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Da Patigno a Coloretta, la Milano di Zeri: declino e segni di rinascita

a cura di in data 4 Giugno 2024 – 21:03

Zeri, aia nel centro storico di Patigno
(2023) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia 26 novembre 2023
dedicato a Walter Lambertucci

DUE CENTRI STORICI DAVVERO INTERESSANTI
Patigno è sede del Comune di Zeri e riferimento amministrativo della comunità. L’avvicinarsi al paese è annunciato dalla facciata della chiesa di San Lorenzo, chiusa da anni. Il parroco don Marino Lucchesi racconta la sua storia: “La chiesa precedente, poco lontano, franò nel XVII secolo, quella successiva, costruita dove ora c’è il cimitero, crollò anch’essa… la chiesa attuale è del 1876, ma non ha avuto maggior fortuna, è chiusa da molti anni”. Don Marino mi porta a visitare la vicina chiesina dove si fanno le funzioni. Le crepe non mancano. Qui sono state trasferite le statue di San Lorenzo, di San Giuseppe e della Madonna di Caravaggio – il cui culto, come ho spiegato domenica scorsa – è diffuso nello Zerasco. “Il terreno è tutto così – continua il sacerdote – vada a Coloretta in macchina, vedrà tutti gli avvallamenti, segno che qui è tutto franoso. Un paese vicino, Agnudano, è addirittura scomparso nell’Ottocento, dopo l’ennesima frana”.
Dal piazzale della chiesa si vede il punto – lo indica la mia insostituibile “guida” Mauro Malachina – in cui cadde, il 29 dicembre 1944, un aereo americano. Un’ala toccò una quercia, morirono in sette, cinque americani e due inglesi. Gordon Lett, in “Rossano”, ha raccontato i funerali tenuti al piccolo cimitero di Chiesa: le vittime furono sepolte con gli onori militari alla presenza di tutte le formazioni partigiane.
Il centro storico di Patigno è molto interessante, ci sono parecchi vecchi edifici restaurati e curati e bei passaggi voltati. Tra le case sorge, fin dal Seicento, l’oratorio della Natività di Maria. Nella foto in alto vedete un’aia tra le case, regno di alcune galline nere e di un gallo. “Qui venivamo a ballare – mi dice Mauro – quando nello Zerasco c’erano tante belle ragazze!”. Belle lo sono ancora, ma sono molte di meno.
Era il tempo in cui a ballare andavano, d’estate, anche i villeggianti, soprattutto spezzini. Coloretta, che raggiungiamo in macchina stando attenti agli avvallamenti di cui ci aveva avvertito il parroco, veniva chiamata “la Milano di Zeri”: alberghi, ristoranti, negozi… Vediamo i dati del 1982: due alberghi con ristorante a Patigno, tre a Coloretta; un campeggio e tre ristoranti a Coloretta; cinque botteghe a Patigno, otto a Coloretta. Un altro mondo. Ma qualcosa resiste. Il centro storico di Coloretta, Questè, mantiene tutto il suo fascino, come scrive Paolo Bissoli in “Paesi di Lunigiana”:
“Una passeggiata lungo le vie acciottolate, le volte sotto le case, le piccole piazze tra le abitazioni ci fa immergere in una realtà ben diversa da quella lungo la direttrice moderna, regalandoci una dimensione antica. Ben tenuto, ristrutturato in una proficua sinergia tra pubblico e privato, proprio il ‘Questè’ può essere preso ad esempio per la rinascita di Coloretta”.
Vediamo la chiesa di San Rocco, e la torre campanaria inclinata e abbassata di un piano, senza le campane. E ammiriamo la “maestà” fotografata nella foto in basso.

LE “MISTA’”
Sulle “maestà” – ma qui dicono “mistà” – leggiamo quanto scrisse anni fa l’amica Caterina Rapetti:
“A Zeri le chiamano ‘mistà’ o ‘mistàdele’: sono dei piccoli bassorilievi di marmo – talvolta, meno comunemente, anche immagini a tutto tondo – raffiguranti la Vergine o un Santo che, murati su tabernacoli, si potevano incontrare lungo lo snodarsi delle principali mulattiere. Con l’abbandono avvenuto negli ultimi decenni di questi percorsi le ‘mistà’ hanno perduto il loro ruolo; alcune sono state rimosse e trasferite sui nuovi tracciati (oggi le notiamo appena, ad esempio, sulla provinciale che da Pontremoli sale a Zeri), altre sono state collocate sulle pareti delle abitazioni; altre ancora si trovano invece al loro posto”.
Altre, purtroppo, sono state rubate. Immagini rassicuranti, meta di processioni, erano il segno di una religiosità diffusa, a volte superstiziosa, legata a riti arcaici: anche da qui il loro valore storico-culturale. Non erano solo a Zeri: ma a Zeri erano in numero davvero elevato, oltre 100.

