“Rapporto sulla scuola in Italia 2011” – Fondazione Giovanni Agnelli
Il Rapporto sulla scuola in Italia 2011 della Fondazione Giovanni Agnelli è quest’anno interamente dedicato alla scuola secondaria di primo grado, la «scuola media», per restare fedeli al lessico familiare agli italiani. […]
La qualità dell’istruzione è uno dei tanti intricati nodi che l’Italia è chiamata a sciogliere in questa fase di passaggio della sua storia economica e politica, per garantire a se stessa e ai suoi cittadini un ruolo non marginale nel mondo. Nella sua forma attuale, è un problema «emergente», da mettere a fuoco senza nostalgie per il passato. Da un recente e importante convegno della Banca d’Italia è emerso, infatti, che nei 150 anni della sua storia unitaria il nostro paese ha raggiunto risultati economici ben superiori a quanto ci si sarebbe potuto attendere sulla base dei livelli di scolarità accertati: evidentemente, esso ha potuto attingere a un patrimonio di saperi informali, di tradizioni culturali, di gusto estetico, di genius loci, insomma, che sfugge alle misure oggettive degli economisti. Da due decenni almeno, però, questa risorsa sembra esaurita e il paese è entrato in una fase di stallo. Perché ciò sia avvenuto, e come evitare che lo stallo si trasformi in declino irreversibile, è materia troppo complessa per poterla affrontare in poche righe. È comunque plausibile che la globalizzazione, così come ha reso molte imprese di piccole dimensioni poco adatte a competere sui mercati internazionali, abbia anche causato l’impoverimento e l’invecchiamento dei saperi «taciti» che hanno sostenuto per decenni lo sviluppo italiano. Oggi serve un capitale umano con un ricco bagaglio di conoscenze e competenze apprese, aggiornate e facilmente condivisibili (magari in inglese!), con la capacità di impiegarle e rinnovarle con successo nel lavoro e nella vita. Senza di esse, diventa difficile reggere la concorrenza dei paesi che hanno condizioni di produttività o di costo più vantaggiose delle nostre. Senza di esse, un individuo non gode di piena cittadinanza democratica e culturale nel mondo globale.
La velocità con cui le conoscenze invecchiano nell’era contemporanea fa sì che il grande sforzo di investimento in istruzione dell’Italia nel prossimo futuro vada rivolto in primo luogo a un’efficace formazione «generalista», che dovrà fornire a tutte le ragazze e i ragazzi un patrimonio comune di nozioni linguistiche, storiche, matematiche e scientifiche, insieme alle capacità metodologiche e relazionali per aggiornare il proprio «sapere» e il proprio «saper fare» una volta usciti dal sistema formale d’istruzione. Non ci convince, invece, la tesi secondo cui oggi all’Italia manca una filiera di formazione professionalizzante – analoga a quella tedesca – che indirizzi i ragazzi, fin da un’età relativamente precoce, verso mestieri pratici. Ciò non significa sottovalutare la dimensione tecnico-pratica del processo formativo, né asserire che alla fine tutti debbano laurearsi (anche se l’Italia continua ad avere bisogno di un maggior numero di buoni laureati). Significa, però, sostenere con forza le ragioni di un lungo, solido e moderno percorso scolastico comune, che da un lato permetta a tutti di comprendere davvero quali sono le proprie inclinazioni, compiendo in modo consapevole le scelte decisive per il lavoro, la carriera e la vita, dall’altro garantisca un «rendimento» di lungo periodo dell’investimento in istruzione, fornendo competenze non deperibili troppo rapidamente e comunque rinnovabili. Questo manca oggi alla scuola italiana.[…]
La media unica è nata nel 1962 per portare la popolazione italiana a un livello di istruzione definito dal completamento dell’obbligo scolastico. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti ed è maturata la consapevolezza di quanto cruciale sia la qualità del capitale umano: tuttavia, l’obiettivo di garantire un livello di apprendimento adeguato a tutti i ragazzi di quattordici anni, indipendentemente dal loro retroterra socio-economico e culturale, non è stato raggiunto. Anzi, è proprio nella scuola media che molti divari si amplificano e si innescano circoli viziosi che generano gli inaccettabili tassi di abbandono delle superiori.
Per queste ragioni, convinti come siamo della possibilità di dare vita, invece, a circoli virtuosi di equità ed efficacia, nel Rapporto affermiamo che alla scuola media occorre dare il massimo delle attenzioni e delle risorse. A maggiore ragione, sapendo che essa ha di fronte un urgente problema di rinnovamento degli insegnanti, decine di migliaia dei quali sono alla vigilia della pensione. Se non si modificano i meccanismi di reclutamento e non si cura il profilo professionale di coloro che li sostituiranno, sarà difficile migliorare la qualità di questo segmento scolastico. Anche nel Rapporto 2011, dunque, equità e insegnanti restano al centro dell’attenzione, attraverso un’articolata proposta di risultati di ricerca e uno sforzo interpretativo che ci porteranno, in conclusione, a formulare idee e suggerimenti su come dare alla scuola media una «missione» rinnovata. virgolette chiuse
Dall’Introduzione di Andrea Gavosto, Direttore della Fondazione Giovanni Agnelli
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