Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
14 Novembre 2024 – 21:22

Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
Massa, Palazzo Ducale – Sala della Resistenza
Il libro di Dino Grassi “Io …

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Le origini del fascismo e dell’antifascismo a Lerici – Terza parte

a cura di in data 22 Giugno 2023 – 20:56

Lapide a ricordo di Paolo Raspolini Fioravanti
(foto Giorgio Pagano)

Lerici In 1° febbraio 2023

L’assassinio di Lubrano alla Pertusola e il massacro che seguì

Dopo la marcia su Roma (28 ottobre 1922) Benito Mussolini ordinò la smobilitazione delle squadre fasciste. In realtà le aggressioni proseguirono a lungo. La doppia strategia – condanna in pubblico e appoggio in privato – rafforzò il consenso del fascismo. A poco a poco il territorio fu conquistato, fino alla fascistizzazione del Paese.

Fu così anche a Lerici, nonostante isolati episodi di resistenza.

Nell’articolo “Angelo Bacigalupi, intelligenza e passione di un socialista massimalista” (“Lerici In”, aprile-maggio-giugno 2022) ho raccontato le aggressioni fasciste alla Serra in tutto il 1922. Nel borgo le tensioni non si sopirono mai. Il 9 dicembre 1922 “Il Popolo” scrisse: “A Serra di Lerici in seguito a un diverbio il fascista Bertella Federico d’anni 16 veniva ferito al basso ventre per una coltellata infertagli da Zanelli Luigi d’anni 25 noto sovversivo. Lo Zanelli è latitante”[1].

Anche a San Terenzo, dove il fascismo – ne ho scritto il mese scorso – era particolarmente violento, ci furono reazioni. Il 4 gennaio 1923 “Il Secolo XIX” scrisse di colpi di rivoltella andati a vuoto contro il tenente Giuseppe Paci, che comandava i fascisti di San Terenzo, l’ing. Giuseppe Ulivi alle tre Strade e l’albergo Miramar, sede del comando fascista[2]. Paci lasciò San Terenzo il 20 gennaio per gli studi universitari a Genova[3]. Probabilmente fu per questo motivo che, nell’articolo de “L’Opinione” del 1926 che ho citato il mese scorso, non era indicato tra i “fondatori” del fascismo santerenzino.

Domenica 14 gennaio a Pugliola fu inaugurata la Fiamma del Fascio, intitolata al “Tenente De Luise”, eroe di guerra. Sul palco c’erano tutte le autorità, dal Comandante in Capo della Marina al Sindaco di Lerici Ernesto Giacopello, con tutto il Consiglio Comunale. Non poteva mancare “il deputato provinciale ing. Cav. Gio Batta Bibolini, venuto appositamente da Firenze”. C’erano le squadre fasciste di Lerici, San Terenzo, Pugliola, Serra e “il Fascio Femminile di Lerici col gagliardetto portato dalla graziosissima alfiere Alma Bausani”, ma anche “Società Operaia Lerici, Società Marittima Lerici, Società Mutuo Soccorso Serra, Mutuo Cooperativa Pugliola, Società Unione Operaia del Golfo Lerici, Loggia Figli di G. Mazzini San Terenzo, Fascio Marittimo San Terenzo, P. A. Pugliola […], P. A. Serra, Circolo di Lettura Paolo Mantegazza San Terenzo, Unione Sportiva Lericina e altre associazioni”[4]. Il nuovo potere si stava radicando.

La furia esplose nella notte tra il 21 e il 22 gennaio.  Il settimanale “Il Popolo” ne scrisse il 27:

