A ottant’anni dall’8 settembre 1943 – terza parte
Storie di fratellanza. I soldati inglesi sconosciuti e il ragazzo di Sarzana
Città della Spezia, 17 settembre 2023
A Ponzano Magra, in un luogo appartato vicino al torrente Belaso e all’ex ceramica Vaccari, c’è una lapide “a ricordo dei soldati inglesi S.A.S fucilati il 21 settembre 1943 da un plotone di esecuzione tedesco W/sgt W. J. Forster and cpl James Shortall”.
William Johnstone Foster (questo il cognome esatto) era un sergente di 27 anni, James Shortall un caporale di 24 anni, nato in Irlanda. S.A.S sta per Special Air Service, un corpo speciale dell’esercito britannico. I due erano paracadutisti, scelti tra gli uomini più coraggiosi e audaci per missioni di sabotaggio. In questo caso l’obiettivo era danneggiare i collegamenti ferroviari che attraversavano gli Appennini per rallentare i rifornimenti tedeschi e impedire che gli invasori, che erano nel nord del Paese, si spostassero verso sud, dove stavano avanzando gli angloamericani. L’operazione fu chiamata “Speedwell”.
Foster e Shortall partirono il 7 settembre 1943 dalla base di Kairouan, in Tunisia, e atterrarono l’8 settembre a Barbarasco di Tresana in Lunigiana, dopo un volo da duemila metri. La meta doveva essere, in realtà, Borgotaro. Con loro c’erano altri quattro soldati del S.A.S, con il compito di operare a coppie, in tre punti diversi delle linee ferroviarie. A Foster e Shortall spettava il punto tra La Spezia e Genova: un obbiettivo difficile, perché lontano. E perché Spezia, sede della flotta, era stata occupata e circondata dai tedeschi.
I sei vestivano un’uniforme grigio-blu americana e avevano in dotazione anche armi tedesche. La loro era una “missione quasi impossibile”: non avevano radio e non potevano comunicare, non avevano supporto a terra, né intelligence… Arrivarono quando fu firmato l’armistizio dell’Italia con gli angloamericani, ma lo seppero solo parecchi giorni dopo. La zona tra Spezia e Parma era pesantemente presidiata dai tedeschi, e poi dai fascisti repubblichini.
Non sappiamo se Foster e Shortall fecero azioni di sabotaggio. Ma il 20 settembre, forse per stanchezza o disattenzione, entrarono in un bivacco tedesco alla Foce, sulle alture spezzine. Catturati, furono portati nel quartier generale tedesco di Ponzano e, il giorno dopo, legati a un albero, uccisi da un plotone di esecuzione e sepolti in una fossa. Il comandante Gustav Heisterman von Ziehlberg non ebbe dubbi. Due abitanti del posto, Michele ed Ennio Marchi, videro, nascosti, il massacro. Misero una croce sulla fossa e raccontarono l’accaduto nel dopoguerra. Contro la Convenzione di Ginevra, che proteggeva i soldati in divisa, prevalse l’ordine di Hitler dell’ottobre 1942: uccidere chiunque. Ai due inglesi fu negato anche il prete, che avevano chiesto. Oggi Foster e Shortall riposano nel cimitero di Staglieno.
Altri due inglesi tra i sei dell’operazione – Patrick Dudgeon, 23 anni, e Bernie Brunt, 22 anni – furono uccisi dai tedeschi il primo ottobre, vicino al passo della Cisa. Erano stati ospitati generosamente da Massimo Petriccioli, un contadino di Tresana. Anch’essi dovevano sabotare la linea Spezia-Genova, ma non sappiamo se vi siano riusciti.
Quando arrivarono a casa di Petriccioli, l’altra coppia, anch’essa da lui ospitata, era appena partita: Thomas MacLeggan Wedderburn, 27 anni, e Harold “Tanky” Challenor, 21 anni. Avevano sabotato la linea Aulla-Bologna e, non trovando i compagni, si erano diretti verso sud.
Dudgeon e Brunt si fermarono sei giorni a casa di Petriccioli, durante i quali fecero ricognizioni per individuare le forze nemiche, per poi decidere di impossessarsi di un’auto tedesca. Pensavano – ma la congettura era sbagliata – che il generale Rommel fosse nella zona, e volevano ucciderlo. L’imboscata al mezzo tedesco fu tesa alla Santissima Annunziata, a sud di Pontremoli. I due fermarono, alle 22,30 del 30 settembre, un veicolo con le torce, fidandosi del fatto che Dudgeon parlava il tedesco. Ma qualcosa andò storto, un tedesco fu ucciso, un altro ferito. Gli inglesi fuggirono verso il passo della Cisa su un’auto ammaccata e sporca di sangue. Furono bloccati e arrestati al posto di blocco del passo, e fucilati il primo ottobre in un sentiero vicino. Fecero in tempo a cantare la prima strofa di “God Save the King”. Von Ziehlberg, credendo fossero italiani, aveva preso in ostaggio il prefetto di Massa, tre podestà e trenta pontremolesi segnalati dai fascisti. Rommel disse di lasciarli liberi, e von Ziehlberg dovette, suo malgrado, obbedire. Fu inflitta una multa molto pesante al Comune di Pontremoli, 30 mila lire, che fu pagata il 12 ottobre.