UN PARCO DELLA RIMEMBRANZA
A Patigno colpisce l’alto numero di monumenti e lapidi dedicati alla Resistenza. Ne ho contati otto, a Coloretta due. A Patigno gli amministratori volevano fare un “parco della rimembranza”. Non l’hanno fatto, ma è come se ci fosse. E giustamente: Zeri ha pagato un prezzo altissimo di caduti, partigiani e civili, e ha occupato nella Resistenza un posto estremamente importante, come è emerso dalle storie raccontate negli articoli precedenti. Le condizioni di secolare arretratezza consentivano ai partigiani di muoversi in modo agevole e sicuro. La spina nel fianco era l’unica strada esistente: quella da Pontremoli, che si fermava al Ponte dei Rumori, prima di Noce.
Come abbiamo visto, nello Zerasco nacquero il Battaglione Internazionale di Gordon Lett e la Brigata d’Assalto Lunigiana, nucleo della futura Colonna Giustizia e Libertà. Ma anche, ai primi di giugno del 1944, la brigata garibaldina Vanni. E vi operò il Picelli nato nel parmense, al comando di “Facio”. Senza la collaborazione della popolazione zerasca nessuna di queste formazioni sarebbe sopravvissuta. Il grande dramma fu il rastrellamento del 3-4 agosto 1944, che colse i partigiani gravemente impreparati. I civili pagarono tantissimo. Tanti edifici che vediamo oggi abbandonati furono distrutti allora, e mai più recuperati. Il Comando della IV Zona si spostò da Adelano alla Val di Vara (Sasseta, Porciorasco, Antessio). E tuttavia lo Zerasco rimase sempre strategico: vi operarono non solo il Battaglione Internazionale ma anche un forte distaccamento della Colonna Giustizia e Libertà e, vicino a Gordon Lett, la Compagnia Arditi al comando di Franco Coni.
La storia millenaria di Zeri continua ma conserva i segni indelebili di questo grande passato. Segni distintivi, di cui essere orgogliosi.

Zeri, “maestà” nel centro storico di Coloretta
(2023) (foto Giorgio Pagano)

UN SINDACO CHE NON SI ARRENDE
Il sindaco di Zeri è, dal 2017, Cristian Petacchi, classe 1971, commerciante a Coloretta e assicuratore.
Lo incontriamo a Patigno, e discutiamo a lungo. Ascoltiamo la sua visione:
“Zeri ha i problemi tipici delle zone di montagna. Il territorio è fragile, e i cambiamenti climatici stanno aggravando tutto. La regimazione delle acque è importantissima per la valle: se non si interviene a monte, tutto si ripresenta al piano. La viabilità è un tasto dolente. Abbiamo fatto una battaglia vincente contro i tagli previsti al trasporto pubblico, è stato garantito un servizio essenziale per pendolari, studenti, anziani. Innanzitutto è così che si contrasta il calo demografico: garantendo i servizi. Abbiamo la scuola a Coloretta – materna, elementare, media –, una palestra con un centro sportivo polivalente, le Poste, i servizi sanitari, grazie a un lavoro enorme che fa la Croce Verde [Mauro ne è stato socio fondatore] e alla presenza di un poliambulatorio, della guardia medica e di due medici di base”.
Petacchi è amareggiato per “il bando perduto per sei minuti di ritardo”, di cui ho scritto domenica scorsa:
“Avevamo vinto un bando che prevedeva molti interventi, 300 mila euro a fondo perduto. Qualcosa non ha funzionato. La segretaria comunale sta facendo un’indagine per capire come sia stato possibile, e se si può rimediare all’errore. Ma ci stiamo già impegnando a ricercare nuove risorse. Finora abbiamo ben operato: abbiamo ottenuto 500mila euro – finanziamenti regionali e statali – per interventi sulla viabilità e contro il dissesto idrogeologico, altri 400 mila sono in arrivo. Con Provincia e Regione lavoriamo bene, ma non siamo remissivi. E lavoriamo bene anche con gli altri Comuni della Lunigiana”.
Con il Sindaco facciamo la conta della moria delle attività e di ciò che resiste: a Patigno un albergo con ristorante, un altro ristorante-bar, un affittacamere, due negozi di alimentari, un forno; a Coloretta due alimentari, una farmacia, una lavanderia, un affittacamere, un bar.
Ciò che resiste può crescere ancora grazie alle potenzialità turistiche;
“La montagna è sinonimo di libertà e di bellezza. Abbiamo bisogno di una fiscalità meno onerosa per la resilienza commerciale, anche per far nascere altre attività ricettive. Il nostro tesoro è la rete sentieristica, grazie a tanti volontari. E poi siamo al centro di reti sentieristiche più ampie…”.
Ma servono ancora l’allevamento, l’agricoltura, la castanicoltura – i mulini funzionanti sono quattro – e poi la banda larga per lo smart working, che sarà pronta entro il 2026.
I risultati e i buoni propositi non mancano certo, anche se c’è consapevolezza delle difficoltà:
“Alla Formentara la proprietà è molto, troppo frazionata. E’ difficile venirne in possesso, che è la condizione per trovare una soluzione… Ma non mi arrendo, nulla va lasciato di intentato”.

