Dobbiamo migliorare la centrale dell’Enel
Il Secolo XIX – 31 maggio 2009 – Alcuni lettori mi hanno scritto dopo l’articolo sulle energie rinnovabili, domandando se la presenza dell’Enel in città non “faccia a pugni” con la green economy.
La mia opinione l’ho scritta su questa rubrica il 22 giugno 2008. Dichiaravo il mio accordo sulla proposta del programma elettorale del sindaco: la dismissione della centrale e la riconversione dell’area per produzioni “pulite”.
Nel frattempo, con la piattaforma di Regione e Comune del dicembre 2008, c’è stato un “cambio di linea”: l’obbiettivo è diventare “un polo di eccellenza nazionale sui temi dell’energia”. Il che comporta la permanenza della centrale: occorre, si scrive, “rideterminare i rapporti tra Enel e città, ricontrattando le modalità di una presenza che deve interagire positivamente con il territorio”.
Queste le proposte: prosecuzione del processo di ambientalizzazione della centrale iniziato nel 1997, con un maggiore utilizzo del metano rispetto al carbone; teleriscaldamento: recupero dell’ acqua calda della centrale per fornire energia agli edifici limitrofi; creazione di un centro di ricerca sulle energie rinnovabili.
Ho compreso le motivazioni del “cambio”, espresse dal sindaco in Della Spezia: “è arrivato il momento di dire a Enel che Spezia non si vergogna di ciò che è, che è stata, che ha fatto per sé e per il Paese, che pretende il rispetto di una dignità: non astrattamente, nell’eterna e vana attesa di un bene collettivo, ma guardando alle più concrete risposte alle sue presenti necessità”. Insomma: siamo una città industriale, non progettiamo scenari irrealizzabili ma battiamoci per migliorare la centrale e per contropartite qui ed ora.
E’ una posizione che capisco e rispetto. Ma anch’essa prospetta uno scenario che rischia “un’eterna e vana attesa”. Innanzitutto sul punto dell’ambientalizzazione. Il carbone è la fonte di energia che più inquina e più incide sui cambiamenti climatici: un impianto a carbone determina emissioni di anidride carbonica (CO2) doppie rispetto a quelle di una centrale a gas a ciclo combinato. La nostra centrale è di 1200 MW, 600 a carbone, 600 a ciclo combinato. Il maggior uso del metano si scontra con una tendenza molto forte. Nei giorni scorsi il Governo ha imposto con la fiducia un decreto in cui si prevede che per la riconversione a carbone di centrali elettriche si possano ignorare le normative regionali: è uno dei tanti segni che in Italia si vuole continuare a puntare sul carbone, perché costa meno del gas.
Tutto il contrario del governo inglese, che ha deciso lo stop al carbone in attesa che si concretizzi lo sforzo di ricerca per sequestrare nel sottosuolo l’anidride carbonica emessa. E’ un punto su cui Enel dovrà impegnarsi anche a Spezia.
In attesa che le sperimentazioni di questa tecnologia promettente facciano passi avanti e garantiscano emissioni zero di C02 entro una data ragionevole, ciò che si può e si deve fare subito è imporre a ogni centrale a carbone di garantire una riduzione di emissioni di CO2 dal 20 al 30% entro il 2020, coerentemente con il Piano dell’Unione europea.
Questo dovrebbe essere il punto principale del nuovo patto tra Enel e città, perché sia coerente con il protocollo di Kyoto e con la scelta della green economy.
E’ un obbiettivo non facile, raggiungibile solo se la città ci crederà e sosterrà gli amministratori. A tal fine serve coinvolgere cittadini e associazioni in una discussione “strategica” che li metta in condizione di dare il loro insostituibile contributo.
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