Presentazione di “Tra utopia e realismo. Appunti sul Sessantotto” – Sabato 8 Febbraio ore 16 a San Terenzo
27 Gennaio 2025 – 21:20

Presentazione di
“Tra utopia e realismo. Appunti sul Sessantotto”
Sabato 8 Febbraio ore 16
San Terenzo
Il libro “Tra utopia e realismo. Appunti sul Sessantotto” (ETS edizioni) sarà presentato sabato 8 febbraio alle ore 16 a San Terenzo nella …

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I morti di appalto e di precarietà e l’ambulanza al Muggiano

a cura di in data 4 Febbraio 2025 – 19:50

Intervento di Dino Grassi alla manifestazione per lo sciopero generale provinciale dell’11 marzo 1969 – La Spezia
archivio Dino Grassi

Città della Spezia, 14 aprile 2024

A ogni strage sul lavoro mi domando sempre se scriverne o meno. Si rischia di dire le solite cose. Ma questa volta scrivo, perché non sono mai stato così indignato. Prima Brandizzo, cinque operai travolti da un treno. Poi altri cinque lavoratori schiacciati su una trave a Firenze. Ora la sciagura nella centrale idroelettrica di Suviana, con sette vittime. Basta! In tutti e tre i casi i lavoratori sono “morti di appalto”. Figli di un sistema del lavoro costruito per comprimere i costi e guadagnare il più possibile: vale per le aziende committenti e poi, a cascata, per le ditte di appalto e subappalto. Alla fine, si dice, la colpa è sempre di “un errore umano”. La radice, invece, è sempre un’altra. Guardiamo Suviana: una diga ha bisogno di lavoratori che abbiano una conoscenza dei singoli impianti. Con il sistema degli appalti nelle aziende non ci sono più le professionalità, nessuno conosce più gli impianti. Ecco perché muoiono anche consulenti esterni di 73 anni.
I numeri sono strazianti, se pensiamo che indicano vite: nei primi due mesi del 2024 119 morti rispetto alle 100 del primo bimestre del 2023, alle 95 del 2022, alle 85 del 2021. Il 70% riguardano lavoratori di ditte di appalto.
La questione è chiarissima: bisogna dire no al subappalto a cascata e ottenere la parità di trattamento economico e normativo e l’unificazione dei contratti per i lavoratori delle aziende committenti e di quelle appaltatrici. Si dice che forse in un nuovo decreto queste cose ci saranno, aspettiamo la verifica sul campo. Dopo tanto dolore, sarebbe il minimo.
Anche perché c’è un altro nodo di fondo da affrontare: i lavoratori sono “morti di precarietà”. L’incidenza complessiva degli infortuni è stata del 3,28% per i contratti a tempo determinato contro il 2,08% per quelli a tempo indeterminato. I contratti a termine sono assai spesso di durata molto breve e il turn over è molto elevato: la prevenzione per forza di cose è molto minore. I contratti a termine vanno riportati alle loro condizioni fisiologiche, molto ristrette: se sono la normalità non ci sarà mai la sicurezza.
Le due condizioni – appalto e subappalto; precarietà – spesso convivono in una miscela esplosiva.

Manifestazione dei lavoratori del Cantiere Muggiano
La Spezia, 3 giugno 1965
archivio Dino Grassi

Mi rincuora il fatto che la CGIL abbia lanciato una campagna referendaria, con un messaggio chiaro: il lavoro, le persone e le loro vite devono tornare ad essere un bene pubblico.
Un referendum riguarda proprio la sicurezza negli appalti: chiede che ci sia la responsabilità del committente di tutto quello che avviene sul versante della salute e della sicurezza dei lavoratori, cioè che di quanto accade sul luogo di lavoro risponda anche l’azienda che quel servizio lo ha richiesto, e non solo l’impresa cui è stato affidato. Un secondo quesito è contro la liberalizzazione dei contratti a termine. Altri due quesiti riguardano il contrasto ai licenziamenti illegittimi: cancellare il Jobs Act e fare in modo che tutte le persone abbiano la tutela contro i licenziamenti illegittimi con il reintegro nel posto di lavoro.
Anche a Spezia bisogna ottenere fili di giustizia. Sono felice che il giro di presentazioni del libro di Dino Grassi “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” sia diventato occasione di una riflessione pubblica diffusa su come ridare dignità e libertà al lavoro. Ogni volta discutiamo anche della Fincantieri di ieri e di oggi, e di quanto si sia tornati indietro nei diritti, soprattutto per i lavoratori delle ditte di appalto.
Il simbolo è l’ambulanza che Dino e i suoi compagni conquistarono e che ora non c’è più. Non c’è più un’ambulanza fissa che possa entrare e uscire. Lo hanno denunciato nei giorni scorsi la FIOM e la CGIL: “In un cantiere che ogni giorno registra migliaia di lavoratori in entrata tra dipendenti diretti di Fincantieri, i lavoratori in trasferta sia del Cantiere Integrato sia dalla sede di Genova, il personale della MM e soprattutto le centinaia e centinaia di ditte di appalto con i loro dipendenti è naturale credere che sia importante che vi sia all’interno del cantiere un presidio medico completo, in grado sia di prestare il primo intervento che poi di portare il lavoratore infortunato oppure vittima di malore celermente in ospedale”.
Da molti anni il mondo del lavoro è stato abbandonato, come scrive Dino Grassi. Ma c’è ancora chi lotta. Altri li seguiranno. Qualche sera fa ero al Civico a sentire Roberto Vecchioni: sì, “questa maledetta notte dovrà pur finire”.

Le fotografie di oggi sono state pubblicate nella sezione Immagini del libro di Dino Grassi “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”

lucidellacitta2011@gmail.com

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