Venti città nel progetto di democrazia in rete, un modo per riscoprire la partecipazione
Il Secolo XIX – 2 marzo 2008 – Alcune settimane fa qualche forza politica ventilò il boicottaggio nei confronti della Fiera del Libro per la presenza di Israele come ospite. Sono stato coinvolto, via internet, in un appello di contrasto al boicottaggio. E ho partecipato a un dibattito in rete, quasi sempre ben argomentato, anche se con opinioni diverse. Ho sperimentato, insomma, che anche sul web si fa politica. Basti pensare al movimento di Grillo, o alla grande manifestazione contro la violenza sulle donne del novembre scorso, ideata e convocata sul web.
L’ultimo libro di Al Gore, ”L’assalto alla ragione”, scaglia un durissimo attacco alla tv: gli individui ricevono, ma non possono inviare; ascoltano, ma non possono parlare. La “cittadinanza ben informata” rischia di diventare un “pubblico ben disciplinato”. Gore spera, invece, nel web: ne vede i limiti ma anche i punti di forza -interattività e interconnessione- che ne fanno un motivo di fiducia per il futuro della democrazia. Il web, dice Gore, è il mezzo di comunicazione più interattivo della storia, che più di ogni altro consente di connettere tra loro gli individui in un ambiente di comunicazione libero, aperto, in cui torni il dialogo democratico.
La politica “tradizionale” sbaglia, dunque, a diffidare ancora della rete, a non riflettere sui suoi saperi e sulle sue modalità, su come usarla -come ogni strumento messo a disposizione dell’umanità- per scopi nobili e non malvagi. Un esempio in controtendenza viene, ancora una volta, dai Comuni. Nei giorni scorsi ero a Pesaro, a discutere dei risultati del progetto “E-democracy con il piano strategico”, che ha coinvolto 20 città, tra cui La Spezia, nella realizzazione di soluzioni basate sulla rete per il coinvolgimento dei cittadini nella vita e nelle decisioni dei Comuni. Siamo solo all’inizio di un percorso nuovo, che deve vedere protagonisti i Comuni e, nel supportarli, Governo e Parlamento. Sulla base delle esperienze fin qui realizzate, dei loro successi e limiti, penso che il grande obbiettivo debba ora essere quello della e-participation, cioè dell’utilizzo delle nuove tecnologie di informazione e comunicazione in modo davvero interattivo, per sviluppare la partecipazione dei cittadini. Quindi non solo newsletter e sondaggi, come si è fatto in generale finora, ma forum, blog, forme di consultazione tematiche e di confronto vero tra cittadini e amministratori, processi di codefinizione e coprogettazione di specifici interventi. Non solo reti civiche così come le abbiamo conosciute -con il carattere dominante di rete di servizi- ma reti di cittadini, comunitarie, che ricerchino la partecipazione di chi non è partecipe e garantiscano a tutti accesso e accessibilità (e-inclusion). Reti che suscitino la partecipazione non solo in materia di servizi ma anche sulle problematiche strategiche delle città.
So che oggi non è molto di moda parlare di partecipazione. Ma la crisi dei partiti e della democrazia rappresentativa non si supera con il decisionismo, bensì con l’apertura dell’arena decisionale e con la cooperazione tra istituzioni e cittadini. Piaccia o no, per governare bene serve molta pazienza, più che certe scorciatoie che non portano da nessuna parte.
Un punto cruciale, comunque, è questo: la rete, da sola, non serve. Lo sviluppo delle prassi di coinvolgimento dei cittadini attraverso la rete deve essere accompagnato da uno sviluppo coerente delle prassi di partecipazione “tradizionali”. Prassi on line e prassi “tradizionali” devono essere comunicanti e permeabili. L’”homo cyberneticus” non va lasciato solo: non basta il computer per dialogare con il mondo, servono solidarietà, relazioni umane e sociali. Gli uomini devono colloquiare tra loro e sviluppare la discussione pubblica con la rete ma anche nei modi “tradizionali”, che vanno riscoperti: le piazze, le sedi della convivenza e della vita collettiva, le iniziative e gli strumenti per aggregare e fare incontrare i cittadini. Solo così -unendo le due prassi- avremo cittadini attivi, capaci di influenzare le decisioni politiche, di esercitare un ruolo di critica, di controllo, di partecipazione responsabile alla vita pubblica.
Giorgio Pagano
Presidente di ANCI Liguria
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