Fermare l’orrore con la forza della ragione
Crtitica sociale, 18 ottobre 2023
Nella lunga storia del conflitto israelo-palestinese questi sono forse i giorni più strazianti: la furia stragista di Hamas, la reazione devastante di Netanyahu. Anche in altri momenti la Terrasanta ha conosciuto violenze immani e disastri umanitari. Ma forse tutto, nell’epoca del bipolarismo, sembrava in qualche modo più circoscrivibile. Un’epoca irripetibile, di cui non avere nostalgia. Ma certamente l’unipolarismo attuale porta a un enorme disordine. La guerra in Israele e Palestina può saldarsi con altre guerre, in un mondo senza ordine, in cui lo scenario della bomba nucleare non è mai stato così vicino.
Hamas è mosso dalla logica della disperazione: ammazzare per farsi ammazzare. Non poteva non sapere come avrebbe reagito Israele. Il governo più di destra della sua storia lo ha fatto con una forza distruttiva senza precedenti. I palestinesi sfollati sono un milione, i morti 2800, di cui oltre mille bambini. Mentre scrivo mi raggiunge la notizia del bombardamento di un ospedale a Gaza, con oltre 500 vittime. La tragedia è troppo grande.
La comunità internazionale – il multipolarismo possibile – deve fermarla.
La tragedia è il frutto del fallimento del “processo di pace” iniziato a Oslo trent’anni fa. Va detta la verità: i governi israeliani hanno fatto di tutto per indebolire l’ANP, firmataria degli accordi di Oslo, e per rafforzare Hamas, con estremo cinismo. Perché questo era il modo per colonizzare sempre più la Cisgiordania e per far saltare la soluzione dei due Stati prevista dagli accordi. Leggiamo cosa ha detto Netanyahu nel 2019: “Chiunque voglia ostacolare l’istituzione di uno Stato palestinese deve sostenere il rafforzamento di Hamas e il trasferimento di denaro ad Hamas. Questo fa parte della nostra strategia”. In questa strategia – clamorosamente sbagliata – nella grande prigione palestinese Gaza è la sezione di massima sicurezza. Ma Gaza è scappata di mano: esercito e intelligence erano sempre più occupati in Cisgiordania a proteggere i coloni, e non si sono accorti di quel che Hamas stava preparando.
Bisogna prendere atto del fallimento e ripartire dalla questione di fondo: se non si riconosce lo Stato palestinese il popolo palestinese è un popolo disperato e senza una patria, e Israele non è sicuro; per dar vita a uno Stato palestinese Israele deve de-occupare e de-colonizzare. Bisogna affrontare le cause alla radice, altrimenti il regime coloniale andrà avanti e la Cisgiordania diventerà come Gaza, con il rischio di “incendiare il mondo”, come ha spiegato nel suo testamento, la novella “Il Terzo Tempio”, lo scrittore israeliano Abraham B. Yehoshua.
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU deve promuovere una conferenza internazionale di pace per fissare i confini dei due Stati. Le due parti, anche per la debolezza delle loro classi dirigenti, non ce la possono fare da sole. E’ la comunità internazionale che deve dare una nuova possibilità ai due popoli.
Serve una grande mobilitazione popolare per la pace. La guerra è sempre un orrore, i “buoni” non ci sono.
La filosofa americana Judith Butler, ebrea, ha detto, in queste ore, parole molto sagge:
“Dobbiamo chiederci perché la nostra indignazione è riservata ai civili israeliani. Io sono ebrea e quando gli ebrei vengono ammazzati il mio cuore si spezza. Quando sento che questo è stato il più grave attacco a qualsiasi gruppo di ebrei dalla seconda guerra mondiale sono sconvolta. Non si può dubitare del mio dolore. Ma se dovessi rimanere dentro la mia indignazione di ebrea senza vedere la devastazione che Gaza ha subito restringerei la mia visione e fallirei nella comprensione del quadro completo.
Se non vogliamo più assistere a una simile violenza dobbiamo chiederci cosa c’è bisogno di fare per eliminarla per sempre. La risposta non è lo sterminio degli abitanti di Gaza o la loro espulsione in Egitto, come pensano alcuni leader di Israele. La risposta è liberare i palestinesi dall’occupazione e trovare una forma di coabitazione politica che permetta alle persone, a tutte le persone, di vivere con uguaglianza, libertà e giustizia. Solo una soluzione di democrazia radicale può mettere fine alla violenza”.
Giorgio Pagano
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