Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” a Bagnone, Piazza Santa Maria, Giovedì 27 luglio ore 21.15
Presentazione di
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello,
Giovedì 27 luglio ore 21.15 a Bagnone
Piazza Santa Maria
Entrambi i Volumi del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” verranno presentati a Bagnone, in piazza Santa Maria, giovedì 27 luglio alle ore 21,15. Luigi Leonardi, assessore alla cultura del Comune di Bagnone, dialogherà con Giorgio Pagano. L’iniziativa è organizzata dal Comune di Bagnone
I due Volumi hanno per titolo “Dai moti del 1960 al Maggio 1968” e “Dalla Primavera di Praga all’Autunno Caldo”.
L’opera si caratterizza come un libro di microstoria che consente di comprendere, attraverso il “prisma spezzino”, il Sessantotto nazionale e internazionale.
Nella Prefazione lo storico Paolo Pezzino ha scritto:
“L’opera si segnala per l’utilizzazione di 330 testimonianze di donne e uomini che hanno vissuto le vicende degli anni Sessanta in provincia della Spezia (più quelle dei due autori). Le testimonianze non sono riportate nella loro integralità, ma inserite con frammenti all’interno della narrazione storica. Questa scelta consente di adottare uno stile di racconto coinvolgente e vivace, che fa sì parlare i testimoni, ma dà rilevanza e significato ai loro racconti all’interno di un contesto narrativo.
Altra caratteristica dell’opera è lo spettro veramente impressionante degli argomenti trattati: non ci si limita infatti agli aspetti più evidenti delle lotte sindacali degli operai, del movimento degli studenti, dei rapidi mutamenti del mondo politico, ma si prendono in considerazione anche l’evoluzione del costume, della cultura artistica e musicale, dei quadri ideologici, delle pratiche religiose.
I due volumi sono poi corredati da importanti apparati: una cronologia internazionale e nazionale, oltre che locale, appendici documentarie, le schede biografiche dei testimoni, e le fotografie, che fanno parte a pieno titolo dell’interpretazione e della narrazione storiografica.
In conclusione un’opera monumentale che restituisce alla Spezia, importante città industriale, il ruolo di primo piano che le spetta nel quadro dei sovvertimenti politico-sociali ed economici degli anni Sessanta”.
Successo di partecipazione anche a Bagnone per il libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”, presentato nella bella cornice di piazza Santa Maria. Nell’incontro Luigi Leonardi, assessore alla cultura del Comune di Bagnone, e Giorgio Pagano hanno dialogato sui temi principali del decennio, utilizzando come filo conduttore la musica. “Le canzoni, come del resto il cinema – ha esordito Pagano – sono fonti essenziali per comprendere e interpretare un’epoca storica. Tanto più negli anni Sessanta, nei quali la musica ebbe un ruolo decisivo nella formazione dei giovani: al diffuso bisogno di ideali che dessero un senso alla vita rispose in primo luogo la musica”. Leonardi ha messo in rilievo il ruolo di “Dio è morto” – canzone di Francesco Guccini interpretata dai Nomadi, un verso della quale dà il titolo al libro – che, come dice nell’intervista a Pagano il fondatore dei Nomadi Beppe Carletti, “era un manifesto programmatico” di un’intera generazione. Nel libro viene intervistato anche Francesco Guccini, che su “Dio è morto” dice: “L’aggiunta finale della speranza non mi venne dalla volontà di trasmettere il canonico happy end, ma dal fatto che all’epoca la speranza covava veramente”.
Leonardi e Pagano hanno discusso anche del processo di emancipazione che vide protagoniste le giovani donne. Ha detto Pagano: “La lotta antiautoritaria fu condotta anche in famiglia e sui temi del costume: il Sessantotto fu cioè l’esplosione di tensioni incomprese o represse in diverse sfere della vita. Protagoniste furono le giovani donne: all’insegna, in questa fase, più dell’emancipazione e della parità che della liberazione e della differenza. Il femminismo non c’era ancora, venne dopo. E tuttavia anche queste caratteristiche segnavano, per l’ampiezza delle ragazze coinvolte, qualcosa di veramente nuovo. Nel libro ci sono la lotta contro gli orribili grembiuli verdi o neri, e contro il tailleur, per poter portare la gonna corta o i pantaloni… Ma anche la lotta contro il dispotismo di tante famiglie, e le fughe da casa per poter sposare il ragazzo amato inviso alla famiglia o per poter praticare esperienze politiche osteggiate”. Le canzoni danno, anche in questo caso, il senso della complessità del processo. Nel 1964 Gigliola Cinquetti trionfò a Sanremo con “Non ho l’età”: nel testo “c’era tutto il sapore dell’Italia moralista del dopoguerra, che costringeva le donne in un determinato ruolo all’interno della coppia, del sentimento, della relazione, impedendo loro di esprimersi in libertà anche nell’amore”. Ma già nel 1965 Patty Pravo cantava “Ragazzo triste”: “con la sua spregiudicatezza, le sue scelte anticonvenzionali, le sue gonne corte e la sua voce graffiante, Patty Pravo divenne il simbolo dell’emancipazione ma anche dell’inquietudine femminile”.
Le canzoni, hanno aggiunto Leonardi e Pagano, aiutano a capire il tema del rapporto pacifismo-violenza. “Si può dire che in una prima fase prevale il pacifismo – espresso dalle canzoni di Joan Baez e, in Italia, da ‘Proposta’ dei Giganti – e che poi per tutta una fase successiva pacifismo e violenza convivono, e che ci si illude che l’illegalità possa essere soltanto simbolica. Poi, progressivamente, la violenza sostituisce il pacifismo. Nel 1969, a Woodstock, la violenza non c’è. Ma nel 1971 Pino Masi, il ‘cantautore di Lotta Continua’, scrive la canzone ‘L’ora del fucile’, trasformando la canzone pacifista ‘Eve of destruction’ di Barry Mc Guire (1965) in un appello alla rivolta armata”.
“Il libro comincia con una canzone e finisce con una canzone”, ha concluso Pagano: “E’ una ballata popolare di Lucio Dalla. Scritta nel 1978 e pubblicata nel 1979, ‘L’anno che verrà’ concludeva idealmente gli anni Settanta, raccontando la violenza e la fine dei sogni collettivi. Ma anche il grande bisogno di poter ‘continuare a sperare’. Il libro si conclude com’era iniziato, all’insegna della speranza. E della voglia di fare”.
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