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“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Il PD deve essere il partito della legalità e della riduzione degli sprechi con nuovi alleati

a cura di in data 19 Agosto 2008 – 09:41

Il  Secolo  XIX – 19 agosto 2008 – Il Pd è un partito che non riesce ancora ad avere una politica e un’identità chiare. Vive, ha scritto il suo coordinatore Goffredo Bettini, “una fase di sospensione”. Lo dimostrano tanti, troppi episodi: l’ultimo è l’astensione in Parlamento sulla tragedia di Eluana Englaro e del padre.
Credo che tanti elettori di centrosinistra si ritrovino in ciò che ha scritto Fabio Fazio qualche giorno fa sulla Stampa: “Ogni novità porta con sé una dose di rimpianto per il passato, ma davvero non è il mio caso. Penso semmai che il rimpianto sia legittimo per l’occasione che al momento sembra perduta e per quello che il Pd ancora non è, piuttosto che per quello che non è più”.
Leggendo che Bassolino non firmerà la petizione del Pd contro il governo, o che Chiamparino non parteciperà alla festa torinese del Pd in polemica con gli attacchi che gli vengono dal suo partito, viene naturale chiedersi come il popolo del Pd possa non disperdersi di fronte a una “sospensione” che si aggrava e che rischia, scrive Chiamparino, di “far implodere il partito”.
Eppure le condizioni per ripartire e rialzare la testa ci sono. La politica economica del governo aprirà rotture profonde con i ceti popolari e il ceto medio in declino, la cui frustrazione non resterà ancora a lungo sottotraccia. La società civile reagirà e “cercherà” l’opposizione del Pd. Sarà l’occasione, per il nuovo partito, di forgiarsi e di dimostrare l’utilità, per i ceti più deboli e per il Paese, della sua opposizione.
Il punto è: quale opposizione? Il Pd ha fatto bene a non cavalcare, come Di Pietro, la protesta populista e giustizialista e a non farsi risucchiare da quell’antiberlusconismo che ha fatto da collante alla sinistra negli ultimi 15 anni e contemporaneamente l’ha paralizzata, perché ha mascherato le sue divisioni e la mancanza di un progetto condiviso per cambiare il Paese e renderlo più giusto.
Il problema per il Pd è riuscire a rispondere insieme alla domanda di difesa dello stato di diritto e alla domanda “neomaterialista” di sicurezza economica e di protezione sociale. La prima domanda non va abbandonata a se stessa, e l’indignazione non va lasciata alla sinistra populista e giustizialista: altrimenti il Pd perde. La maggioranza degli italiani (rapporto Luiss 2007) ritiene che il problema principale delle proprie classi dirigenti  sia rappresentato dal “basso senso morale, di legalità, di etica”. Conta la visione strategica e la competenza, ma non basta per cambiare e innovare: ci vuole anche integrità morale. Ma, per vincere, questa battaglia non basta: serve un programma alternativo a quello del governo sul terreno economico e sociale. Secondo l’inchiesta Eurobarometro (giugno 2008) il 36% degli italiani si sente a rischio di povertà, contro un dato europeo del 25%. Il Pd deve essere il partito della legalità e il partito che rappresenta i ceti più deboli e ha un progetto che parla alla maggioranza degli italiani perché sa coniugare riduzione degli sprechi della spesa pubblica, sviluppo, giustizia sociale.
L’opposizione, inoltre, ha bisogno di un partito radicato nei territori e nel mondo del lavoro, con tanti iscritti. Iscritti che partecipano e pesano nelle decisioni di un partito che è comunità e non assemblaggio di potentati. Un partito davvero nuovo, che faccia un po’ di rinnovamento in casa propria dopo i troppi casi di esponenti coinvolti in brutte storie di affarismo, clientelismo, malasanità (l’inquinamento del rapporto pubblico-privato in campo sanitario dovrebbe diventare un grande tema di discussione autocritica bipartisan).
L’opposizione, infine, ha bisogno di alleanze politiche. “Da soli non rivinceremo mai”, ha ammesso Bettini. Ma le alleanze politiche comportano un rinnovamento in tutto il campo del centrosinistra, che ancora non c’è. Oggi è astratto parlare di un’intesa con questa o quella forza di opposizione: saprebbe troppo del “caravanserraglio” del passato. Bisogna spingere tutti a una riflessione comune su una visione della società che sia autonoma rispetto all’ideologia dominante, su un progetto per l’Italia. Gli esiti di questa riflessione decideranno la composizione del nuovo centrosinistra e i futuri schieramenti elettorali.

Giorgio Pagano
L’autore, già sindaco della Spezia, si occupa di cooperazione internazionale allo sviluppo nell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e di politiche urbane nella Recs (Rete città strategiche).

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