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Zignago, lo scrigno verde dell’Alta Val di Vara

a cura di in data 19 Novembre 2021 – 22:14

Zignago, Valgiuncata, il Lago Puro
(2021) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia 24 ottobre 2021

DAL LAGO PURO AI MONTI FIORITO E DRAGNONE
Tutta l’Alta Val di Vara ha un patrimonio naturalistico straordinario, ma la zona di Zignago è veramente il suo scrigno verde, la più incontaminata e quasi fuori del tempo. Salite da Valgiuncata, lungo il sentiero troverete quasi subito il Lago Puro (visibile nella foto in alto), un catino roccioso che raccoglie acque sorgive dopo una serie di piccole cascate che formano suggestivi laghetti. Si sente l’odore di zolfo -c’è un’esalazione sulfurea tra le rocce e le acque- e si possono vedere, nel fondale, le trote. Il luogo è bellissimo. Secondo alcune fonti il toponimo Zignago deriverebbe molto probabilmente dal termine dialettale Zignègu, cioè abitante vicino all’acqua. Qui sono portato a crederci. Nelle acque si rispecchiano i ruderi dell’antico mulino Acerbi, collegato al percorso da un ponte medievale ad arcata unica. Si sale poi a Serra Maggiore, il sito dove sorgeva il vecchio paese di Valgiuncata, con i resti del Castellaro, per arrivare sull’Alta Via dei monti liguri, circa a metà del tratto Passo del Rastrello – Passo dei Casoni.
Si cammina su strade sterrate con dolci saliscendi, tra prati, pascoli, alpeggi, rimboschimenti di conifere. E’ un sito naturalistico di importanza europea. In questo tratto il percorso dell’Alta Via ricalca più o meno fedelmente l’antica “Via Regia”, che si sviluppava sullo spartiacque tra Vara e Magra, partendo da Santo Stefano Magra e Ceparana e arrivando fino al Monte Gottero e al Parmense. La “Via Regia” era molto importante in età medievale, perché costituiva un itinerario rapido, diretto e sicuro per i traffici tra Emilia, Toscana e Liguria. Era intersecata da altri importanti itinerari di valico, come quello della Foce di Cavagina, dove passava la mulattiera di collegamento tra Levanto e Parma.
La vista è superba: da un lato tutta la Val di Vara fino al mare, dall’altro il Monte Gottero, lo Zerasco e alle sue spalle l’Appennino Tosco-Emiliano, mentre in un punto si intravedono le Apuane. La sosta per rifocillarsi è obbligata: il Monte Fiorito, dove ogni 8 settembre le popolazioni della zona -anche dello Zerasco- si riuniscono per pranzare e fare festa, dopo il pellegrinaggio al Santuario della Madonna del Dragnone. Il Monte Dragnone è facilmente raggiungibile dal Fiorito (gli sta di fronte), e offre anch’esso un panorama magnifico, in parte diverso perché più vicino alle Apuane e al mare.
Dal Dragnone si raggiunge il Castellaro, dove sono stati effettuati scavi archeologici che hanno portato alla luce reperti risalenti all’età del Bronzo. Nel luogo sorgeva una torre di avvistamento, crocevia di comunicazione delle valli sottostanti.

UNA TERRA PARTIGIANA
L’escursione ripercorre un tratto della storia partigiana, che qui racconta aspre battaglie di Resistenza. Al Passo del Rastrello c’è il monumento alla Resistenza di Spezia, Massa e Parma. Sulla vetta del Dragnone una lapide ricorda: “su questo monte, nella grande azione di rastrellamento del 20 gennaio 1945, da reparti nazifascisti vennero catturati e poi vilmente fucilati Giovanni Pagani, Ezio Grandis, Giuseppe Da Pozzo, Vittorio Brosini, Luciano Fasolato”. Erano partigiani di Giustizia e Libertà. A Pagani è stata data, recentemente, la Medaglia d’oro alla memoria.
Dal Dragnone al Monte Fiorito e lungo il crinale che da un lato scende a Calice e dall’altro arriva alle Centocroci attraverso il Gottero si attestavano le nostre formazioni partigiane. I sentieri verticali erano importanti vie di rifornimento oltre che strategiche, fungendo da osservatorio sulle valli e sulla viabilità maggiore. In alcuni borghi di Zignago -Torpiana, Valgiuncata e Sasseta- si insediarono già nell’autunno 1943 i primi nuclei della futura Colonna Giustizia e Libertà. A Valgiuncata ho ritrovato le straordinarie donne contadine sostenitrici dei partigiani che intervistai per il libro “Sebben che siamo donne”. La toponomastica ricorda le Brigate di GL, il capo del Partito d’Azione in Liguria Giulio Bertonelli -la cui casa di famiglia fu luogo di rifugio e di ospitalità per il partigianato- e Virginia Ferretti, uccisa dai militi della X Mas durante il rastrellamento a Torpiana del 5 aprile 1944. Tante sono le targhe e le lapidi: segni della forte identità antifascista di Zignago
A Zignago operò anche il Battaglione garibaldino Vanni, legato al Partito Comunista. Poche settimane prima del rastrellamento del 20 gennaio 1945, su ordine del Comando della IV Zona Operativa, il Battaglione si trasferì a Pieve di Zignago, dove rimase fino alla discesa per la Liberazione. A Pieve morì il suo comandante, Astorre Tanca, che era rimasto vittima di un congelamento nel corso del rastrellamento. Nel luogo dove cadde c’è un monumento, mentre la toponomastica ricorda il Battaglione Vanni e le Brigate Garibaldi. A Serò la piazza 20 gennaio 1945 ricorda l’eccidio in cui perirono alcuni civili: in questo borgo, infatti, si opposero ai nazifascisti non solo i partigiani garibaldini ma anche i civili, tra cui le donne che portavano viveri e munizioni.

