Immigrazione, i doveri di una città civile
Città della Spezia – 26 Febbraio 2012 – Tra mezzo secolo, ci ha spiegato l’ultimo rapporto Istat, quasi un quarto della popolazione presente sul territorio italiano sarà composto da “stranieri”. Anche Spezia sta diventando “multietnica”, e quindi “multiculturale” e “multi religiosa”: ce lo dicono i dati del dossier statistico della Caritas sull’immigrazione, presentato nei giorni scorsi dal Comitato Solidarietà Immigrati. Nella nostra provincia gli “stranieri” residenti erano, al 31 dicembre 2010, 16.477: più 259,4% rispetto al 2002.
I dati reali e gli scenari futuri impongono un radicale cambio di mentalità e di strategia, a livello nazionale e locale: la consapevolezza che la nostra identità, nazionale e locale, è oggi in movimento continuo, esposta al contagio di culture diverse che devono non solo convivere ma interagire tra loro. Abbiamo bisogno di una politica dell’immigrazione come “risorsa” e non come “problema”. Il che significa innanzitutto conoscere gli immigrati, e poi non discriminarli. Capire, per esempio, che l’attuale normativa sulla cittadinanza è completamente sbagliata: perché considera la democrazia come un concetto non assoluto ma relativo, addirittura un privilegio di alcuni. Un milione di bambini, venuti al mondo nel nostro Paese, in ospedali italiani, figli di immigrati che hanno scelto di vivere e lavorare qui, iscritti alle nostre scuole, non potranno diventare cittadini italiani. Come definire -se non italiani- questi bambini? Non abbiamo tutti sentito Joy, la bambina cinese dallo sguardo bellissimo brutalmente assassinata a Roma, come figlia nostra? Come non preoccuparsi del rischio che livelli diversi di democrazia e di partecipazione ai diritti facciano crescere fenomeni pericolosi di marginalità e di esclusione? Si avvicinano, a Spezia, le elezioni amministrative: è bene discutere anche di questo, perché riconoscere la cittadinanza a questi ragazzi significherebbe dare solidità al vivere della nostra città.
L’immigrazione è una “risorsa” anche in relazione al lavoro. Oggi, in Italia e anche a Spezia, si parla molto di lavoro ma lo si lega ancora troppo poco all’immigrazione. I dati, anche quelli locali, ci dicono che per la prima volta cala l’occupazione degli “stranieri”: in Liguria, nel 2010, il calo è stato di 1.275 unità, pari a -4,7%. Circa 600.000 permessi di soggiorno sono scaduti e la legge consente ai loro titolari di trovare un lavoro entro sei mesi, altrimenti verranno espulsi o cadranno nell’irregolarità. Bisognerebbe prolungare almeno di un anno il periodo di ricerca di un nuovo lavoro. Non solo per motivi di giustizia, ma anche perché l’Italia rischia di perdere un enorme numero di lavoratori formati e addestrati. I lavoratori stranieri potrebbero decidere di andare a lavorare altrove anche per il contributo fiscale molto rilevante che lo Stato chiede loro, senza contare il balzello sul permesso di soggiorno deciso nell’ottobre scorso da Tremonti. In questo modo, per esempio, priverebbero di assistenza molti anziani non autosufficienti, impedendo così ai loro familiari di andare a lavorare. Dovremmo, a fronte di tutto questo, impegnarci a favorire la progressione sociale e professionale degli immigrati che vogliono lavorare legalmente da noi. Ma oggi questa progressione è bloccata dagli ostacoli imposti dalla legge Bossi-Fini all’immigrato che vuole cambiare lavoro per aumentare il proprio reddito, dalla difficoltà di ottenere il riconoscimento dei titoli di studio e dei titoli professionali acquisiti all’estero e dall’impossibilità di accedere ai concorsi pubblici.
Nella nostra città l’impegno per l’accoglienza, grazie alla collaborazione tra istituzioni e società civile, non è mai venuto meno. Ma ora deve fare un salto di qualità, anche perché deve fronteggiare problemi nuovi, a partire dalla crisi economica e del welfare, che spinge i più deboli a dividersi. Ecco perché la battaglia per i diritti deve diventare sempre più la battaglia per i diritti di tutti gli ultimi, italiani e “stranieri”. Il Coordinamento Io non respingo, che riunisce l’associazionismo e il civismo cittadini e le comunità degli immigrati, sta lavorando a un “piano” di proposte che cercano di affrontare i temi principali, a partire da quelli citati della cittadinanza e del lavoro. Ancora: un’agenzia per la casa, per garantire l’affitto ai meno abbienti; un accordo di programma tra gli enti interessati per migliorare l’integrazione a scuola;la Casadelle culture del mondo, che sia sede associativa delle comunità e centro interculturale dedicato alle attività artistiche e alla creatività di tutti i popoli; uno sportello multilingue e di mediazione culturale all’Urp dell’Asl ela Cartadei servizi per la tutela della salute degli immigrati. Infine, ma non certo per importanza, il tema del futuro del Centro Solidarietà Immigrati, esperienza pionieristica di cui dobbiamo essere orgogliosi: come salvarlo dalla scure dei possibili tagli? Come farlo, al contrario, crescere ancora, come laboratorio di indagine sulla composizione del fenomeno migratorio, di monitoraggio delle condizioni di vita e di lavoro degli “stranieri”, di coinvolgimento delle comunità, di consulenza?
Su questi temi Io non respingo organizzerà un’iniziativa il 1° marzo, giornata internazionale dedicata alla mobilitazione per i diritti degli immigrati. Incontreremo i rappresentanti delle istituzioni, e chiederemo loro risposte sui doveri che ha una città civile, aperta e plurale.
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