fermavano a cena. La sua arte ha avuto un legame strettissimo con la musica”.
Andolcetti si era diplomato in pianoforte al Conservatorio di Firenze. “Le sue opere sono collages di immagini fotografiche o pittoriche e frammenti di musica”, spiega Cosimo. Fu davvero l’artista del felice sodalizio con la musica, un sodalizio gentile ed elegante come la sua persona.
Ho raccontato la storia di Andolcetti, e quella del Gabbiano, nel primo Volume di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata”. Leggiamo le sue parole:
“La musica è sempre stata la mia alleata, mi ha dato ispirazione. La caratteristica costante del mio lavoro è stata l’interazione tra musica, immagine e parola”.
Prima ancora, in questa rubrica scrissi l’articolo “Addio al Gabbiano, cinquant’anni di arte e di libertà” (27 maggio 2018), in cui Andolcetti e Cimino affermavano:
“Siamo conosciuti più fuori città che a Spezia”.
E’ senz’altro così. Pochi sanno che le opere di Andolcetti sono al Moma di New York, al British Museum di Londra, alla Harvard University di Cambridge…
La vicenda del Gabbiano è tutta dentro il clima del Sessantotto: il rinnovamento delle tendenze artistiche, l’alternativo, lo sperimentale… La galleria d’arte non come spazio mercantile ma come luogo di incontro e di discussione, di corsi, di didattica… La voglia degli artisti di dar vita a collettivi in cui lavorare assieme… Leggiamo ancora Andolcetti e Cimino:
“Se si vendeva lo si faceva per investire. Siamo stati più un circolo culturale che una galleria… Per almeno cinque anni abbiamo organizzato anche conferenze, presentazioni di libri, performance… Eravamo una specie di cenacolo… Erano di casa Giorgio Cozzani, il collezionista, Gino Bellani, An¬gelo Prini, Enzo Bartolozzi, Mauro Fabiani… Allora c’era una grande vivacità e creatività in città, ora tutto è piatto… Con la nostra chiusura non ci sono più gallerie in città, a parte quella dell’Ucai”.
Il mondo delle arti visive a Spezia fu ricco di fermenti ma anche di divisioni: fu spesso caratterizzato “dal gusto per la rissa e per la trama”, come scrisse il critico Ferruccio Battolini. In questa storia il Gabbiano, che pur nacque da una rottura, emerge come il luogo collettivo capace di durare più a lungo. Ha organizzato 560 mostre, personali e collettive, e ha ospitato tanti grandi del Novecento, fino a creare il “gusto del Gabbiano”, molto innovativo, lontano dalla pittura “tradizionale”, che ha sprovincializzato la città.
Andolcetti faceva l’insegnante. Nel 1968 era all’Einaudi, istituto professionale quasi tutto femminile. Nel secondo Volume del libro c’è la storia delle “grandi occupazioni” delle scuole spezzine nel dicembre 1968. Andolcetti ne fu ammirato e sconvolto:
“Erano quasi tutte ragazze. Salivano in cattedra e volevano far lezione loro. Erano piene di interessi in campo culturale. Non ce l’avevano con noi professori… Volevano non solo il biennio per andare all’Università, volevano cambiare tutto. Fu un periodo di ‘follia’. Un clima che coinvolse e sconvolse tutti”.
“Furono davvero anni speciali”, diceva ancora Andolcetti.
Il Comune dovrebbe ricordarlo con una mostra. Non solo: per una storia della cultura spezzina è fondamentale una pubblicazione su tutte le mostre del Gabbiano. E’ una proposta per Comune e per Fondazione Carispezia.
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