Festa della Marineria nostalgia di futuro
Il Secolo XIX – 7 giugno 2009 – Ho partecipato ad alcuni appuntamenti di presentazione della Festa della Marineria, il grande mosaico di eventi che sta per prendere il via nella nostra città. Ho visto, nella Baracca Faggioni a Cadimare, il bel video “Maestri d’ascia, Poeti del Golfo”, dedicato alle figure dell’antica cantieristica spezzina, che farà parte della scenografia del cantiere a cielo aperto che sorgerà in Viale Mazzini. Un tuffo in un passato di grande intelligenza e capacità manuale, e di solidarietà: durante l’epidemia di colera del 1884 tra i primi ad aiutare le vittime ci fu la Società tra operai, carpentieri e calafati della Spezia. Ma anche uno sguardo rivolto a un futuro che continua a vedere nel mare la risorsa principale di sviluppo.
Il Festival è un bellissimo omaggio a quel senso di comunità che si ritrova e si rinnova nelle nostre radici marinare. Sarà quindi un’occasione di riflessione sulla città, a 140 anni dall’apertura dell’Arsenale: “a mezzodì del 28 agosto 1869 -si legge in uno scritto per il centenario- veniva aperto il varco delle acque… al rompersi della diga scoppiò un applauso generale frenetico… l’Arsenale era aperto”. Dopo l’industria militare fu la volta di quella civile: il primo cantiere per piccole imbarcazioni sulla spiaggia del Muggiano fu costruito nel 1883. Toccò poi al porto mercantile, ubicato alle radici dell’attuale molo Garibaldi, a levante: il suo nucleo fondamentale fu costruito tra il 1890 e il 1900. La struttura della città moderna -militare, industriale, portuale- fu creata in questi pochi decenni: il destino della città si compì allora. La crescita successiva, fino all’espansione della città contemporanea nel dopoguerra, avvenne nel solco di quella visione dello sviluppo.
Questo modello economico entrò in crisi tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 del secolo scorso: declino dell’industria manifatturiera e militare, disoccupazione, conflitto tra porto e città. In quegli anni, colpita al cuore, Spezia non si rassegnò, riprese nelle mani il proprio destino e, attraverso un forte processo partecipativo, scelse la strada di un’economia plurale: riconversione e innovazione tecnologica dell’industria, compatibilità tra porto e città, Università e ricerca legate al mare, nascita dell’economia della nautica, “riscoperta” del turismo e del rapporto con un mare che è anche da “vivere”, due dimensioni che si erano perdute negli anni della monocultura industriale. La nuova visione della città trovò negli strumenti di pianificazione, strategica ed urbanistica, un momento fondamentale, paragonabile alla grande trasformazione della seconda metà dell’Ottocento. E’ questa la cornice nella quale ci stiamo muovendo oggi, anche se con difficoltà attuative: il waterfront di Calata Paita, la compatibilità tra porto e quartieri e la darsena a levante e la riconversione turistica di Cadimare a ponente.
Ora il ridisegno del rapporto tra mare e città ha davanti una nuova, grande sfida: il rilancio di un Arsenale sempre più impoverito e il recupero di aree e strutture non più strategiche per la difesa. L’intesa tra Governo e Comune firmata il 15 maggio, che riguarda il passaggio al Comune di molti beni fuori dalla cinta dell’Arsenale, va nella direzione giusta. Ora si apre la fase attuativa: gli accordi di programma dovranno essere sottoscritti entro un anno. Così come si dovrà finalmente discutere anche dell’Arsenale, e del recupero delle aree di Marola. Le aspettative della città non possono essere deluse.
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