La prima volta di Gramsci in Liguria al teatro Chiabrera, nella rossa Savona
Il Secolo XIX nazionale, 20 marzo 2021 – Antonio Gramsci venne per la prima volta in Liguria cento anni fa, il 20 marzo 1921, in occasione del I° Congresso della Federazione regionale ligure del Partito Comunista d’Italia: a Savona, nella sala del Casino di lettura del Teatro Chiabrera. Fu un evento indimenticabile: i 60 delegati rappresentanti dei 1800 iscritti delle 52 sezioni del partito furono esaltati dall’eleganza del Teatro, con la bandiera rossa che sventolava dalle grandi vetrate del primo piano, e dall’impressione che Savona trasmetteva. Era una delle città più rosse d’Italia, quella che forse più di tutte era stata influenzata dal movimento torinese dell’Ordine Nuovo durante l’occupazione delle fabbriche, nel 1920. Nelle votazioni precedenti il Congresso di Livorno (21 gennaio 1921) la frazione comunista aveva riportato a Savona la maggioranza assoluta dei voti. Comunisti erano il Sindaco Mario Accomasso, operaio metallurgico, e la maggioranza dei dirigenti della Camera del Lavoro. Così Roberto Badarello ha raccontato l’accoglienza affettuosa a Gramsci, la sera precedente: “Antonio Gramsci, stanco del lungo viaggio, scese dal treno guardandosi attorno nella ricerca di qualcuno che fosse lì ad aspettarlo; gli si avvicinò Alberto Mussio, il quale, pur non avendolo mai visto, ma reso edotto dal suo stato fisico, gli disse sicuro: ‘Tu sei Gramsci’. E Antonio Gramsci gli rispose stupito: ‘Si, sono Gramsci. come hai fatto a riconoscermi?’ Egli fu ospite quella notte di Mario Accomasso”.
Gramsci tenne il discorso di apertura, riassunto poi da “Bandiera rossa”, giornale savonese organo dei comunisti liguri, in un articolo del 26 marzo. Gramsci motivò la scissione di Livorno criticando aspramente il PSI, che non aveva compreso il significato storico della fondazione della Terza Internazionale e della sua lotta contro l’imperialismo e la socialdemocrazia e che, proprio per questo, non era stato in grado di garantire la direzione rivoluzionaria del moto operaio del 1920. Questa la conclusione, tra scroscianti applausi:
“L’Italia è la patria di Maramaldo: in Italia dovremo fare i conti con i tradimenti più spudorati (…). Il Partito Comunista deve essere un organismo di tipo militare, e i suoi militanti devono raggiungere le più alte cime dello spirito di sacrificio per essere in grado di risollevare coloro che tanto in basso sono caduti. Il dovere dei comunisti liguri è ancora più grave: a Genova abbiamo avuto, prima che altrove, lo sviluppo delle tendenze controrivoluzionarie e piccolo borghesi della democrazia sociale, la quale crede di emancipare il popolo lavoratore creando delle aristocrazie operaie”.
A Genova, infatti, il riformismo era stato e era ancora molto forte -con l’eccezione di Sestri Ponente- rispetto a Savona ma anche alla Spezia.
Il problema più dibattuto fu quello della tattica dei comunisti in campo sindacale: Gramsci intervenne nel dibattito per sostenere la tesi di un lavoro organizzato all’interno delle Camere del Lavoro per strapparne la direzione ai riformisti. In un altro intervento Gramsci sottolineò il dovere degli intellettuali di collaborare alla stampa di partito: era una risposta al problema di un quadro dirigente entusiasta ma di scarsa preparazione. Così come lo era la costituzione dei Consigli di Fabbrica, considerati anche come strumento di educazione degli operai.
Tra gli argomenti discussi ci fu poi quello della sede del partito regionale: per i savonesi doveva essere Savona. Una parte dei genovesi era contraria, ma fu sconfitta ai voti. Segretario regionale fu nominato, non a caso, l’avvocato savonese Arturo Cappa.
Il fascismo prese il potere nel 1922. Già nel 1924 Gramsci scrisse: “Fummo, senza volerlo, un aspetto della dissoluzione generale della società italiana”. Nessuno, a sinistra, interpretò e diede una prospettiva politica all’immane tragedia sociale. Ma va riconosciuto che quel piccolo partito, settario e militarizzato, fu la forza più attiva contro la dittatura. Molti tra i militanti presenti a Savona si batterono con “spirito di sacrificio” per “far succedere la battaglia del Piave alla rotta di Caporetto”. Gramsci ne è l’emblema.
Giorgio Pagano
già Sindaco della Spezia, Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo
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