Il partenariato occasione per Spezia
Il Secolo XIX – 22 marzo 2009 – Venerdì e sabato scorsi ho partecipato, a Genova, al Forum “Dialoghi nel Mediterraneo occidentale”, che ha riunito, su iniziativa della Commissione europea e della Regione Liguria, esponenti della società civile e delle autorità locali di dieci Paesi della sponda nord e sud del Mediterraneo. Abbiamo approfondito quattro grandi temi: la cooperazione sull’immigrazione e l’integrazione, la democrazia partecipativa, lo sviluppo sostenibile, la convivenza tra culture e il ruolo dell’educazione. E abbiamo riaffermato la volontà di contribuire al rilancio del partenariato euromediterraneo e al raggiungimento dei suoi obbiettivi, definiti dalla dichiarazione di Barcellona del 1995 e riaffermati dal vertice di Parigi del luglio 2008, in cui è nata l’Unione per il Mediterraneo: la creazione di uno spazio di pace, stabilità, sicurezza, prosperità economica, rispetto dei diritti dell’uomo, comprensione tra culture e civiltà che unisca i Paesi europei, africani, asiatici che si affacciano sul “mare nostrum”. E’ un grande obbiettivo politico, economico e culturale a cui l’Italia è vitalmente interessata, così come lo sono, in particolare, la Liguria e la nostra città, terre mediterranee per eccellenza.
Il Forum non si è nascosto le difficoltà. Gli scambi economici sono molto cresciuti, ma è dubbio che si possa realizzare entro il 2010 quella zona euromediterranea di libero scambio che era l’obbiettivo di Barcellona. Soprattutto non c’è stata una reale integrazione politica: la mancata soluzione della questione palestinese ha pesato come un macigno. Siamo ancora lontani dall’aver recuperato l’unità e la grandezza civile del Mediterraneo, perse molti secoli fa. Il Mediterraneo resta un mare lacerato e “non riesce ancora a diventare un progetto”, come ha detto Predrag Matvejevic nella sua lectio magistralis tenuta a Spezia nei giorni scorsi per iniziativa dell’associazione culturale Mediterraneo.
La questione di fondo è quella di come l’Europa ripensa il Mediterraneo ripensando se stessa: riscoprendo le sue radici e ridisegnando una sua identità non più schiacciata su nord e est ma capace di guardare anche a sud. Solo così il Mediterraneo potrà diventare area di cooperazione, tavolo della pace in Medio Oriente, luogo dove si incontrano Europa e Islam e dialogano culture e religioni. Un dialogo senza fondamentalismi di alcun tipo. Da parte nostra dobbiamo respingere la tentazione del monologo e di imporre la nostra idea di modernità. Allo scontro tra civiltà occorre contrapporre la saggezza della misura, la capacità di mediare che è consegnata nel nome del nostro mare.
A tal fine, si è detto a Genova, serve che il processo di partenariato sia reso più visibile ai cittadini: il suo successo dipenderà dalla partecipazione attiva della società civile e dall’impegno delle autorità locali.
Così come serve più concretezza. “Bisogna superare nel Mediterraneo la distanza tra identità dell’essere e identità del fare”, per dirla ancora con Matvejevic. Ecco allora l’importanza di realizzare i progetti concreti definiti a Parigi: immigrazione, disinquinamento marino, autostrade del mare, piano solare, università euromediterranea, sviluppo delle imprese…
Sono progetti la cui importanza per la nostra realtà regionale e locale è molto evidente. Dobbiamo crederci e impegnarci: se il Mediterraneo diventerà strategico per la Liguria e per Spezia, la Liguria e Spezia diventeranno strategiche per il Mediterraneo.
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