I dieci anni del parco delle Cinque Terre
Il Secolo XIX – 3 gennaio 2010 – Il Parco Nazionale delle Cinque Terre ha compiuto dieci anni. E’ un’occasione per riflettere su un’esperienza che ha cambiato il nostro territorio, ed è di esempio per l’Italia. Perché insegna a saper pensare non solo all’oggi, rifiutando ogni regola, ma anche al futuro.
Due milioni e mezzo di visitatori all’anno, l’80% stranieri. Il Parco gestisce 3 ostelli (di cui uno realizzato, a Biassa, dal Comune di Spezia), 4 ristoranti e 7 centri di accoglienza per visitatori, dove si vendono anche prodotti locali. Tra questi non c’è più solo il vino. Per salvare i terrazzamenti e i muretti a secco costruiti dall’uomo in una dura lotta con la natura in aree che erano montagne ripide e boscose, il Parco ha infatti incentivato il ritorno alla coltivazione, della vite ma non solo. Oggi il Parco produce anche limoncino e marmellata di limoni, pesto, salsa di corniolo e salsa verde, miele di castagno. E i cosmetici a base di estratti di erbe, fiori e frutti, prodotti nel laboratorio di Manarola: questa, forse, è stata l’intuizione più feconda. A Campiglia, infine, si producono lo zafferano e la marmellata di fichi d’india.
E’ stato creato il marchio di qualità ambientale per le strutture ricettive, che da 40 sono diventate 310: uno strumento di certificazione volontaria basato sull’adeguamento ai parametri di sostenibilità ambientale, come la vendita di prodotti biologici.
Con le risorse provenienti dal turismo (la vendita della Card Cinque Terre) il Parco ha finanziato l’agricoltura, cioè la salvaguardia del territorio, che a sua volta ha sviluppato il turismo: ecco il “segreto” del successo. In questo modo si è creato lavoro: 200 persone impegnate nelle cooperative che gestiscono le attività del Parco, e tante altre occupate nelle piccole imprese, alberghi, ristoranti, bar ma anche aziende agricole. C’è poi un altro “segreto”: considerare “cliente finale” non solo l’ospite ma anche il cittadino-residente. Non a caso i residenti sono cresciuti: prima chiudevano le scuole, ora c’è un asilo nido per 36 bambini dai zero ai tre anni. E’ un risultato significativo, perché se le Cinque Terre diventassero località di sole seconde case, senza la presenza costante dell’uomo, scomparirebbero nel giro di pochi anni.
Ora la scommessa è far sì che i turisti del Parco, che si fermano mediamente 2-3 giorni, frequentino sempre più le terre confinanti: la città, la Val di Vara, la Riviera di Levante e l’intera Liguria. E’ interesse delle stesse Cinque Terre, che hanno bisogno di far parte di un sistema più ampio.
La lezione da trarre nel decennale, dice l’“ideatore” e Presidente del Parco Franco Bonanini, è quella dell’importanza dell’ambiente, dei prodotti tipici e dei piccoli territori: cose che dieci anni fa sembravano marginali. Invece sono l’orgoglio dell’Italia e uno dei motori principali di un nuovo modello di sviluppo.
Non è vero che dinanzi a progetti seri e concreti non si possa stimolare la passione dei giovani per la terra. Ecco un tema che la politica dovrebbe discutere nella campagna elettorale regionale, in una terra dove i rischi di dissesto idrogeologico sono enormi. Un altro tema è quello dello sviluppo turistico, che in Liguria impiega il 9% dell’occupazione e crea il 15% del valore aggiunto. Il successo delle Cinque Terre sollecita un riposizionamento del marchio “Liguria” all’interno del circuito turistico, basato sull’identità culturale e ambientale e su una tradizione di qualità, cioè su ciò che è irripetibile altrove.
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