Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Arte e devozione nella “terra di Varese”

a cura di in data 23 Agosto 2020 – 21:32

Varese Ligure, Oratorio dei Santi Antonio e Rocco, lo stucco con lo stemma della Repubblica di Genova
(2020) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 16 agosto 2020 – Nel 1558 il canonico Antonio Cesena decise di scrivere la storia di Varese Ligure. La “Relatione dell’origine et successi della terra di Varese descritta dal r.p Antonio Cesena l’anno 1558” è un racconto affascinante, che elabora, come scrive don Sandro Lagomarsini nell’introduzione all’edizione del 1993, “un complesso ‘mito’ di fondazione, efficace sia a livello intellettuale che a livello emotivo”. Il manoscritto circolò in tutte le famiglie locali in numerosissime copie e contribuì a creare una coscienza comunitaria molto elevata.
In effetti la “terra di Varese” era in quel periodo -e lo fu per tutto il Seicento e il Settecento- un importante nodo commerciale e produttivo tra la costa -il Chiavarese e Sestri Levante -e la Pianura Padana, ricco non solo economicamente ma anche dal punto di vista religioso, culturale e civile. La classe dirigente si adoperava infatti per apportarvi patrimoni di arte e di cultura, sia nelle Chiese che nei palazzi privati, i cui interni erano magnifici come quelli del centro storico genovese.
Ma soffermiamoci sugli edifici religiosi, tutti oggetto di una gara di emulazione nell’arte devozionale, che si rivolgeva al meglio degli artisti genovesi e liguri.

Nel 1451 nacque la Confraternita dei Santi Antonio e Rocco, con il relativo Oratorio. Espressione del mondo laico, ma con profondi sentimenti religiosi, la Confraternita svolse importanti compiti sociali e assistenziali, per i varesini come per i pellegrini che transitavano dal Passo delle Cento Croci. L’Oratorio è di grande bellezza. A unica navata, come tutti gli Oratori, mostra al suo interno un insieme armonioso, con dodici tele (pregevole la serie degli Apostoli che si alternano con finestre vetrate). A dimostrazione del legame di Varese Ligure con Genova, lo stucco della parete di fondo ha lo stemma della Repubblica genovese (si veda la foto in alto).
Accanto all’Oratorio c’era -e c’è- la Chiesa Parrocchiale, dedicata a San Giovanni Battista, che fu ricostruita nel XVII secolo. Anch’essa è ricchissima. Vi spiccano due opere di maestri genovesi: l’”Estasi di San Francesco” di Giovanni Andrea De Ferrari e “Liberazione di San Pietro” di Gregorio De Ferrari. Nel 1551 vi giunse la quattrocentesca “Madonna col bambino”, proveniente da Londra (si veda la foto in basso): nel pieno dello scisma anglicano, un varesino, Giulio Cristiani, fuggì dall’Inghilterra portando con sé -e salvando- questa preziosa scultura gotica in alabastro.

Varese Ligure, Chiesa di San Giovanni Battista, Madonna col bambino, scultura gotica inglese
(2020) (foto Giorgio Pagano)

Il terzo scrigno di Varese Ligure è il Monastero delle Monache Agostiniane, che nacque nel 1654, con accanto la relativa Chiesa, intitolata a San Filippo Neri. Le monache vivevano del loro lavoro: pulivano e rammendavano abiti, vendevano i prodotti dell’orto, i funghi secchi e le “sciuette”, dolci di pasta mandorla. Il Monastero è stato purtroppo chiuso qualche anno fa, ma resta la bellezza della Chiesa, dove emerge l’”Apparizione della Vergine a San Francesco Saverio” di Gregorio De Ferrari, una delle opere più alte del barocco italiano.
Piero Donati, a cui molto si deve per la riscoperta e il restauro di quest’opera, ha scritto, a proposito di questo dipinto e dell’altro, già citato, di Gregorio:
“Si tratta di dipinti impostati con grande libertà, prescindendo quasi del tutto dalle tradizionali consuetudini raffigurative di stampo naturalistico”.

Sono davvero due bellissime tele, il cui arrivo si inserì in un contesto artistico di prim’ordine, derivante da quella posizione di spicco di Varese nella Vallata e nella rete di scambi tra costa ed entroterra emiliano e lombardo di cui abbiamo parlato.

La “terra di Varese”, ricca di grandi bellezze naturali, celebre per il Castello dei Fieschi, l’architettura del Borgo Rotondo e il ponte di Grecino, non è meno ricca nel campo dei manufatti artistici. Anche dal turismo culturale e religioso passa una parte del suo possibile futuro. Bisogna liberare il potenziale di Varese Ligure, e più in generale delle Terre Alte e di tutti i territori oggi in via di abbandono. Sono tante le Italie da riabitare, invertendo la tendenza che ha messo i grandi agglomerati al centro e marginalizzato tutto il resto. Occorre riabitare i territori marginalizzati, per riabitare l’Italia intera.

Giorgio Pagano

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