‘A nuttata della politica spezzina – seconda parte
Città della Spezia, 25 settembre 2016
I CINQUE STELLE HANNO BISOGNO DI APRIRSI ALL’ESTERNO
Prima di esaminare le vicende locali dei grillini conviene fare il punto sulle difficoltà del M5S a livello nazionale, per le ripercussioni che esse hanno nei territori, Spezia inclusa. L’atteggiamento critico verso la Giunta Raggi di quasi tutti i mezzi di informazione, questo va detto, è veramente eccessivo e sgradevole: ormai siamo al “Piove, Virginia ladra”, a un bombardamento mediatico senza precedenti, dimentico di tutti i misfatti che destra e Pd hanno commesso nella capitale. E tuttavia difficoltà reali ci sono: la Sindaca di Roma è circondata da gruppi e gruppetti in lotta tra loro che mettono il becco dappertutto, e il Campidoglio, più che una casa di vetro, sembra una corte di Bisanzio. I grillini hanno davanti il rischio dell’implosione, ma anche una grande opportunità: strutturarsi, formare gruppi dirigenti, stabilire collegamenti con la società, con le forze della cultura, con gli specialisti. Le difficoltà di Roma possono quindi essere utili, se favoriscono una riflessione sulla struttura organizzativa e un’apertura verso l’esterno. E’ giusto voler evitare la politica come carrierismo: ma ciò non può significare la rinuncia a strutture organizzative collettive più efficienti ed efficaci. Così come è giusto voler evitare di perdere la propria identità mescolandosi con i vecchi partiti: ma ciò non può significare autoreferenzialità e isolamento dai movimenti sociali.
Io non sono pessimista sull’evoluzione dei Cinque Stelle. Il loro populismo originario, del resto, si è già evoluto in questi anni grazie a un’attenzione nuova al tema delle diseguaglianze sociali. Conosco benissimo tutte le possibili obiezioni che si possono muovere a questa analisi ottimistica: la scarsa democrazia interna, le ambiguità nella collocazione internazionale, il semplicismo delle ricette economiche, le posizioni sbagliate sull’immigrazione. Ma io continuo a considerare queste contraddizioni più vitali e cariche di futuro di quelle che attraversano il campo del centrosinistra e del Pd. E aggiungo: meno male che c’è questo movimento a occupare lo spazio dell’opposizione, meno male che c’è una forza di opposizione che viene votata da chi ancora va a votare. Se non ci fosse, aumenterebbe il non voto, cioè il vuoto. E’ vero, però, che tutto questo non basta, perché i grillini non hanno ancora un progetto compiuto per governare il Paese. Che potrà esserci solo se il M5S evolverà come una sorta di “Podemos italiano”.
IL CASO GRONDACCI: DI “REGOLAMENTI”, IN POLITICA, SI MUORE
In questi mesi ho in più occasioni proposto una coalizione civica e sociale, che coinvolga tutti i cittadini che vogliono un vero cambiamento in città. E ho detto che il M5S dovrebbe essere parte integrante e decisiva di questa coalizione. Parallelamente, ma autonomamente, Marco Grondacci ha sostenuto, all’interno del M5S, posizioni simili. Per poi scontrarsi con il Movimento, che di alleanze non vuol sentir parlare, nemmeno con liste civiche. Grondacci ha poi accettato la candidatura a Sindaco da parte dei grillini, ma proponendo quella che lui stesso ha definito “una soluzione di mediazione, al fine di cercare persone e associazioni che si riconoscono in un progetto comune”. Leggiamo le sue parole in un’intervista a Thomas De Luca su “Città della Spezia” del 7 settembre scorso: “Costituiremo una sorta di contenitore civico, all’interno del quale saranno presenti le realtà esterne al Movimento con le quali potremmo instaurare un dialogo e nelle quali potremmo individuare i membri della squadra di giunta. Questa piattaforma resterà come organo di garanzia terzo del nostro operato. Non so se riusciremo a costruire un legame con la sinistra alternativa e con liste civiche, come quella di Giulio Guerri, o comitati. Ma saremo disponibili a farlo”. Una proposta che avrebbe potuto aprire, pur tra grandi difficoltà, una fase nuova. Non c’è stato, però, nemmeno il tempo per ragionarne: improvvisamente il M5S si è accorto che Grondacci, essendo stato eletto molti anni fa, quando i grillini non esistevano ancora, in liste di altri partiti, non poteva per ciò stesso essere candidato a Sindaco. I “regolamenti” del Movimento parlano chiaro. Viene in mente Lev Tolstoj. Quando era ufficiale, lo scrittore russo ammonì un graduato che fustigava un sottoposto che non teneva la fila: “Non si vergogna a trattare così un suo simile? Non conosce il Vangelo?”. E l’altro: “E lei, non ha letto i regolamenti militari?”. Di “regolamenti”, in politica, si muore. Il M5S ha in questo modo gettato al vento un’occasione probabilmente irripetibile.
