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Cinque Terre, è iniziata la rinascita

a cura di in data 30 Marzo 2012 – 09:50

La Spezia,Tramonti (2011) (foto Giorgio Pagano)

Città  della  Spezia – 25  marzo  2012 – Era il 25 ottobre 2011 quando una terribile alluvione trasformò Vernazza e Monterosso in un inferno di fango. I detriti arrivavano ai secondi piani delle case. Ora i centri storici sembrano essere tornati quasi alla normalità, ci sono bar e ristoranti aperti per i turisti che tornano ad affollare i borghi. Come ha scritto Andrea Scuderi sul sito di Primocanale “C’è qualcosa di indistruttibile nelle Cinque Terre… il cuore della gente, la predisposizione alla fatica, ma anche la consapevolezza di essere belle (e per questo amate e desiderate) hanno dato forza a queste terre, superiore alla loro naturale fragilità”. Le ferite nella terra e nei corsi d’acqua, però, sono ancora aperte. Si sta lavorando al ripristino dei sentieri, ma resta irrisolto il problema di completare gli interventi per riparare i danni e di approntare politiche e misure per prevenire il ripetersi di simili tragedie.

La presenza, il 21 marzo, del Presidente della Repubblica e delle istituzioni nazionali e locali a Vernazza e poi a Borghetto, in Val di Vara, aveva il significato non solo di onorare la memoria delle vittime ma anche di ragionare sulla svolta necessaria. “A fronte di almeno un miliardo e mezzo di euro di danni e di opere necessarie in Liguria, le risorse nazionali e locali disponibili sono solo un decimo, 150 milioni”, ha detto il Presidente della Giunta regionale Claudio Burlando. Giorgio Napolitano non ha fatto mancare il suo sostegno, e la sua dura critica allo “Stato dell’ordinaria amministrazione”, cioè allo “Stato che manca, e di cui abbiamo bisogno”. Il Presidente ha ricordato da quanti decenni, nel nostro Paese, si ponga il problema della difesa del suolo e della messa in sicurezza del territorio dal rischio di dissesto idrogeologico, per poi domandarsi amaramente: “A distanza di decenni, cosa possiamo dire? Si è trattato di una lunga storia di piani, di stanziamenti, di progetti, via via disgregatisi, persisi per strada, non portati a compimento. Questa è la dura storia, questa è la realtà. Quante volte abbiamo aperto questo capitolo e poi ce ne siamo dimenticati, o lo abbiamo chiuso alla meglio, o abbiamo rinviato a un successivo piano quello che non eravamo stati capaci di fare realizzando il piano precedente?”. Oggi quel rischio antico è ancora più acuto, perché siamo nell’epoca del cambiamento climatico, che porta non alle alluvioni e alle frane di sempre, ma a alluvioni e frane sempre più gravi. Eppure nulla sembra cambiare. Lo ha spiegato bene Napolitano: “Il nostro non è uno Stato moderno: con la legge finanziaria 2010 si è stanziato un miliardo per la difesa del suolo; poi da questo miliardo si tolgono via 200 milioni per i danni provocati dalle alluvioni, cioè per l’emergenza, e gli altri 800 milioni si azzerano per contribuire alla copertura parziale del debito pubblico. Ebbene, io vorrei sapere: quanto debito pubblico in più facciamo risparmiando quegli 800 milioni e dovendone poi spendere di più per l’emergenza?”. Insomma, abbiamo risorse limitate, ma non possiamo rinunciare alle priorità e tagliare alla cieca: farlo è “la negazione della politica”. Dobbiamo trovare 40 miliardi da spendere nei prossimi vent’anni per un Piano nazionale per la sicurezza del territorio, ha detto il Ministro dell’ambiente Corrado Clini. Bene, si cominci da subito: sarebbe un atto fondamentale per l’ambiente, ma anche per il lavoro e l’occupazione, perché la difesa del suolo è la più importante opera pubblica del Paese. Non si vive solo di mercato, di concorrenza e di liberalizzazioni: occorre sostenere la crescita sostenibile con selettivi progetti innovativi di recupero e riqualificazione del territorio.

Il ricordo del dramma delle Cinque Terre ci impone inoltre un ragionamento più complessivo: come favorire il “ritorno alla terra” e all’agricoltura, che rappresenta la vera garanzia di salvaguardia del territorio? Come determinare equilibri durevoli tra insediamento umano e ambiente, riconnettendo nuovi usi del territorio, nuovi saperi, nuove tecnologie alla sapienza ambientale storica degli abitanti-produttori delle Cinque Terre? Come far sì che le relazioni produttive tra abitanti e ambiente, attraverso la cura, la manutenzione e la valorizzazione del territorio, favoriscano il mantenimento e la crescita di quei rapporti di solidarietà e di quei legami sociali e comunitari che abbiamo visto così forti nei giorni e nei mesi successivi alla tragedia? Fondamentale è il ruolo dei Comuni e del Parco nazionale (parco naturale e insieme agricolo), che devono diventare laboratori di autogoverno, in cui l’abitante-produttore si prende cura della terra attraverso la sua attività produttiva, grazie alla crescita del lavoro autonomo, della microimpresa, del volontariato, del lavoro sociale, delle imprese a finalità etica, ambientale e sociale nel campo non solo delle produzioni di qualità e tipiche ma anche del turismo sostenibile, della cultura, dell’artigianato. Questa ricerca dell’unicità di un proprio stile di sviluppo era all’origine dell’idea di Parco nazionale. Franco Bonanini, ormai dimenticato da tutti, lo aveva intuito. Poi, però, sbagliò molto, al di là delle vicende su cui ci sarà un processo: perché all’autogoverno e alla partecipazione preferì il verticismo personalistico e perché a un certo punto non perseguì con coerenza la strategia del “ritorno alla terra” e all’agricoltura..
Ora, per proseguire l’opera, appena iniziata, di rinascita delle Cinque Terre, serve traghettare il Parco dalla opaca gestione commissariale dell’ultimo anno e mezzo (il riferimento è alle tante zone grigie della gestione del commissario Cosentino) a un assetto stabile. Il che significa nominare finalmente un Direttore e un Presidente. Perché, come ha scritto Franco Antola sulla Nazione, “solo un ente dotato di tutte le sue prerogative, dei suoi organismi e dei suoi poteri finalmente stabilizzati attraverso percorsi trasparenti e inappuntabili sotto il profilo della competenza e dell’affidabilità, può realmente portare le Cinque Terre fuori dall’emergenza”. Il Ministro Clini ha detto a Vernazza che le scelte verranno fatte “entro poche settimane”. Non si vada oltre, e si premi, appunto, la competenza. E non l’appartenenza partitica.

lucidellacitta2011@gmail.com

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