RIGENERARE SIA I PAESI CHE I SENTIERI
L’idea di puntare sulla sentieristica è molto valida. Molti paesi devono la loro fondazione e il loro sviluppo all’esistenza di una rete di sentieri e cammini storici. “E’ camminando che l’uomo ha cominciato a costruire il paesaggio naturale che lo circondava”, ha scritto l’architetto Francesco Careri. Prima ci sono stati i cammini, poi i paesi. Quindi bisogna rigenerare sia i sentieri che Zeri. Sentieri non solo comunali ma interprovinciali, interregionali, nazionali, internazionali. Il turismo a Zeri deve essere turismo buono: cioè turismo lento, del viaggiare lentamente.

CIAO WALTER
Scrivo l’articolo domenicale sempre al sabato. Anche questa volta, come ogni settimana dall’agosto 2011, ho “fatto il mio dovere” verso i lettori. Ma mai con così tanta fatica. Non certo per l’argomento: Zeri “mi ha preso” e non smetterei mai di scriverne. Tant’è che domenica ci sarà una quinta e ultima puntata, inizialmente non prevista ma richiesta da tanti lettori. La fatica è dovuta al dolore per la morte di Walter Lambertucci, a cui dedico questo articolo. Walter è precipitato venerdì in un dirupo sulle Apuane, il suo corpo senza vita è stato trovato sabato pomeriggio. Walter è stato l’autista del sindaco della Spezia fino ad oggi, dal 1997. Dal 1997 al 2007 l’ha fatto con me. Il mio modo di fare il Sindaco era particolare: il meno possibile in Comune, il più possibile nelle fabbriche, nelle scuole, nelle associazioni, nei quartieri, nella strada. Walter era sempre con me. Al mattino, perché al pomeriggio e alla sera mi muovevo da solo. E poi si andava a Roma per tentare di salvare le fabbriche, a Genova a litigare con la capitale matrigna, in giro per l’Italia per il confronto con gli altri sindaci… Walter era la mia ombra. E’ chiaro che, così a stretto contatto, i confini tra pubblico e privato saltano presto. E nasce un’amicizia. Pochi pranzi, tanti panini. Ma se c’era una chiesa o una villa storica da vedere, ci si andava anche se di corsa. Era un bravissimo autista, ma soprattutto una bravissima persona. Umana e sensibile. La cosa più importante della sua vita è stata la figlia Virginia, che ho visto crescere, da bambina a donna. Deve essere orgogliosa del padre: non può immaginare quanto mi abbia parlato di lei. Nel tempo libero andavamo in giro per concerti, anche dopo la fine del mio mandato. E a vedere la Juve, finché c’era Del Piero. Non abbiamo mai perso un concerto di Roger Waters e di David Gilmour dei Pink Floyd, e di Bruce Springsteen. Guidava lui, ovviamente con la sua macchina. Spesso c’era mio figlio. Al concerto del Boss a Firenze nel 2012 abbiamo preso un acquazzone torrenziale, ma siamo rimasti fino alla fine. Ci siamo asciugati in macchina al ritorno, spogliati e con il riscaldamento a tavoletta.
Sono rimasto uno degli ultimi del mondo a parlare e a scrivere di una sinistra che non c’è più e di terre alte in abbandono. Ma tutto quel che di bello resta del passato, dei ricordi, della vita mi è necessario per orientarmi in questo mondo che non ha un’idea di futuro. Il ricordo degli anni di fatica e di gioia trascorsi con Walter mi accompagnerà sempre.
Caro Walter, mi vengono in mente i versi del “nostro” Boss, che ti leggevo in macchina prima di arrivare ai concerti. Come quello di “Atlantic City”: “Tutto muore piccola, è la regola. Ma forse tutto ciò che muore un giorno ritornerà”. O come quello di “Bobby Jean”: “Sappi che ti sto chiamando per l’ultima volta, ma soltanto per dirti che mi manchi, amico: buona fortuna e arrivederci”. Ciao Walter, un grande abbraccio. Che la terra ti sia lieve.

Post scriptum:
Ho scattato le fotografie di oggi nel 2023. Quella in alto a Patigno, quella in basso a Coloretta.
Chi vuole approfondire le figure e le vicende della Resistenza citate nell’articolo può consultare il “Dizionario online della Resistenza spezzina e lunigianese” sul sito www.associazioneculturalemediterraneo.com

Giorgio Pagano

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