Per la cultura serve la cabina di regia
Il Secolo XIX – 29 Luglio 2012 – L’articolo di Cinzia Aloisini sul Secolo (“Critiche ingiuste, la cultura ha retto”) è frutto di un abbaglio. Nei due articoli oggetto della sua polemica non ho mai scritto, perché non lo penso, che in questi anni “la cultura non ha retto”, né ho criticato il suo operato. Ho tratteggiato, invece, la storia quarantennale della gestione pubblica del Civico, rendendo omaggio al suo protagonista, Antonello Pischedda, ma anche a un talento più giovane, Umberto Bonanni, ideatore del festival Pop Eye. Senza dimenticare personalità straordinarie come Enzo Ungari e Tiberio Nicola. L’elenco è incompleto, ma fa capire che alle spalle abbiamo un grande patrimonio di gestione del Teatro, con molte luci e alcune ombre, da cui trarre lezione per il futuro. Pischedda saprà, se vorrà, difendersi da solo: è vero, è stato un accentratore e ha faticato a comprendere l’esigenza del ricambio (non a caso nell’intervista al Secolo mi critica, perché su questo ci scontrammo), ma è giusto riconoscere che è stato, nel complesso, un direttore bravo e capace.
Da parte mia, quindi, nessun “vezzo tutto spezzino di rimembranza dei bei tempi antichi”. E nessuna “ambizione” o “voglia di rivincita”: ma per che cosa? Aloisini lo sa bene, perché era mio assessore: ho rinunciato ad ogni incarico e non sono “un uomo in carriera”. Quel che mi muove, nel mio impegno civico, è il tentativo di tenere insieme memoria della parte viva del passato e visione innovativa del futuro.
Ecco perché non parlerei, come compito dell’oggi in campo culturale, di “mantenimento dei risultati esistenti”, ma di conservazione e innovazione. L’obbiettivo non è “sopravvivere”, cioè rapportarsi alla crisi economica in termini difensivi, al puro scopo di rallentare il declino, ma cogliere le potenzialità di sviluppo che pure ci sono. Bisogna riaffermare che la cultura è una priorità. Il che significa conservare le strutture culturali esistenti e, nei limiti del possibile, le risorse finanziarie pubbliche e private, ma nel contempo innovare il sistema gestionale, con un di più di regia e di coordinamento a livello sovracomunale per selezionare gli interventi, razionalizzare le spese e impegnare i soggetti del territorio, Comuni e Fondazione Carispezia in primis, a collaborare in un’ottica strategica. E’ “il tempo delle alleanze”, per dirla con l’assessore Del Prato: un’idea del Piano strategico che va ripresa, per lo spettacolo come per i musei. E’ di difficile attuazione, perché si scontra con la diffusa tendenza a far da sé, ma non ha alternative: grazie alla crisi si possono fare scelte innovative che in tempi ordinari sono state rinviate. Si può magari cominciare per gradi, p. es. con un coordinamento tra i tre Comuni del Golfo dei Poeti, ma una rotta nuova va avviata. Solo così avrebbero un senso sia il superamento dell’Istituzione sia la creazione di un assessorato alla cultura, da intendersi come motore di questa riorganizzazione complessiva e non come gestore (la stagione degli assessori alla cultura come gestori è ormai tramontata).
Va conservata, poi, la capacità di dare spazio al vento creativo giovanile, che ha un punto di riferimento nel Dialma Ruggiero (grazie all’impegno di tanti, tra cui Aloisini). Innovare comporta che giovani talenti siano chiamati a dirigere Civico e CAMeC, e che ci si doti di una strategia per supportare l’economia creativa: spazi, incentivi, fondi di garanzia per l’accesso al credito, sportelli per l’accesso ai finanziamenti, sostegno al crouwdfounding (finanziamento da parte di comunità di donatori, attraverso il social web). Così come va conservata una delle positive novità di questi ultimi anni, “Parole di giustizia”, che dovrebbe vivere più a lungo, per utilizzare con le scuole e le associazioni gli spunti e le suggestioni scaturiti nei giorni della rassegna. E che dovrebbe mettere sempre più al centro la riflessione attualissima -si pensi all’art 18 dello Statuto dei lavoratori e ai matrimoni gay- sui diritti sociali e civili, che finora in città è in gran parte mancata.
Sono solo alcuni spunti di riflessione. Ora serve una proposta delle istituzioni, su cui aprire un grande dibattito pubblico partecipato.
Giorgio Pagano
Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo
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