La casa del futuro sarà ecologica
Il Secolo XIX – 24 gennaio 2010 – Il 53° Congresso nazionale degli ingegneri, che si è svolto a Spezia nell’ottobre 2008, ha rappresentato una svolta: è stato incentrato, infatti, sulle tematiche dell’etica ambientale e dello sviluppo sostenibile e sul coinvolgimento in prima linea dell’ingegneria nell’individuare strategie e nel dar vita ad azioni mirate alla tutela dell’ambiente. Non avevo potuto partecipare, ma l’amico Claudio Rocca, allora presidente dell’Ordine spezzino, mi ha fatto avere gli atti completi, una documentazione di grande interesse. La sintesi sta in queste frasi della relazione del Presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, Paolo Stefanelli. “Vogliamo mettere in campo un completo cambiamento dei comportamenti da parte di tutti, quindi anche di noi ingegneri. Un modo di agire che deve penetrare nelle coscienze della collettività, un lavoro utile soprattutto per le generazioni future”.
Negli interventi ci sono molti spunti e richiami importanti per la riconversione ecologicamente compatibile del nostro modo di vivere e per costruire la città ecologica. Sono gli stessi emersi in un altro appuntamento importante di quei mesi del 2008, la Biennale di Architettura. Ne sviluppo uno, forse il più importante: l’impegno a diffondere metodi costruttivi, materiali isolanti e modi di produrre energia che siano innovativi e consentano di realizzare edifici autosufficienti ad “impatto zero”. Anzi, di più: oggi gli edifici, oltre a consumare meno energia, possono diventare collettori di energia solare, eolica e termica, produrne in eccesso e distribuirla attorno a loro, a favore dello spazio urbano del quartiere.
Nelle nostre città l’emergenza ambientale è così pervasiva e radicale, da essere irrisolvibile con il solo appello a politiche centralizzate e dall’alto. Perché ad inquinare sono anche le migliaia di piccole costruzioni di cemento, pietra e acciaio che consumano acqua, elettricità e petrolio, sbuffando CO2 e liquami.
L’emergenza ambientale è prima di tutto un richiamo a quella che la mozione conclusiva del Congresso degli ingegneri chiama la “rivoluzione nelle coscienze”: una rivoluzione molecolare e democratica nei processi di costruzione e rinnovamento delle città, che chiama tutti -amministratori, tecnici, cittadini- ad un’assunzione di responsabilità.
La casa ecologica del futuro c’è già, anche in Italia. Sorge a Follonica, sono venti appartamenti costruiti in un’area Peep (Piano per l’edilizia economica e popolare) da una cooperativa edilizia che non poteva che chiamarsi “Avvenire”. La geotermia a basso calore, ottenuta scavando fino a 100 metri sotto terra, garantisce i tre quinti del fabbisogno energetico, un quinto viene dal solare fotovoltaico, il resto dall’efficienza energetica dei materiali. Gli inquilini di Follonica non solo non inquinano, ma non pagano le bollette, anzi ricevono contributi per l’utilizzo del fotovoltaico.
Insomma, la sfida è lanciata. In Europa, negli Stati Uniti, in molti Paesi asiatici, ci sono imprese e istituzioni locali che hanno capito la necessità di una politica edilizia che sia una politica ambientale democratica e ne hanno colto anche il beneficio economico. A Spezia si è cominciato con il Contratto di Quartiere delle Pianazze, i cui edifici sono stati progettati con grande attenzione al risparmio energetico. I prossimi interventi -dall’area ex Ip al waterfront- dovranno essere ancora più innovativi. Spetta anche al “nuovo ingegnere” protagonista del Congresso spezzino del 2008.
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