Serve un nuovo centrosinistra
Il Secolo XIX – 10 febbraio 2011 – Mi stupisce che Moreno Veschi critichi il mio “distacco” dal Pd: sono stato “distaccato” fin dalla nascita del partito, e l’ho motivato sulle pagine nazionali del Secolo XIX e nel mio ultimo libro. Da allora il mio impegno è civico e associativo. Ho preso la tessera del Pd per “connessione sentimentale con il suo popolo”, per dirla con Gramsci, e perché il Pd è comunque il perno fondamentale di qualsiasi alternativa al berlusconismo. Ma non ho incarichi dirigenti, né ruoli istituzionali: ho solamente detto di sì a Lorenzo Basso, segretario regionale, quando mi ha proposto nel suo staff -che non è un organo dirigente- per dargli, quando posso, una mano. In modo disinteressato: non retribuito e senza chiedere alcunché.
A questo non posso sacrificare l’esercizio della critica. Il Pd è nato come fusione di due oligarchie, separato dalla società e senza un progetto e un’identità. Ho sperato in una svolta con Bersani, ma anche con lui il Pd non suscita speranze, non è alternativa credibile. Il mio “distacco” è cresciuto con le scelte recenti: le incertezze di fronte al metodo Marchionne, che riduce il lavoro a merce; la proposta di “santa alleanza“ contro Berlusconi, che arriva a includere un partito di destra come quello di Fini; e gli esorcismi sulle primarie, che sono uno dei pochi elementi forti e unificanti della cultura politica del Pd. Il tema, in fondo, è questo: la sinistra rappresenta per il futuro dell’Italia un problema, un impedimento o una via di salvezza? Per sinistra io intendo un punto di vista autonomo, non subalterno alle idee della destra, sul lavoro, il sapere, la libertà. Sono sempre stato un riformista, ma non accetto un riformismo senza riforme, che non mette al centro la questione del lavoro e non vede il ricatto di Pomigliano e Mirafiori. Il mio sogno è una rinascita della sinistra, con Pd, Sel e soprattutto il civismo di cui la società è ricca e che i partiti non riescono a rappresentare. La coalizione vincente non nascerà nel chiuso delle stanze ma coinvolgendo il nostro popolo nella elaborazione di un programma davvero alternativo.
Non sono nuovo alle posizioni solitarie, che poi si rivelano meno solitarie di quello che si pensa. Potrei citare molti dirigenti del Pd che la pensano come me. Soprattutto basta parlare con il nostro popolo per capirlo. Io non voglio “dividere il centrosinistra” ma contribuire alla nascita di un nuovo centrosinistra, non più “diviso”, perché è questo il suo problema, dalla vita quotidiana degli italiani. A questo fine non si deve avere paura dei conflitti fecondi, ma delle beghe infeconde, incomprensibili ai più, di questi anni.
Veschi ritiene che anche il mio piccolo ruolo nel Pd sia incompatibile con queste mie idee. Ne prendo atto e, sentito Lorenzo Basso, trarrò le conclusioni.
Giorgio Pagano
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