Creare l’accoglienza non costruire muri
Il Secolo XIX, 8 agosto 2015 – Anche a Spezia c’è chi non vuole gli immigrati vicino a casa. Nelle proteste c’è la reazione di chi sente la propria vita quotidiana minacciata da un terremoto sociale improvviso, da decisioni su cui non è stato consultato. Il fenomeno non è governato, manca una regia da parte del Governo. Siamo al giorno per giorno, alla ricerca del primo edificio degradato libero. Si invitano Regioni, Comuni, Prefetture a trovare alloggi con il criterio della distribuzione numerica, senza un’analisi adeguata dei contesti e misure di sostegno non solo ai migranti ma anche alle popolazioni che devono accoglierli.
Ma nelle proteste c’è anche il razzismo, alimentato da forze politiche di destra che soffiano sul fuoco della paura. Una grande responsabilità ce l’ha anche la defunta sinistra, che ha rinunciato da anni a ogni azione di educazione di massa: non a caso non è mai nei luoghi della protesta a spiegare le sue ragioni. E’ la sconfitta del moralismo di una “sinistra benpensante” da lungo tempo lontana dal dolore sociale, che dovrebbe ridurre i propri privilegi prima di distillare giudizi sul mondo.
La vera questione è dare una risposta credibile alla domanda: “Ma perché aiutiamo gli immigrati quando siamo sempre più poveri e in crisi”? Bisogna, intanto, raccontare la verità: sono in corso, in Africa e in Medio Oriente, drammi che sono conseguenza del mondo che abbiamo costruito; le guerre non finiranno presto; i flussi di persone che fuggono dai luoghi in cui si muore di guerra o di fame non si fermeranno; non serve ricorrere alla forza e costruire muri, perché tutti i muri prima o poi crollano. Bisogna creare centri umanamente decenti lungo la frontiera sud del Mediterraneo, da cui smistare i migranti nei diversi Paesi europei, in proporzione alle loro risorse. Bisogna, quindi, accogliere. Criticare i Paesi europei, a cui non importa nulla del Mediterraneo, e Renzi, perché mette delle pezze e non ha una strategia per l’integrazione; ma intanto accogliere. Come fa con generosità la popolazione di Lampedusa, come fa il nostro Sud. Ogni Regione deve farlo, in proporzione alle sue risorse. Liguria compresa: oggi accogliamo il 2% dei migranti.
La risposta credibile consiste poi nell’impegno affinché i cittadini italiani non temano che a loro siano riservate meno risorse e opportunità di quelle destinate ai migranti: servono standard minimi di reddito, di abitazione, di lavoro, di istruzione, di assistenza sociale per tutti.
Serve, infine, una consapevolezza: abbiamo lasciato che la miseria devastasse un continente e oggi ne paghiamo le conseguenze. Sono in Africa, a Sao Tomè: un terzo della popolazione dello Stato è immigrata per sfuggire alla povertà. Per “aiutarli a casa loro”, come si dice, c’è un solo modo: attivare un grande piano di cooperazione allo sviluppo -oggi siamo a un misero 0,3% del bilancio Ue, all’interno del quale spicca la maglia nera italiana con uno 0,2%- ed espellere ogni interesse colonialista.
Giorgio Pagano
Presidente delle Associazioni Mediterraneo e Funzionari senza Frontiere
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