L’altra coppia di paracadutisti si salvò. Cercarono di raggiungere gli Alleati, ma non sapevano che fossero così lontani. Wedderburn fu arrestato e deportato in Germania, fino all’aprile 1945. Challenor raggiunse Foggia dopo un viaggio di sette mesi attraverso gli Appennini. Si salvò solo grazie all’aiuto disinteressato delle donne e degli uomini delle montagne.
Questa storia straordinaria spiega molto bene la dimensione europea, internazionale e transnazionale che unì i movimenti di Resistenza contro il nazismo e il fascismo.
I resistenti internazionali e transnazionali furono molti. Un nucleo consistente fu quello dei prigionieri di guerra alleati che furono liberati o riuscirono a fuggire dai campi di internamento rimanendo però bloccati dietro le linee nemiche. Molti si aggregarono alle bande partigiane: nella IV Zona, quella spezzina, uno di loro, il maggiore inglese Gordon Lett, diede vita a una formazione di partigiani di più nazioni, il Battaglione Internazionale, mentre nella vicina Apuania un altro maggiore inglese, Anthony Oldham, divenne comandante della Divisione Lunense, la cui compagnia di guardia era composta da partigiani provenienti da tutta Europa.
Non a caso è stato Brian Lett, figlio di Gordon, a raccontare questa storia in un bellissimo libro, che spero sia tradotto presto in italiano. Non a caso Brian ha partecipato, intervenendo, alle due manifestazioni tenutesi l’8 settembre a Ponzano Magra e al passo della Cisa per ricordare i quattro caduti. Sono stati due momenti molto intensi, all’insegna dello spirito di fratellanza internazionale che caratterizzò la Resistenza.
Dedico l’articolo di oggi a Piero Guelfi “Danilo”, amico carissimo, partigiano della Brigata Muccini da poco scomparso. Come tutti i partigiani ci ha disvelato un tesoro, trattando i più giovani come fratelli.
Di seguito il testo dell’orazione con cui la sezione Anpi di Sarzana l’ha salutato venerdì scorso.
A Piero
Grazie Piero. Siamo tra le persone che hanno avuto il privilegio della tua compagnia. Modesta, giocosa, impegnata.
Da ragazzo, a 17 anni, hai dovuto affrontare, con la tua famiglia, il mostro nazifascista, e hai sentito il dovere di unirti ai ribelli che lo hanno combattuto e vinto. Non ti sei mai sentito un eroe, ma resta il fatto che hai compiuto una scelta scomoda, la scelta di una piccola minoranza a cui dobbiamo molto. Eri poco più che un bambino, e hai dovuto vedere i soprusi, le botte, la morte, le mitragliate, le torture, la ferocia barbara abbattersi sui corpi di compaesani e compagni. Hai preso una pallottola di striscio sulla faccia, hai dormito, ferito e nascosto, in un obitorio con i cadaveri accanto. Fino a quando, finalmente, oltre la Linea Gotica, hai ritrovato tuo padre, vivo dopo il rastrellamento del 29 novembre, riconosciuto solo per il suo tipico fischio, dato che era ricoperto di fasciature per le ferite. Dopo un’esperienza del genere, non ti vergognavi certo di dire che, finita la guerra, per un periodo sei tornato a dormire nel letto coi genitori. E al dopoguerra è legato pure un tuo ricordo, per noi di grande insegnamento. Quando tu e tuo padre, anch’egli partigiano della Muccini, riceveste due cospicui assegni – 3.000 Amlire – per il vostro ferimento, per l’attività partigiana. E di fronte alla tua contentezza per un regalo inatteso, tuo padre, scuro in volto, con la busta in mano, ti disse: “Sì, sì, l’ho ricevuta anch’io, eccola qua. Ma stammi un po’ a sentire: tu ai monti sei andato perché ti ho insegnato qualcosa, oppure perché sei un mercenario?” Entrambi strappaste l’assegno. Questa è la moralità della Resistenza, la sua differenza con le guerre passate, e anche con l’attuale. Un esercito di: ribelli, banditi, clandestini, disertori; termini negativi solo per chi ama le guerre e odia gli esseri umani.
Nella nuova Italia repubblicana hai potuto godere delle amicizie (memorabili i tuoi scherzi), trovare soddisfazione nel lavoro da tipografo, praticare sport, costruire una famiglia. Dell’amore per la tua famiglia sappiamo per la riconoscenza infinita che avevi per Luisa, per come si è presa cura di tua sorella, e per come si prendeva cura di te e dei vostri figli; e poi l’orgoglio per tuo nipote. Quanto al tuo lavoro, anche da pensionato ti rifugiavi nella tua cantina piena di libri, di carte, di foto, di caratteri da stampa e di articoli di giornali. Dicevi sempre che la Luisa non voleva neppure metterci piede, dal disordine che vi regnava. Una volta, disperata, aveva scoperto che avevi utilizzato una giacca di pelle per le rilegature dei libri. Era davvero il tuo regno, la tua isola felice, piena di cose e parole che ti rimandavano agli amici di quel tempo, coi quali, – dicevi sempre – avevi trascorso il più bel periodo della tua vita, nonostante le pulci, il freddo e la paura.
