Servono politiche per lavoro e imprese
Il Secolo XIX – 30 maggio 2010 – I dati sull’economia spezzina forniti dalla Camera di Commercio fanno riflettere per la loro negatività. E’ vero che il numero delle imprese rimane stazionario (anche se flette il commercio), e che ci sono segnali positivi: il numero dei turisti cresce ancora, mentre diminuisce in Liguria; il porto, che perde il 16,1% dei container tra 2008 e 2009, a gennaio 2010 registra un + 27% rispetto allo stesso mese del 2009.
Ma è il dato sull’occupazione a preoccupare. Il tasso di occupazione della fascia 15 – 64 anni scende dal 62,9% del 2008 al 57,8% del 2009, mentre in Liguria il divario è minimo (63,8% – 63,5%). Il tasso di disoccupazione sale dal 4,2% al 6,6%, in regione solamente dal 5,4% al 5,7%. Sul sito dell’Istat si scopre che a Spezia il tasso di occupazione crolla di oltre 14 punti nella fascia 45 – 54 anni, e che il calo dell’occupazione femminile è il doppio di quella maschile. Le persone in cerca di occupazione sono 6.000 e salgono in un anno di 2.000 unità; anche in questo caso a peggiorare è soprattutto la componente femminile.
Hanno sicuramente ragione coloro che mettono l’accento sulla necessità di accorciare i tempi di realizzazione dei progetti più importanti: Marinella, waterfront, area ex Ip, infrastrutture, aree militari. Abbiamo grandi potenzialità di sviluppo, ed è giusto sollecitare l’impegno a sciogliere i nodi.
Mi chiedo, però, se la riflessione non debba andare oltre. L’economia locale è sempre più terziaria e sempre meno industriale. In crisi, insomma, è la piccola e media impresa industriale. E‘ un problema nazionale, non solo spezzino. La crescita dei Paesi emergenti continuerà ad essere elevata e determinerà significativi mutamenti nella divisione internazionale del lavoro. Vi si dovranno adattare tutti i Paesi avanzati e anche il nostro sistema produttivo. Sono necessarie politiche economiche rivolte alla produzione e alla ricerca, che aiutino le imprese ad aggregarsi, a innovare, a internazionalizzarsi, a promuovere i cambiamenti necessari. Ma che cosa si sta facendo su questo fronte? Poco o nulla. Un contributo determinante deve venire dall’intervento pubblico, con misure che si prendono in molti Paesi, ma non in Italia. Il Governo ha scelto di aspettare e sperare: una strategia ad alto rischio, perché non è affatto scontato che la nostra industria, con le sue dimensioni troppo piccole e le sue specializzazioni inadeguate, ce la faccia da sola.
Per fortuna ci sono imprenditori che non si scoraggiano e ci provano. L’amico Francesco Cicillini, a.d. della Elsel, azienda spezzina all’avanguardia nel settore della progettazione e costruzione di apparati elettronici, mi ha raccontato di come la società Elettronica Melara, che consorzia Elsel ed altre imprese e occupa in tutto oltre 120 lavoratori con un fatturato nel 2009 di 34 milioni di euro, abbia acquisito un contratto dal colosso Usa Lockeed Martin per la certificazione delle attrezzature di supporto logistico. Un successo dell’azienda, favorito da misure assunte dai Governi Prodi e Berlusconi nel 1998 – 2002. E’ un esempio di ciò che serve: iniziativa imprenditoriale e intervento pubblico per superare la frammentazione delle imprese, investire in ricerca, promuovere l’internazionalizzazione. La crisi, spiega Cicillini, “è un’opportunità per cambiare”. Anche a livello locale si può supportare il cambiamento: con il Distretto delle tecnologie marine, ormai sul nastro di partenza. Un altro progetto che va accelerato.
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