Ecco perchè ho lasciato il PD
La Repubblica – Il Lavoro – 24 giugno 2011 – Sì, è vero: ho lasciato il Pd. Repubblica ha rivelato ciò che avevo in animo da tempo e che ho comunicato a Lorenzo Basso qualche giorno fa. Terminata la mia esperienza di sindaco, sono sempre stato un esule: non mi sono mai ritrovato nel Pd, partito nato come fusione di due oligarchie, separato dalla società, privo di un progetto e di un’identità. Ho preso la tessera per “connessione sentimentale con il suo popolo”, poi ho sperato in una svolta con Bersani e ho accettato la proposta di Basso di dargli una mano. Di questo lo ringrazio: è stata l’unica volta che qualcuno, nel gruppo dirigente del Pd, mi ha cercato per far parte di una “casa comune” e per darmi nuove motivazioni. Ma mi è sempre rimasto un “distacco” non superato. Anche se Bersani non è Veltroni e ha cercato di emancipare il Pd dalla subalternità al liberismo e al leaderismo. Ho sentito più congeniale l’impegno civico e associativo, ed è qui, nella democrazia dei cittadini autonomi e dei sentimenti, che ho ritrovato la passione ideale e la capacità di non risparmiarsi mai, come quando facevo il sindaco. Lo ha scritto don Gallo, la persona che mi ha dato più forza in questi anni: la mia “non è antipolitica, anzi è un forte stimolo per il rinnovamento radicale dei partiti”. Qualcosa, io, Gallo e le tantissime persone impegnate nella partecipazione civile a lavorare nella semina, abbiamo raccolto: è cominciata la rivolta contro il pensiero unico degli ultimi 25 anni, e parole come beni comuni e solidarietà hanno strappato la tela della sua egemonia. I partiti di opposizione sono stati abili nell’intercettare la svolta, ma non l’hanno determinata. Essa è innanzitutto il frutto di una spinta antioligarchica dal basso e di uno stile politico che viene dal di fuori rispetto al sistema dei partiti. Il programma dell’opposizione sul nucleare e sull’acqua l’hanno scritto i cittadini con la democrazia: senza questa risorsa saremmo ancora impantanati nelle alchimie di vertice.
Ora c’è bisogno della sinistra, altrimenti questa svolta non si consoliderà. Servono le primarie, certo, ma ancor di più serve una nuova grande forza di sinistra, laburista e ambientalista, che ricongiunga l’antica storia della sinistra con la nuova storia del civismo e dei giovani. Questa forza non può nascere nel chiuso delle stanze sclerotizzate della politica tradizionale ma solo coinvolgendo il nostro popolo nell’elaborazione di un programma alternativo. L’Ulivo, l’Unione e i vecchi partiti fanno parte di un’altra epoca. Sbaglieremmo a escludere qualcuno, ma l’unità si costruisce solo nel dibattito pubblico e nella contaminazione della politica con la vita reale.
Che cosa farò, mi chiederanno. Rispondo così: ho sempre cercato, in questi anni, delle basi da cui poter ripartire. Ora le ho trovate nel “vento che è cambiato”, grazie ai “granelli di sabbia” di tanti di noi. Non sono un uomo in carriera, ho fatto tante rinunce. Ma non rinuncerò a impegnarmi perché il vento nuovo non si fermi, e quindi perché la sinistra ricomponga la frattura con la società e raccolga questa spinta in una proposta di governo. Alla fine ci ritroveremo in tanti, insieme al mondo che cambia: il distacco di oggi prepara la nuova unità di domani.
Giorgio Pagano
Presidente di Funzionari senza Frontiere e dell’Associazione Culturale Mediterraneo
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