Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
14 Novembre 2024 – 21:22

Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
Massa, Palazzo Ducale – Sala della Resistenza
Il libro di Dino Grassi “Io …

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Il ricordo di Allende non viva un giorno solo

a cura di in data 14 Settembre 2013 – 09:15

Città della Spezia – 13 Settembre 2013 – “Allende vive”. Una certezza che l’11 settembre ha percorso le strade del Cile, dell’America Latina e di tutto il mondo, a quarant’anni dal colpo di stato che spazzò via il Governo di Unitad Popular e la democrazia. Anche Spezia, come avevo auspicato domenica su Cds, ha voluto ricordare. Davanti al Centro che porta il nome del Presidente martire e alla targa posata dal Comune subito dopo il golpe, ci sono stati, oltre all’omaggio del Sindaco, l’iniziativa di Rifondazione -il partito che la fa ogni anno- e quella di Pd, Sel, Psi, Pdci. Io ho partecipato ad entrambe: distinte, ma non contrapposte. Ora l’auspicio è che ci siano altri incontri ed eventi, e che abbiano un carattere unitario. Iniziative di riflessione storica, che coinvolgano innanzitutto le scuole. Tante altre città lo stanno facendo in questi giorni, con convegni, mostre, concerti, film… Ma non abbiamo bisogno solo di un esercizio storico. Quel momento cruciale nella storia latino americana serve anche per fare il punto sul senso della democrazia e della politica nell’era della globalizzazione. Ci spinge a riflettere su come superare le distanze tra masse popolari e politica, su come evitare che il mercato soggetto unico del sistema determini il destino della società, su come ricominciare a pensare l’”altrove”: una trasformazione democratica della società in cui non ci sia il predominio incontrastato dei ricchi e dei potenti. Allende fu davvero lungimirante, basti pensare al suo discorso sull’avvio della globalizzazione neoliberista pronunciato all’Assemblea generale dell’Onu il 4 dicembre 1972. In quel discorso criticava “il potere e la condotta nefasta delle multinazionali, i cui bilanci superano quelli di molti Paesi… Gli Stati subiscono interferenze nelle loro decisioni fondamentali -politiche, economiche e militari- da parte di organizzazioni globali che non dipendono da nessuno Stato e che non rispondono né sono controllate da alcun Parlamento o istituzione rappresentativa dell’interesse collettivo”. La lezione di Allende, nei tempi nuovi, è stata in parte ripresa in America Latina, in cui gli ultimi vent’anni hanno coinciso con il lungo e accidentato cammino del ritorno alla democrazia e con gli sforzi fatti -si pensi al Brasile di Lula- per uscire da un quadro di arretratezza e di difficoltà economiche ma anche da un secolare debito sociale, pur permanendo ancora molti problemi, primo tra tutti quello delle profonde diseguaglianze. Ora che l’America Latina ha persino un Papa possiamo parlare dell’inizio della sua rivincita, e dobbiamo ricominciare ad interessarcene. Un segnale c’è stato nei giorni scorsi a Carrara, con l’ottava edizione di Con-Vivere, dedicata proprio all’America Latina. E’ bene che Spezia faccia la sua parte.

Una risposta, infine, al lettore Guglielmino Friddi, che su Cds mi fa una garbata critica per non aver ricordato i presunti successi economici di Pinochet, in particolare in campo pensionistico: “oggi -egli scrive- in Cile si va in pensione almeno dieci anni prima rispetto all’Italia, e le pensioni non sono da fame”. In Cile, come ho ricordato, il dittatore Pinochet diede carta bianca ai Chicago boys della scuola neoliberista di Milton Friedman: venne varato un programma ambizioso di drastiche privatizzazioni di aziende e beni dello Stato, persino dell’istruzione e della salute, non solo della previdenza; e di “flessibilizzazione” del mercato del lavoro. Gli effetti sociali, culturali ed economici si manifestarono chiaramente nel corso dei primi anni ’80: una parte maggioritaria della società cilena subì un vistoso processo di impoverimento che colpì i lavoratori (con l’aumento della disoccupazione e l’abbassamento dei salari), una parte rilevante del ceto medio, soprattutto intellettuale, e le minoranze etniche (i Mapuche) brutalmente espropriate della terra e ghettizzate. Le privatizzazioni del welfare contribuirono al netto distacco tra coloro che si potevano permettere l’accesso ai servizi e coloro che non potevano farlo. Se qualcuno andò a star meglio, per altri -la maggioranza- fu il contrario: conosco cileni che sono andati in pensione con una cifra equivalente a 60 euro al mese, perché non ce la facevano a pagarsi la previdenza privata. Un milione di persone emigrò, il Cile diventò l’ottavo Paese al mondo per diseguaglianze sociali. Tanto che, dopo il disastro dei suoi primi anni, Pinochet fu costretto a nazionalizzare alcune aziende vitali: fu cioè costretto ad adottare -almeno in parte- la “famigerata” ricetta di Allende. Allende non fu solo un martire: il Governo di Unitad Popular si riappropriò del rame, estese la riforma agraria, difese l’istruzione pubblica e gratuita, creò l’area sociale dell’economia, promosse la partecipazione popolare. Certo, come ho scritto, il Governo di Unitad Popular commise anche errori: ma gli errori non possono giustificare un colpo di stato, un crimine contro il popolo e contro la democrazia. Non ci sono glorie per i golpisti: né dal punto di vista della democrazia e dei diritti umani, né dal punto di vista economico.

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