Per superare la crisi idee e sfide nuove
Il Secolo XIX, 22 giugno 2014 – L’indagine della Camera di Commercio sull’economia provinciale del 2013 disegna una realtà in grande difficoltà: 307 imprese in meno, 10.000 disoccupati, 14.000 famiglie in condizioni di povertà, la diminuzione del reddito procapite e il calo di tutti i settori, con esclusione del porto e del turismo. Condivido solo in parte, però, l’analisi del Presidente camerale Gianfranco Bianchi. Secondo lui “la città è rimasta ferma” dopo la crisi industriale dei primi anni Novanta, e oggi ne pagheremmo le conseguenze. In realtà la città, a cavallo del millennio, individuò in un grande “piano condiviso” gli assi di un nuovo modello di sviluppo: ancora l’industria, ma con una riconversione, in primo luogo nella nautica da diporto; il porto, ma compatibile con l’ambiente e con le altre vocazioni produttive; e, per la prima volta dalla realizzazione dell’Arsenale, anche il terziario e il turismo. Molti progetti di quella fase sono diventati realtà: i cantieri della nautica, il Distretto delle tecnologie marine, l’Università, il Porto Mirabello, i musei… Tant’è che, dal 1997 al 2007, gli occupati aumentarono di 9.000 unità, il tasso di disoccupazione scese dal 13% al 5%, le imprese crebbero di numero e il reddito salì. Fu la “Grande crisi” del 2008 a farci tornare indietro: in un anno perdemmo 7.000 posti di lavoro! E da allora la china non è mai stata risalita.
Certo, dobbiamo essere consapevoli, fuori da ogni provincialismo, che per la guarigione servono nuove politiche europee e nazionali: quelle che Renzi dovrebbe ottenere dalla Merkel e quelle che dovrebbe realizzare in Italia. Ma molto tocca a noi. Concordo con Bianchi sul fatto che vadano finalmente attuati i vecchi progetti rimasti sulla carta: il recupero a usi civili di aree militari inutilizzate, l’attuazione del Piano Regolatore del Porto, il waterfront. Anche se bisognerebbe capire perché si sono fermati, e correggere conseguentemente la rotta: nel caso del PRP, per esempio, è evidente che all’origine del conflitto giudiziario in atto c’è una scarsa sensibilità al dialogo sociale da parte delle istituzioni. Quando si arriva a questi punti, è troppo facile dare ogni colpa a chi si oppone: chi governa dovrebbe quantomeno interrogarsi sul perché è saltata la mediazione sulla cui base si siglarono, a inizio millennio, le intese tra le parti.
Ma quello che colpisce nelle parole di Bianchi, e di tanta parte della nostra classe dirigente, è l’assenza di nuovi progetti e di nuove sfide. E’ oggi che Spezia rischia di “stare ferma”! Per superare la “Grande crisi” serve “un’altra agenda”, che punti sull’innovazione, sia nelle tecnologie che nella socialità e nella cultura: mobilità sostenibile, rigenerazione urbana, salvaguardia del territorio, riconversione ecologica degli edifici, recupero e valorizzazione dei rifiuti, bonifiche dei siti inquinati, agricoltura di qualità e industria alimentare a km zero, comunicazione digitale, turismo sostenibile, cura delle persone e economia sociale e solidale, formazione e ricerca… Il lavoro del futuro sarà soprattutto questo. L’hanno capito gli industriali edili, nel loro convegno sul rischio idrogeologico. E negli indirizzi della Giunta per aggiornare il Puc qualche spunto nuovo c’è. Molti fondi comunitari sono alla portata di chi avrà pronta questa “altra agenda”: è l’occasione per tornare a essere creativi.
Giorgio Pagano
Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo
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