Dal piano strategico al futuro della SNAM
IlSecoloXIX – 10 gennaio 2010 – Poco prima di Natale ero a Rimini, a una tavola rotonda sulle politiche urbane in Europa. Gli altri relatori, amministratori di varie città, hanno definito il Piano Strategico spezzino “il migliore fatto in Italia”. Giudizio esagerato, ma che fa comunque piacere.
Con il Piano Strategico -in realtà furono due, il primo approvato nel 2001, il secondo nel 2004- la città elaborò, dopo la “grande crisi” degli anni ’90, una visione condivisa e partecipata del suo futuro. Protagonisti furono non solo il Comune e le altre istituzioni, ma anche la società civile (il Piano fu siglato da 74 enti e associazioni) e migliaia di cittadini in vario grado coinvolti. Fu un piano integrato, che coordinò i piani di settore: urbanistico, ambientale, sociale, formativo. Rispondemmo a questa domanda: qual è la nuova missione della città, la sua vocazione fondamentale? Facemmo la scelta dell’”economia della varietà”, ma con un elemento caratterizzante: l’essere città di mare. Cominciammo con l’insediamento dei cantieri della nautica, ma è il waterfront il simbolo più forte della trasformazione avviata: una città che riscopre il mare e nel mare trova fondamento per il futuro. Con il Piano, inoltre, decidemmo di migliorare Spezia dal punto di vista dell’ambiente, della coesione sociale, della cultura. Quindi ci sono altri progetti simbolo: la diga balneabile e il parco collinare; il nuovo welfare; i musei, l’Università e il Distretto delle tecnologie marine.
Da tempo si lavora all’attuazione dei progetti. Molti sono realizzati; altri o in corso di realizzazione (città terziaria nell’area ex Ip, porticciolo Mirabello, darsena di Pagliari-Fossamastra, Variante Aurelia, Distretto delle tecnologie marine) o di prossimo avvio (nuovo Ospedale, diga balneabile, parco collinare). Anche il waterfront sembra “sbloccato”, dopo due anni perduti per responsabilità dell’Autorità Portuale. Resta irrisolto, invece, il nodo del futuro della base navale, che continua il suo declino, e del recupero di parte delle sue aree per nuove funzioni urbane e produttive: non c’è, ad oggi, un piano serio del Governo. Per questo ha fatto bene il sindaco a chiamare città e regione alla mobilitazione.
La costruzione della nuova città va dunque avanti, nonostante le difficoltà sopraggiunte: la chiusura dell’ex San Giorgio e la crisi di Acam (per la quale, comunque, si intravede una soluzione). E poi quelle derivanti dalla crisi internazionale (disoccupazione) e dalle politiche contro gli enti locali: è in atto, in tutta Europa, una forte “ricentralizzazione” da parte dei Governi. E’ importante che restino forti, anche in questa fase, l’ampia condivisione e l’unità, contro i rischi, sempre in agguato, sia della frammentazione sia di politiche negoziali con interessi privilegiati e lobbies.
Il Piano Strategico è diventato quindi qualcosa di “stabile”, ma ciò non deve contrastare con il suo carattere di piano “mobile”, che esplora il continuo cambiamento. In quali direzioni? L’Unione europea sta valutando come riformare le politiche urbane, e i connessi finanziamenti, dal 2014; le priorità individuate non possono che essere condivise: innovazione, contro la crisi economica (il problema della base navale è l’innovazione!); green economy, contro la crisi climatica (e quindi: quale futuro per Enel e Snam?); formazione, a partire dall’infanzia; accoglienza degli immigrati. E’ il momento, quindi, di una nuova sfida progettuale, capace di coinvolgere ancora tutta la città.
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