“Domenica notte il fascista Lubrano Giovanni, comandante della squadra di Spezia ‘La Martoriata’ si trovava in servizio, quale guardiano, allo stabilimento di Pertusola. Per ragioni di servizio egli aveva avuto a richiamare tal Giulio Poggi, un iscritto, sembra, del Fascio di San Terenzo. Ma nulla sembrava potesse far sospettare per questo una tragedia. Poco dopo la mezzanotte invece quattro individui camuffati e irriconoscibili si presentarono all’assistente della Fonderia, Tarquinio Garbascio, chiedendo con minacce ove fosse il Lubrano”. Incontrato il Lubrano gli aggressori, dopo aver mostrato la tessera fascista, “gli chiesero ragione dell’aver redarguito il Poggi Giulio, al che il Lubrano rispose che lo aveva fatto perché lo meritava”. I quattro disarmarono lo squadrista e lo uccisero con colpi di rivoltella e una pugnalata al cuore. Appresa la notizia “i fascisti si sollevarono in armi […] e si posero senz’altro a ricercare gli individui sospetti conducendoli parte al Fascio per infligger loro punizioni e parte investendo e colpendo per strada. Tutta la serata e la nottata passò così in una continua ricerca e in una rappresaglia”[5].

Fioravanti Paolo Raspolini, detto Dante
(riproduzione della fotografia sulla tomba nel cimitero di Cerri, foto Alberto Incoronato)

Anche il filofascista “Tirreno”, il 22 gennaio, scrisse che Lubrano aveva avuto “nei giorni precedenti delle discussioni animate per ragioni che non si conoscono” con Giulio Poggi, “che sembra sia iscritto al Fascio”[6]. Ma già il giorno dopo sposò la tesi dei “comunisti pericolosi” che “si sono serviti dell’ingresso al Fascio lericino per compiere gesta criminose”[7]. Riguardo ai quotidiani nazionali, il 23 gennaio “La Stampa” titolò “Fascista sorpreso e ucciso alla Spezia. Il delitto dovuto a correligionari?”. L’”Avanti!” il 24 scrisse di “autori fascisti”[8], e lo ribadì il giorno dopo:

“Un fascista è stato ucciso vigliaccamente da altri 4 fascisti. Ma i fascisti spezzini hanno voluto scoprire che quei 4 fascisti erano 4 comunisti. Sono invece traditori del sovversivismo, dei delatori, i nemici più acerrimi”[9].

Nel prossimo articolo vedremo come, negli anni Trenta, anche le autorità del regime non riuscirono mai a dimostrare che gli assassini di Lubrano fossero degli antifascisti.

Ma quel che più importa è il massacro che si scatenò la notte del 21 gennaio e nei giorni successivi. Nel luglio 1924, dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, l’”Avanti!” pubblicò un’inchiesta in più puntate sui fatti spezzini. Il primo articolo cominciava così:

“Può darsi che altre città italiane siano state percosse da terrore pari a quello di Spezia, crediamo però che nessuna l’abbia superata. […] Occorreva […] piegare quella che era una delle città più rosse d’Italia: occorreva il terrore. E la reazione inferocì brutale, violenta”[10]. Centinaia i feriti, 19 i morti. Tra loro Fioravanti Paolo Raspolini detto Dante, del Guercio, zio di Stefano Gabriele Paita – la vittima dei fatti della Serra – e Giovanni Bacigalupi, di Muggiano. Racconterò la loro storia, e quella degli antifascisti lericini, nei prossimi due articoli.

Giorgio Pagano

[1] “Tra comunisti e fascisti”, “Il Popolo”, 9 dicembre 1922.
[2] “Altri attentati contro i fascisti”, “Il Secolo XIX”, 4 gennaio 1923.
[3] “Il comando fascista lascia San Terenzo”, “Il Tirreno”, 25 gennaio 1923.
[4] “Imponenti cerimonie patriottiche a Pugliola”, “Il Tirreno”, 17 gennaio 1923.
[5] “L’assassinio del fascista Lubrano”, “Il Popolo”, 27 gennaio 1923.
[6] “Il comandante della ‘Martoriata’ barbaramente assassinato a Pertusola”, “Il Tirreno”, 22 gennaio 1923.
[7] “Punti oscuri nell’assassinio del fascista Giovanni Lubrano”, “Il Tirreno”, 23 gennaio 1923.
[8] “Tre morti, due moribondi, parecchi feriti”, “Avanti”, 24 gennaio 1923.
[9]  “Scene di terrore ed episodi di furia sanguinosa a Spezia”, “Avanti!”,25 gennaio 1923.
[10] Pietro Marsicano, “I sanguinosi fatti a Spezia”, “Avanti!”, 11 luglio 1924.

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