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Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Dal Porto Lotti al Mirabello

a cura di in data 12 Luglio 2010 – 09:05

Il  Secolo  XIX – 12  luglio  2010 – Il Porto Mirabello è una realtà. Un anno fa la consegna dei moli per le barche, nei giorni scorsi l’inaugurazione di bar, piscina e ristorante: servizi per i diportisti, ma anche per spezzini e turisti. Così come il grande parcheggio e i 50 negozi, che apriranno a breve. Intanto l’Autorità portuale sta progettando il ponte pedonale che collegherà la banchina Revel al Porto. Una marina così integrata alla città, senza barriere, ricorda la Costa Azzurra. E regala la possibilità di un nuovo sguardo sulla città, che la ammira dal mare.
Ricordo quando l’Iri rinunciò a realizzare il porticciolo. Temevo che tutto si fermasse, e invece alcuni imprenditori emiliani, tra l’incredulità di tanti in città, nel 2000 acquisirono la società per poi realizzare l’opera, investendo 120 milioni di euro. La stessa incredulità che accolse chi acquisì l’area ex Ip, dove ora fervono i lavori. Bisogna quindi puntare su risorse esterne? Sì, ma senza dimenticare le risorse della città, che pure esistono. Lo dimostra il fatto che il disegno per far diventare Spezia una capitale della nautica fu avviato da uno spezzino, Luciano Lotti, che trovò in Walter Bertone, assessore all’urbanistica, un convinto alleato.
In fondo tutto nasce da Porto Lotti, dalla trasformazione di un cantiere di demolizione navale in un porticciolo per le grandi barche, ultimato nel 1996 (costò oltre 50 miliardi di lire). Una realtà di eccellenza, che ci ha reso famosi in tutto il mondo. Come dice il suo direttore, l’amico Mario Parmeggiani, “pensammo da subito Porto Lotti come volano per lo sviluppo della nautica a Spezia”. E fu davvero così, perché da lì venne l’impulso ad andare avanti, a non mollare di fronte alle difficoltà del Mirabello, a favorire la riconversione di altri vecchi cantieri in moderni cantieri della nautica, a inserire nella pianificazione urbanistica il waterfront, a realizzare un’università imperniata sulle tecnologie del mare.
Le difficoltà della crisi non devono spingerci a tornare indietro. Come spiega una ricerca della Fondazione Edison sull’industria nautica in Italia, “le barche vanno più veloci della Ferrari”, nel senso che il settore yacht e barche da diporto ha un tasso di crescita superiore a quello del gioiello di Maranello: è il quinto prodotto dell’export made in Italy, e restiamo il primo esportatore nel mondo. Ma è vero anche che la crisi ha colpito duro, mangiandosi il 15% degli affari all’estero, con una diminuzione degli occupati del 10%. Da noi ci sono ripercussioni serie per la liquidazione del cantiere Baglietto, mentre Ferretti sta superando i suoi problemi con le banche. Le imprese devono unirsi per crescere assieme e affrontare la competitività internazionale, conquistando nuovi mercati, dal Sud America all’India. E i porticcioli aiutano: le barche si comprano se ci sono le strutture che le ospitano.
C’è e deve esserci sempre più complementarietà tra Porto Lotti, Porto Mirabello, industrie della nautica. L’obbiettivo è un centro integrato di manutenzione e refitting al servizio degli yacht del Mediterraneo. La cui sede non può che essere dentro la base navale. Ma questo, insieme ai tagli governativi a Regioni e Comuni, è il vero tasto dolente di questa fase della vita della città: perché nella Marina e nel Governo nulla si muove.

lontanoevicino@gmail.com

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