E poi c’era l’Anpi. L’impegno nella realizzazione del Museo della Resistenza, la trasmissione della memoria della lotta contro il fascismo tramandata alle nuove generazioni. Sempre accompagnato dall’umiltà, espressa bene quando dicevi, diventato presidente dell’Anpi dopo Paolino: “È come se il bidello fosse diventato preside”. Un ruolo per cui non ti sentivi tagliato, che hai accettato a fatica, per senso del dovere. Ma che hai assunto con scrupolo, sottraendo tempo agli affetti, scrivendoti gli interventi pubblici sui foglietti per non scordarti nulla, andando sempre avanti con allegria, mettendo entusiasmo in tutti i progetti che decidevamo insieme di portare avanti. Quando andavi nelle scuole ti sentivi a tuo agio coi ragazzi e le ragazze, e loro con te. La tua voglia di scherzare e la tua allegria li contagiava. Un giorno, a un incontro, avevi saputo che quella classe sarebbe andata, il giorno dopo, a visitare il museo a Fosdinovo, e ti sei subito prenotato per andare in pullman con loro. Come possiamo dimenticare il nostro viaggio insieme sulle orme di Ugo Muccini in Spagna? Il percorso nei luoghi della battaglia dell’Ebro, l’incontro improvvisato con l’ospitale sindaco di Corbèra d’Èbre, la terra portata da Arcola che hai sparso nella terra dove è caduto Muccini, il fazzoletto rosso, con stampato il nome della brigata a lui intitolata, legato a un albero della Sierra Cabàlls? Come dimenticare la caparbietà e l’energia con le quali hai partecipato, più che novantenne, alle Camminate sui Sentieri Partigiani? Quando ti ritrovavi insieme ai nostri bimbi, che hai visto nascere, ti mettevi a giocare come fossi uno di loro. Ricordiamo anche la tenerezza con la quale, negli ultimi anni, ti facevi volentieri affiancare da noi nelle interviste (memorabile quella per Gad Lerner, e quella, più intima, di Roberto Benettini), negli incontri pubblici e nelle scuole, o semplicemente nelle passeggiate in centro storico. Con noi eri un eterno ragazzo, dal sorriso aperto e la voglia di scherzare. Il forte dispiacere, col passare degli anni, era la scomparsa delle compagne e dei compagni della brigata, dicevi che ormai eri rimasto l’ultimo. Se il consiglio comunale ci darà il permesso di realizzare il murale degli antifascisti sarzanesi, ti promettiamo che il tuo volto sorridente, assieme ai loro, saluterà ogni giorno chi passerà davanti al vecchio mercato.
Grazie di tutto Piero, e che la terra ti sia lieve, partigiano Danilo.
Post scriptum
Le fotografie di oggi sono state scattate nel 2023 alla lapide e alla tomba di William Johnstone Foster e di James Shortall.
Ho scattato la fotografia a Piero Guelfi alla Camminata sui Sentieri Partigiani del 2017.
Sul 1943 rimando a questi articoli:
“Marzo 1943. Gli scioperi che scossero il fascismo”, Il Secolo XIX nazionale, 19 marzo 2023, anche in www.associazioneculturalemediterraneo.com
“Gli scioperi del marzo-aprile 1943, come il malcontento divenne politico”, www.patriaindipendente.it, 20 marzo 2023
“25 luglio 1943, non fu solo un’illusione”, Città della Spezia, 25 luglio 2023
“25 luglio 1943. Cade il fascismo stremato, ma la tragedia non è finita”, Il Secolo XIX nazionale, 25 luglio 2023
“In quei quarantacinque giorni di Badoglio cominciò il riscatto. E partì dal basso”, www.patriaindipendente.it, 20 agosto 2023
“Lo sciopero degli operai dell’OTO Melara, i calzolai e una lezione contro l’odio”, Città della Spezia, 26 agosto 2023
“Come Spezia fu occupata dai tedeschi”, Città della Spezia, 3 settembre 2023
“L’epopea dell’8 settembre”, “La Nazione”, 6 settembre 2023
“La disfatta e il riscatto”, Il Secolo XIX nazionale, 9 settembre 2023
“Quando la Marina salvò la flotta e l’onore”, Città della Spezia, 10 settembre 2023
“Un unico sopravvissuto all’affondamento della corazzata ‘Roma’”, www.patriaindipendente.it, 12 settembre 2023
Ho intervistato Piero Guelfi per questa rubrica il 9 aprile 2012, nell’articolo “Dai monti di Sarzana”.
lucidellacitta2011@gmail.com
Popularity: 3%