Una nuova classe dirigente per Lerici
Città della Spezia – 4 marzo 2012 – Appena posso torno a Lerici. E’ la città dove sono nato e ho passato la mia infanzia, e dove poi sono tornati, fino all’ultimo, i miei genitori. E’ la città dei primi, indelebili ricordi: di quando imparai a nuotare, del primo bagno dell’anno ogni 25 aprile a Fiascherino o nelle spiagge dietro il Castello, delle partite di pallanuoto al Molo, dei calci al pallone in un prato della Rocchetta, dei tramonti tra Tino, Palmaria e Portovenere dalla Bellavista… Come milioni di italiani, nei giorni scorsi, ho ripercorso in un attimo la mia vita con la colonna sonora della grande musica di Lucio Dalla, e sono partito dalla prima delle tante volte in cui l’ho ascoltato: al Lido di Lerici nell’estate del 1967, da ragazzino che per la prima volta metteva i pantaloni lunghi. Arrivò verso le sette di sera e si tuffò: non scorderò mai quel piccolo uomo irsuto che si divertiva come un matto nuotando nell’acqua bassa. Era l’anno in cui, a Sanremo, era morto Luigi Tenco, e Lucio era diventato famoso con “Bisogna saper perdere”.
Per tanti anni Lerici l’ho quasi lasciata, ma senza mai dimenticarla. Ora che è tornata stabilmente nella mia vita, un po’ mi ha fatto soffrire. Quello che è successo nella valle della Venere l’avevo visto nascere, passandoci con l’auto. Speravo fosse l’unica macchia, ma ho scoperto purtroppo molto altro. Sono stato dopo decenni alla Baia Blu, e quasi non credevo ai miei occhi: è snaturata, con quelle edificazioni nella valle stretta e ripida e con quel cemento anche in un tratto di costa, che ha intaccato la falesia che alimenta la spiaggia. Poi ho scoperto che le frane impediscono di andare nelle spiagge del Castello, ho visto il cemento che ha invaso il verde del Carbognano, le ruspe negli oliveti di Solaro, di salita Canata… Certo, la nuova piazza Garibaldi e la passeggiata fino a San Terenzo sono molto gradevoli, e i tramonti da Lerici sono ancora unici al mondo. Ma guardando verso la collina ci si rende conto di come il paesaggio, il punto di forza di Lerici, sia stato la grande vittima delle politiche di questi anni. C’è un’emergenza ambientale che colpisce il paesaggio: il “come rimediare” è la grande questione di questa fase.
Che fare, allora? Va difeso il sistema idrogeologico delle colline, formato dai muri a secco, dai canali, dai terreni agricoli. Va incentivato il ritorno all’agricoltura, che significa anche manutenzione e salvaguardia del paesaggio. E che può ben integrarsi con una più complessiva “economia della bellezza e della cura del territorio”, che comprende il turismo sostenibile ed “emozionale”, quello che vuole sentire i sapori, godere della natura e dei luoghi della tradizione. Un’economia che si fondi anche sull’enogastronomia, sull’artigianato, sulla cultura (si pensi al recupero e conservazione dei siti storici della chiesa dei monti di San Lorenzo e del castrum di Barbazzano e Portesone, tasselli di un vero e proprio Museo a cielo aperto). E’ l’”altra economia”: quella che può dare lavoro ai giovani che fuggono da una Lerici appisolata e sempre più in calo demografico. Alternativa all’”economia del turismo delle seconde case”, che consuma e privatizza il territorio e spopola i borghi. La revisione del Piano urbanistico dovrà basarsi sullo “stop al consumo di territorio”, perché la superficie urbanizzata ha raggiunto livelli non superabili. A chi teme per il futuro dell’edilizia, come gli imprenditori e i sindacalisti del settore, occorre rispondere che la valorizzazione e la riqualificazione del patrimonio esistente e l’efficienza energetica degli edifici sono, anche a Lerici, l’unica garanzia affinché l’edilizia possa tornare ad essere un comparto dinamico, “al servizio di uno sviluppo vero e non meramente quantitativo”, come ha scritto nei giorni scorsi Piero Donati.
Lerici ha bisogno di “svoltare”. Serve una nuova classe dirigente che metta al centro i “beni comuni” e che fuoriesca da un sistema in cui è fondamentale il “fare” attraverso l’economia privata, il che porta spesso a “fare” cose sbagliate.
L’occasione delle elezioni amministrative di maggio è dunque davvero importante. Non sono elezioni di routine. Le “Linee guida della coalizione di centrosinistra” predisposte per le primarie contengono molte indicazioni coerenti con questo spirito nuovo. Nel confronto delle primarie il candidato espressione della sinistra, Michele Fiore, che ha poi ottenuto il 30% dei voti, aveva spinto molto avanti sia l’autocritica che l’innovazione. Vedremo ora come il vincitore, Marco Caluri, svilupperà nel dettaglio le “Linee guida” e in che misura darà voce alle spinte per la “discontinuità”. Va detto che spinge molto per l’innovazione anche il programma della lista civica “Lerici città aperta”, che esprime Bernardo Ratti come candidato a sindaco. Anche se le liste civiche senza un ancoraggio politico chiaro non hanno quasi mai operato con risultati convincenti. Ma il quadro politico lericino non è ancora definito: può darsi che il sistema del “fare” trovi nuovi interpreti. A quel punto molte cose cambierebbero. In ogni scenario, comunque, sono decisivi i voti degli elettori di una sinistra che pure non esprime candidati a sindaco: voti che vanno conquistati con una proposta di cambiamento vero. Insomma, una riflessione reale si è aperta, a Lerici più che altrove: si pensi a come è stato eletto il nuovo Presidente del Parco Montemarcello-Magra, senza alcuna discussione sui contenuti. L’auspicio è che sia una bella campagna elettorale, una competizione per dare a Lerici la nuova prospettiva che si merita.
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