Spezia e Africa un legame concreto
Il Secolo XIX – 15 novembre 2009 – Lunedì Spezia ha ospitato per la prima volta due sindaci africani: i nigerini Oumarou Cheffou, di Illela, e Harouna Arzika, di Badaguichiri, che hanno firmato con il vicesindaco una dichiarazione di intenti per il Patto di amicizia tra il nostro, i loro Comuni e quelli vicini di Taje e Bagaroua. Il partenariato nasce dall’esperienza di “Municipi senza frontiere”, il progetto formativo dell’Anci che sta fornendo un contributo originale al decentramento in Africa: i dipendenti dei Comuni italiani si recano nei nascenti Comuni africani per trasferire ai loro colleghi competenze ed esperienze. Il Comune di Spezia ha aderito al progetto, e un suo funzionario, Salvatore Calcagnini, ha svolto lo stage nei quattro Comuni del Niger.
Il Niger -hanno spiegato i due sindaci in un incontro pubblico- è uno dei Paesi più poveri del mondo: è al secondo posto nella graduatoria della mortalità infantile e al penultimo in quella dello sviluppo umano. Più di un bambino su 4 muore entro il quinto anno di età. Il 45% dei bambini va a scuola, ma meno di uno su 4 completa gli studi primari. Le scuole sono capanne di paglia, che hanno fino a 80 alunni per classe. Nei 4 Comuni c’è un solo medico e una sola ambulanza, la farmacia più vicina è a 300 km. I ¾ del Niger sono territorio desertico, meno del 20% delle terre è coltivabile. La popolazione povera, che vive con meno di un dollaro al giorno, è il 63%.
Il partenariato con i 4 Comuni potrà svilupparsi grazie al progetto, presentato in Regione per il finanziamento, di valorizzazione dal punto di vista agricolo di un invaso d’acqua della zona: è prevista la meccanizzazione dell’estrazione dell’acqua.
Alla base del dramma del Niger e di tanta parte dell’Africa c’è la scarsità delle risorse. Il grande squilibrio tra l’Africa e l’Occidente è il frutto del colonialismo e prima ancora della tratta degli schiavi, due fenomeni che hanno impoverito un continente che fino ad allora aveva conosciuto un suo sviluppo. Ma è vero anche che, dopo il colonialismo, le elite al potere spesso non sono state all’altezza, dilapidando e predando le ricchezze dei loro Stati.
Ci sono, però, anche tanti esempi positivi. L’ho capito durante il mio lavoro di questi anni. Ne ho avuto conferma, a Firenze, alla recente Conferenza delle Autorità regionali e locali africane ed europee, organizzata dalla Regione Toscana e dalle Nazioni Unite. Fa sperare il nuovo ruolo delle donne. Ed è incoraggiante la diffusione dei Comuni, che sono essenziali per far funzionare meglio lo Stato, sviluppare l’economia e i servizi, rendere più efficaci gli aiuti dell’Occidente. Aiuti che sono comunque insufficienti. La parte più ricca del mondo continua a firmare impegni per dimezzare la fame entro il 2015, ma finora si dimezzano solamente i fondi per la cooperazione, Italia in testa.
Non basta l’incessante fiume carsico della Missione, dei missionari che sono dovunque ci sia una persona che cerchi Dio, magari senza saperlo. Dobbiamo occuparci di più dell’Africa non solo per il dovere morale di lottare contro la povertà ma anche per gestire insieme un tema decisivo di interesse comune come l’immigrazione. Nel Niger ogni donna fa 8 figli. Un giorno piuttosto prossimo un essere umano su 5 sarà africano. Se non sapremo dargli giustizia ora, l’immigrazione non sarà governabile.
Come ci ha ricordato Roberto Saviano nell’emozionante serata televisiva di mercoledì l’Africa non è più solo un altrove, ma una realtà presente tra noi. L’Africa è già qui.
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