Zignago, chiesa di San Martino di Serò, pala d’altare
(2021) (foto Giorgio Pagano)

ARCHEOLOGIA E CULTURA
Il Sindaco Simone Sivori, appena rieletto con il 60% dei voti nonostante non avesse avversari -la sua lista era l’unica in campo-, mi ha accompagnato in una visita che, dopo alcuni anni, mi ha fatto riapprezzare tutta la bellezza dei borghi, delle chiese, del patrimonio archeologico di Zignago.
La Mostra Permanente storico archeologica “Tiziano Mannoni” contiene reperti, ricostruzioni e fotografie che permettono al visitatore di percorrere la storia di Zignago dall’età del Bronzo e del Ferro attraverso i reperti rinvenuti sul monte Castellaro, passando per la statua stele ritrovata nel 1827 -si tratta di una copia, l’originale è al Museo di Pegli- fino alla vita quotidiana del borgo medioevale del Monte Zignago distrutto nel XIV secolo.
I borghi sono tutti suggestivi, le chiese tutte di grande interesse, sia negli edifici, campanili compresi, che negli interni: a Valgiuncata come a Torpiana, a Serò come a Pieve. Mi soffermerò sulla chiesa di San Martino a Serò, restaurata nel 2008. Demoliti i vecchi muri, sono tornate alla luce opere preziose. Piero Donati diresse il restauro: “La chiesa era stata letteralmente massacrata all’epoca dell’applicazione dei dettami conciliari. Tra le opere restaurate ricordo la pala d’altare in stucco colorato del secolo XVII (San Martino Vescovo e l’Angelo custode, devozione quest’ultima ben radicata in Val di Vara) e una coppia di angeli cerofori in legno dorato e dipinto (fine secolo XVI-inizio secolo XVII) restaurati presso il Laboratorio (che oggi è a rischio chiusura) della Regione Liguria. Da questa chiesa proviene inoltre la statua lignea (secolo XVIII) dell’Immacolata che si trova nella nuova Cattedrale della Spezia”. Di quest’ultima statua nella chiesa di Serò c’è una copia. La pala d’altare potete ammirarla nella foto in basso.

ALLEVAMENTO E AGRICOLTURA: AIUTIAMO LE PICCOLE AZIENDE
A Zignago il turismo deve ancora prendere corpo. Ci sono due (ottimi) ristoranti e un agriturismo. Ma, ne sono certo, il turismo che ama la natura scoprirà presto anche Zignago. Non si vive, però, di solo turismo. Occorre molto altro per evitare la fuga dei giovani. I grandi appezzamenti agricoli sono scomparsi. Dove c’erano oliveti e vigneti ora c’è il bosco, mi ha indicato una signora che mi ha fatto visitare il frantoio, funzionante fino agli anni Settanta. La zootecnia è molto sviluppata, nonostante i danni causati dai lupi: le aziende sono una quarantina, ma solo una decina hanno del reddito. Sivori ha le idee chiare: “Vicino ai borghi è possibile dar vita solo ad aziende piccole, che allevano animali e fanno agricoltura. Ma un’azienda piccola oggi non regge, ha bisogno di aiuto. La Regione deve gestire le risorse europee del PSR ascoltando i Sindaci. Bisogna fare un patto chiaro con le piccole aziende: io ti aiuto solo se allevi e coltivi. Ne vale la pena: è l’unico modo perché i giovani non abbandonino la montagna, e perché non si aggravi il dissesto idrogeologico”. E poi servono i servizi: scuole, sanità, viabilità, banda larga. Cercavo il Postamat e l’ho trovato: “ho fatto tre viaggi a Roma, ma ce l’ho fatta”, mi ha detto il Sindaco.
A Zignago mi è venuto in mente Cesare Pavese, che parlava della campagna e della montagna sostenendo che “non è un luogo tra gli altri, ma è un aspetto delle cose, è un modo di vivere”. Se noi abbandoniamo il mondo rurale e dimentichiamo che cosa ha rappresentato, per la nostra provincia come per il nostro Paese, allora diventiamo, ha scritto Carlin Pietrini, “solo semplici turisti in patria, non fieri abitanti”. Spezia -così come l’Italia intera- o è anche rurale o non è.

Giorgio Pagano

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