Spendere meglio per aiutare i deboli
Il Secolo XIX – 1° novembre 2009 – Nei mesi scorsi l’Istat ha diffuso le “stime di povertà relativa” riferite al 2007. La Liguria registra un forte aumento delle persone povere, la cui incidenza sul totale passa dal 6,1 del 2006 al 9,5 del 2007. Il peggioramento ligure è uno dei più gravi a livello nazionale. L’incidenza della povertà relativa in Liguria si avvicina ormai al valore nazionale che è dell’11,1% ed è nettamente superiore al valore medio delle regioni del Nord che è 5,5. Questi dati sono riferiti a una fase precedente alla grande crisi. Secondo una ricerca del Centro Studi Sintesi di Venezia i valori del 2008 sono molto peggiorati. Questi i dati per provincia: a Genova, Spezia e Savona 14 cittadini su 100 sono sotto la soglia di povertà.
A livello nazionale la povertà è una maledizione che riguarda soprattutto il Sud e le famiglie numerose. Nel Centro Nord, oltre le famiglie numerose, la povertà interessa sempre più gli anziani, ancor più quelli soli, il cui numero cresce: in Liguria sono uno su tre, e se si parla di donne la percentuale sale al 40%. Il caso ligure e spezzino si spiega dunque con la composizione demografica, cioè con l’alto numero di anziani, in coppia e, sempre più, soli. Il valore delle pensioni si è ridotto nel tempo: in Liguria il 67% dei trattamenti pensionistici è inferiore a 1000 euro al mese, le anziane sole hanno un reddito medio annuo poco superiore agli 8000 euro. Poi ci sono le condizioni di fragilità e di non autosufficienza, con il 15% della popolazione ligure che ha almeno una malattia cronica. Mentre i servizi sociali e sanitari, si pensi al Fondo nazionale per la non autosufficienza, sono oggetto di continui tagli.
La crisi colpisce anche molti lavoratori, licenziati o in mobilità o in cassa integrazione o con orario e retribuzione ridotti. Nella nostra provincia sono ben 2153 i lavoratori destinatari di ammortizzatori sociali, ma non sappiamo con esattezza quanti siano i lavoratori precari colpiti, privi di queste misure di protezione. Secondo studi della Cgil sono circa 2000 .
Come reagisce la città? Il Comune ha costruito un sistema di welfare che consente ai servizi sociali di assistere 3000 persone. C’è poi una rete solidale di enti e associazioni che fa un lavoro preziosissimo. Di recente, inoltre, il Comune ha varato due misure a sostegno dei lavoratori colpiti dalla crisi: la concessione di un contributo economico una tantum finalizzato al pagamento di un affitto o di un mutuo per la casa e l’esenzione dal pagamento della Tariffa di Igiene Ambientale.
Ma tutto questo non basta a rimediare ai guasti sociali del passato, aggravati dalla crisi. La gravità dei rischi che stiamo correndo impone una svolta nella politica economica nazionale: sgravi fiscali per salari e pensioni; riforma degli ammortizzatori sociali per sostenere i redditi di tutti i disoccupati, qualunque sia il loro contratto; ridisegno della spesa sociale, con maggiori risorse ai più poveri e ai non autosufficienti. E poi un “reddito di solidarietà attiva” per chi, dai 18 ai 65 anni, si trova a vivere in condizione di povertà: un reddito transitorio che accompagni la persona a cercare attivamente lavoro e a partecipare a corsi di formazione professionale. Insomma, qualcosa di più di una social card che ha raggiunto solo una piccola parte delle persone povere.
E le risorse? Si possono trovare con una spesa pubblica più efficiente e equa, con la ripresa della lotta all’evasione fiscale e con la tassazione dei redditi più elevati.
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