LA SINISTRA RADICALE SOTTO LE MACERIE
Che fare, dunque? Non è semplice. Certamente la coalizione civica e sociale non potrà nascere per impulso della sinistra radicale. Il recente voto amministrativo l’ha sostanzialmente cancellata. Il dato negativo non è solo quello dei pochi voti presi dagli elettori, è anche quello della composizione del voto: come il Pd, anche la sinistra radicale ottiene i migliori risultati nelle zone più ricche e va sempre più sotto man mano che l’elettorato si fa popolare e periferico. La sinistra non beneficia minimamente del tracollo del Pd, perché viene assimilata all’establishment e alla famiglia dei nuovi privilegiati. Non c’è travaso di voti, né eredità da contendere, ma agli occhi dei più un’identità di destino tra Pd e sinistra, un’identità sempre più lontana da chi “sta male” e “sta fuori”. Leggiamo l’analisi di Bia Sarasini sul “Manifesto” del 7 settembre: “Certamente è stata consumata una fine, la fine di una forma politica che a lungo abbiamo chiamato sinistra, e che comprende un insieme variegato di organizzazioni, sigle, pratiche, anche movimenti, oltre che un linguaggio e una visione del mondo. Una fine non riconosciuta, continuamente rinviata e posticipata, e per questo trasformata in una cristallizzazione di parole, di pratiche che non dicono più nulla, neanche a chi le perpetua con ostinazione. Peggio di una morte, per essere chiara, perché ci si è incaponiti a non nominarla, non vederla, e senza riconoscimento non si può elaborare il lutto, tutto si trascina con sempre minore slancio, con nulli o quasi effetti visibili. Rimangono il rancore, le infinite accuse reciproche, la ripetizione di riti e comportamenti vuoti, parodie del potere che non c’è”. Sono stato per qualche anno vicino alla sinistra, fino alla sconfitta di Vendola e di Bersani. Ho perfino appoggiato Cofferati alle primarie del Pd per le regionali: il mio era una sorta di accanimento terapeutico. Li ho conosciuti, i dirigenti della sinistra: persone incapaci di studiare e pure di ascoltare, di spostare lo sguardo su ciò che può cominciare fuori di loro e senza di loro. Persone molto simili, nei comportamenti e nei pensieri, a quel potere a cui dicono di opporsi. La sinistra non deve allontanarsi dai suoi valori di fondo, in primis l’eguaglianza, ma deve reinventarsi in tutto il resto: il che significa studiare, riflettere, pensare; e significa ascoltare, tornare nei luoghi del dolore e del conflitto, ripartire dalle pratiche sociali. Con una classe dirigente radicalmente nuova.
UN RISVEGLIO POSSIBILE
E’ difficile che passi ‘a nuttata. Il Pd è in crisi profonda e la destra è debole, ma oltre a loro quali sono le forze in campo? Il M5S, lacerato dalla vicenda Grondacci, non ha più la carica attrattiva che aveva fino a poche settimane fa. La sinistra, scrive De Luca su “Città della Spezia” del 13 settembre, è “attendista”: “apre al M5S e non chiude al Pd”. Giulio Guerri sembra muoversi per una sua candidatura a Sindaco, come cinque anni fa: lo si può criticare per il modo con cui affronta alcuni temi, o perché non ne affronta altri, ma in questi anni è stato più vicino ai cittadini lui che non il M5S o la sinistra. Il rischio è chiaro: l’insularità isolazionista, tre isole, tre liste separate, unite solo dall’intransigenza testimoniale. Il che consentirebbe alla destra, pur debole che sia, di arrivare seconda e di andare al ballottaggio al secondo turno con il Pd. Esattamente come a Savona, nelle recenti elezioni comunali. Vinte dalla destra, perché gli elettori volevano soprattutto cacciare il Pd. Ma, a Spezia, che cosa cambierebbe? In che cosa, in questi dieci anni, la destra si è distinta dal Pd?
E’ possibile un risveglio? A volte penso di sì. Venerdì scorso eravamo davvero in tanti da Salvatore Settis, che ci ha spiegato perché è meglio attuare la Costituzione piuttosto che cambiarla. C’erano persone che hanno votato M5S, sinistra, liste civiche, Pd, o che non votano più. E anche qualcuno che ha votato centrodestra. L’impegno per il No al referendum costituzionale ci insegna che è possibile non isolarsi, non rinchiudersi ciascuno nei propri ambiti. Che è possibile mettere da parte il vecchio male dell’egoismo di parte, uscire da sé, guardarsi intorno. E scegliere insieme. Perché non provare a farlo anche per dare un nuovo futuro alla nostra città?
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