“Avanti giovani, alla riscossa. Come uscire dalla crisi giovanile in Italia” di Massimo Livi Bacci
Giovani, un vecchio problema
I giovani in Italia sono pochi e scarsamente valorizzati ed allo stesso tempo il basso livello di mobilità sociale è un tratto distintivo della nostra società. Massimo Livi Bacci, nel suo saggio “Avanti giovani, alla riscossa”, delinea storicamente la condizione giovanile nel nostro paese, ne affronta le criticità presenti e propone alcune soluzioni possibili.
Francesco Lauria
“Avanti giovani, alla riscossa”, l’ultima fatica di Livi Bacci, affronta il “terribile spreco dei giovani da parte della società italiana” e delinea storicamente il mutamento della condizione della gioventù nel nostro paese, da quando, all’inizio del Novecento, un ragazzo su due tra i dieci ed i quindici anni era al lavoro, fino ad oggi.
Ma chi erano e chi sono i giovani? Che tipo di confronto costruire tra le prerogative dei giovani di ieri e quelli di oggi? E, se la spinta allo sviluppo delle prerogative e delle dotazioni dei giovani sta venendo meno, quali sono le possibile vie per un’inversione di tendenza? Nell’analisi della condizione giovanile non si può prescindere dal declino del numero assoluto e relativo dei giovani in Italia: i giovani sono diventati pochi, compiono oggi vent’anni meno di 600.000 giovani, a fronte dei 900.000 del 1990. All’inizio del ‘900 un italiano su quattro aveva tra i 15 ed i 30 anni, oggi la proporzione è di uno su sei, nel 2020 sarà di uno su sette.
I giovani italiani percorrono le tappe che li portano all’età adulta più lentamente dei loro coetanei europei, hanno una minor propensione alla mobilità geografica, contano poco negli spazi della politica come dell’economia, della cultura come, in generale, nella società. Secondo alcune ricerche, inoltre, si riscontra una crescente riduzione del ruolo dei giovani (sotto i 35 anni) nella creazione di nuove imprese. I giovani appaiono peraltro poco propensi ad abbandonare “l’accogliente casa dei genitori” rimandando quanto più possibile ogni scelta che si presenti come definitiva e che non consenta la piena autorealizzazione. Un po’ vittime ed un po’ complici dunque. Ma rispetto alla loro marginalizzazione va tenuto presente che tali tendenze sono aggravate da indubbie difficoltà legate ad una riduzione significativa dei salari d’ingresso nel mondo del lavoro e dal sottoinquadramento crescente dei giovani neolaureati. I giovani sono certamente schiacciati da una società bloccata, si pensi alle barriere di ingresso presenti in molte professioni, ma al tempo stesso sembrano non avere la forza di “ribellarsi” allo status quo. Per molti, ad esempio, per far carriera nel mondo del lavoro “conoscere una persona influente” è più importante di “acquistare un bagaglio significativo di competenze”.
Livi Bacci suggerisce alcune misure volte a “ridare spazio” ai giovani. Una di esse in particolare è una sorta di “Fondo per i neonati” di cui sarebbe titolare ogni bambino che nasce sul territorio nazionale. A tale Fondo contribuirebbero risorse pubbliche e private, con una gestione vincolata da parte dei genitori fino alla maggiore età. Il prestito di base verrebbe inoltre integrato, al raggiungimento della maggiore età, da un prestito di autonomia finalizzato ad obiettivi specifici (da restituire in un conveniente arco di anni durante l’età lavorativa). Nell’ipotesi che il contributo pubblico sia pari a 1000 euro annui il costo a carico dello Stato sarà di circa lo 0,4% del PIL ed ogni giovane diverrebbe successivamente titolare di una risorsa positiva (da 21.500 a 43.000 euro – graduata a seconda delle disponibilità familiari) attraverso la quale spendere le proprie competenze e sviluppare in autonomia le proprie potenzialità. Un’idea innovativa che, tenendo presenti le condizioni di partenza, sottolinea come per promuovere “una riscossa dei giovani” sia necessario investire risorse ingenti. Risorse che potrebbero sortire un buon rendimento se il risultato fosse quello di portare l’occupazione giovanile ai livello europei.
Ma, come avverte Livi Bacci nell’epilogo, tutto questo non basterà se “assieme alle condizioni materiali e ai modi di funzionamento della società, non cambieranno anche le ambizioni, le aspettative, gli ideali”. Pur senza assolutizzare alcuni segnali di risveglio non possono però non essere scorti. I giovani italiani probabilmente “sono addormentati”, ma, pur tra mille contraddizioni e precarietà, si stanno svegliando anche contro o, meglio, “fuori” da una politica che spesso li utilizza come strumenti, oggetti di polemica, e non li riconosce nella loro dignità di soggetti, individuali e collettivi. Se questo risveglio, appena abbozzato, sarà duraturo è troppo presto per dirlo. Ma potrebbe costringere l’apprezzato demografo fiorentino ad aggiungere un nuovo capitolo al suo prezioso, stimolante e documentato libro.
Fonte: http://www.eguaglianzaeliberta.it/articolo.asp?id=1020
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