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Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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“Una Resistenza tradita? Le speranze dei partigiani alla prova della realtà politica e sociale del dopoguerra”. Incontro con Paolo Pezzino, biblioteca Beghi, 19 aprile 2023 – Intervento di Patrizia Gallotti

a cura di in data 1 Ottobre 2023 – 20:22

“Una Resistenza tradita? Le speranze dei partigiani alla prova della realtà politica e sociale del dopoguerra”
Biblioteca Beghi, 19 aprile 2023
Incontro con Paolo Pezzino
Intervento di Patrizia Gallotti, Presidente ISR La Spezia-Fondazione ETS

Saluto tutti i presenti, ringrazio il prof. Paolo Pezzino, attuale Presidente dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri, di cui anche l’ISR spezzino fa parte, essendo nella rete nazionale degli ISR storici. Lo ringrazio per averci onorato con la sua partecipazione a questo interessante pomeriggio che va ad affrontare un tema, a mio avviso, ricco di spunti. Il Prof. Pezzino è stato ordinario di storia contemporanea all’Università di Pisa, autore di numerose pubblicazioni e consulente tecnico dell’allora Procura Militare della Spezia, all’epoca delle indagini sulle stragi compiute dai nazifascisti.

Il tema dell’iniziativa, promossa dall’Associazione Culturale Mediterraneo e dal Circolo Pertini, è sulla Resistenza tradita, o meglio sulle aspettative mancate del processo democratico nazionale.

Ma Resistenza tradita perché? Ci sono frasi che hanno circolato per diverso tempo «Perché la lotta partigiana non si sarebbe dovuta fermare con la sconfitta del nazifascismo». In buona sostanza, dopo la Liberazione – di cui oggi celebriamo l’anniversario numero 78 – «bisognava usare quelle armi per abbattere anche lo Stato borghese». Togliatti aveva sbagliato a chiedere ai partigiani di riconsegnarle, quelle armi, «perché no… perché la guerra non era affatto finita». Queste appunto le frasi spesso pronunciate…
E qualche partigiano, qualche sottolineo, s’era convinto che bisognasse proseguirla, quella guerra, cioè conservare le armi per imbracciarle all’occasione; e fu così, anche se la casistica dovrebbe essere ben più ampliata e approfondita, che parecchi anni dopo, alcuni fucili e alcune pistole passarono di mano, finendo in quelle di ragazzi decisi a riprenderla, la guerra. «Nuovi partigiani», ma ahimè, brigatisti.

Mi va invece di sottolineare che della Resistenza, delle sue pagine gloriose come di quelle meno limpide, fin da subito siano state elaborate frequentemente narrazioni distorte e si sia fatto un uso politico sfavorevole alla Resistenza stessa, teso a gettare fango o comunque a screditare e a dimenticare velocemente l’impegno e il sacrificio, le battaglie, le speranze e i progetti dei partigiani italiani, che erano molto diversi tra loro ma che, con una specie di piccolo miracolo laico, erano riusciti a darsi una visione unitaria e finalizzata ad un avvenire “più giusto e umano”.

La continuità con il passato fascista e la conservazione dello Stato pre-repubblicano, specie in taluni apparati fondamentali come quello giudiziario, le mediazioni al ribasso, la lentezza nell’attuare il dettato costituzionale, hanno infatti in alcune fasi, e nonostante momenti di forte propositività democratica e di lotta, prevalso sulle istanze di rinnovamento e di trasformazione di cui il movimento partigiano si era fatto portavoce e per le quali aveva coraggiosamente combattuto. E perché sia successo questo lo si può spiegare forse con le stesse parole pronunciate da Mussolini, che aveva detto: “Io non ho creato il fascismo, l’ho solo tratto dall’inconscio degli italiani”.

E qui – riflettono molti storici – il fascismo «in sonno, ma mai estirpato, giace nel ventre molle della gente… come può accadere ancora oggi in Italia, in «un Paese spesso senza memoria».

E tuttavia, nonostante questo tratto, per così dire ricorrente, gli stessi italiani hanno saputo, chi da subito, con funzione oppositiva e precorritrice, chi progressivamente nel tempo, chi specie di fronte alla guerra e ai suoi disastri, dire no al fascismo, dando vita a una sintesi tra vecchie e nuove generazioni antifasciste.

Ma, guardando anche ai fatti, dobbiamo riconoscere che
– il fascismo, nato come movimento nel 1919, diventato Partito nel 1921, salito al potere nel 1922 e divenuto regime nel 1925,
– il fascismo che, per oltre un ventennio ha caratterizzato, ed è inutile qui discettare se con totalitarismo o totalitarismo imperfetto, il nostro Paese
– il fascismo imploso nel 1943, resuscitato grazie ad Hitler, sconfitto dalla Resistenza, dalle sue armi e dalle sue idee nel 1945, in realtà ha continuato in modo carsico ad attraversare la storia e la vita del nostro Paese, costituendo un paradigma politico di cui forse non abbiamo ancora concluso di conoscere tutte le possibili nefaste declinazioni.
Insomma, la memoria collettiva del nostro Paese si presenta ancora oggi, su fasi fondative della nostra storia, lacerata e, soprattutto, non aderente al dettato della Costituzione, frutto della Resistenza e, fino a prova contraria, legge suprema dello Stato.

I partigiani avrebbero voluto un modello politico di democrazia progressista (o progressiva) e lo prefigurarono nella Costituzione. Non credo davvero (almeno dalle mie letture) che la gran parte dei partigiani volesse fare una rivoluzione eterodiretta o riprendere le armi.

Credo, invece, che volessero difendere la nostra, la loro storia… sostenerla tenacemente; infatti la Resistenza non significò solo lotta e combattimenti, ma innanzitutto responsabilità e scelta di unità, unità di tutti gli Italiani che la scelsero contro la tirannia, unità di tutte le forze sane per liberare la patria, intesa come luogo in cui si potesse convivere sulla base di valori ispirati a libertà e giustizia, per ricostruirla, per rinnovarla, per farla sorgere a nuova vita.

E il ruolo degli ISR, dei loro Archivi rappresenta un salutare e non retorico antidoto contro le narrazioni mistificanti per promuovere un atteggiamento consapevole verso una storia che non sia solo banale commemorazione o esercizio di erudizione ma che voglia soprattutto parlare al presente.

E la conoscenza del passato resistenziale ci appartiene e gli Archivi, strumenti di democrazia, dovranno sempre più interessare a tutti. E la nostra Carta costituzionale ha il diritto di essere ATTUATA, conosciuta, amata e vissuta e ha diritto di vedere che ciascuno si ispiri ai suoi valori e ai suoi principi. Richiamarsi ai principi di libertà, uguaglianza, pace e democrazia in essa sanciti è oggi perciò più che mai di grande attualità.

Questa l’eredità della Resistenza! Non certo tradita!

La parola al prof. Pezzino che ci farà un’attenta e profonda analisi storica sull’argomento.

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