L’onda verde dei giovani
Città della Spezia, 29 settembre 2019 – L’onda verde dei giovani ha lasciato veramente il segno. 180 cortei colorati e festosi in tutta Italia, un milione di manifestanti, oltre 2 mila a Spezia. La protesta ha coinvolto 27 Paesi del mondo, i numeri sono incalcolabili.
E’ un nuovo Sessantotto se non altro per questo: la protesta è giovanile, è globale, ha slogan unificanti, è assai poco compresa dagli adulti. Parte dall’Occidente e arriva in tutto il mondo, come la rivolta di cinquant’anni fa. Anche in Africa: nel continente che storicamente meno ha contribuito alle emissioni di gas serra, ma è e sarà tra le regioni del mondo più vulnerabili al riscaldamento del clima, hanno marciato le ragazze e i ragazzi dell’Uganda, della Nigeria, del Senegal, del Ghana…
Questo “internazionalismo”, contro il “sovranismo” imperante, è il fatto più nuovo, ma anche quello che più rimanda al Sessantotto come fenomeno mondiale.
Certo, poi tutto è diverso: l’icona non è Ernesto Che Guevara, ma Greta Thunberg, il colore dominante non è il rosso ma il verde, la lotta non è per cambiare il sistema ma per salvare il Pianeta. Eppure un legame c’è: perché si può salvare il Pianeta soltanto cambiando il sistema, il modello di sviluppo dell’economia. I giovani sanno che occorrono i cambiamenti personali, dei propri stili di vita e di consumo. Ma che non bastano se non sono accompagnati da una svolta radicale, politica ed economica.
Si ricomincia, in Italia, a discutere di riforma della Costituzione. Ma la vera riforma sarebbe introdurre nella Carta la protezione della natura e la difesa dell’ambiente, il dovere inderogabile della solidarietà verso chi verrà dopo di noi.
Ecco cos’è la “svolta radicale”.
Significa che per vincere la sfida del clima servono azioni coordinate e concordate a livello internazionale, che bisogna mantenere la rotta tracciata con l’Accordo di Parigi.
Significa anche che serve aumentare ambizioni e azioni dei singoli Stati. Che in Italia bisogna cambiare il Piano energia e clima dei precedenti Governi. Che bisogna introdurre una fiscalità ambientale che faccia valere il principio del “chi inquina paga” e sia attenta alla giustizia sociale. Lo spiega bene Rossella Muroni, già Presidente di Legambiente:
Non nuove tasse, ma un sistema nuovo in cui rivedere al rialzo i ridicoli canoni che in Italia si pagano per sfruttare beni comuni come acqua, spiagge, cave, autostrade, e in cui premiare prodotti e servizi attenti all’ambiente. Così otterremmo risorse per investire con ben maggior convinzione su una generazione energetica rinnovabile e diffusa, sulle tecnologie innovative, sulla mobilità sostenibile, sull’efficientamento del patrimonio edilizio, sulla bonifica dei territori gravemente inquinati, sulla messa in sicurezza dal dissesto idrogeologico. Sarebbe anche l’ora di approvare finalmente un provvedimento contro il consumo di suolo.
Aggiungo un obiettivo troppo spesso dimenticato: piantare più alberi possibile, coprire di alberi le nostre città. Un’azione semplice, economica, veloce.
Questo obiettivo rimanda al ruolo delle azioni non solo internazionali e nazionali, ma anche locali: delle città, dei Comuni. E’ in città che si produce il 70% della CO2 mondiale, ed è lì che si deve intervenire.
Anche a Spezia molto si può e si deve fare. Costruire una città completamente verde, piena di alberi. Ma la CO2 non va bloccata solo dalle piante, va bloccata alla radice. Ecco perché bisogna chiudere la centrale Enel a carbone e sconfiggere il disegno di chi vuole una nuova centrale a gas. Ed ecco perché bisogna ridurre drasticamente sia l’inquinamento delle navi da crociera sia quello del traffico automobilistico. E’ il momento di riprendere la lotta, iniziata vent’anni fa e poi colpevolmente interrotta, per ridurre il traffico automobilistico privato e per spostare quote crescenti di mobilità sul trasporto pubblico ecologico. Sono tutte scelte che porterebbero benefici all’ambiente e nel medio lungo periodo anche al lavoro, in termini sia di quantità che di qualità. Ma che nel breve periodo produrrebbero tensioni e contraddizioni.
E’ qui che “si parrà la nobilitate” di tutta la classe dirigente cittadina: della destra che è salita al potere e della sinistra che è stata sconfitta, e che può rinascere solo se sarà non solo rossa ma anche verde. O meglio: insieme rossa e verde. La destra e la sinistra della città sono state per un bel pezzo unite dallo “sviluppismo” e dall’attacco alla “decrescita felice”: come se non stessimo già, in mancanza un nuovo modello di sviluppo, “infelicemente decrescendo”. Lo “sviluppismo” è il segno del declino della classe dirigente, della sua assenza di immaginazione, della sua incapacità di misurarsi con il futuro. L’onda verde dei giovani ci vuole dire questo. Per capirlo non c’è più tanto tempo.
Post scriptum:
Dedico l’articolo di oggi a un amico che ci ha lasciati: Edoardo Salzano, per tutti Eddy, uno dei più grandi urbanisti italiani. Mi ricordava sempre il suo legame con Spezia: era nato a Napoli nel 1930 nella casa del nonno, il generale Armando Diaz. Nella nostra città è venuto, con l’Associazione Culturale Mediterraneo, a presentare i suoi libri di urbanistica: il loro “cuore” è che l’interesse comune deve prevalere sull’interesse del singolo. Perché la città non è solo l’espressione del mercato ma è la casa di tutti. Il suo pensiero mi ha guidato nella scrittura del mio libro “Ripartiamo dalla polis”, che lui lesse ed “approvò” prima della pubblicazione (2012). L’Introduzione, che molto gli deve, è leggibile su www.associazioneculturalemediterraneo.com.
Nel 2003 Eddy aveva scoperto internet e aveva dato vita a www.eddyburg.it, il sito che è diventato lo strumento più visitato e utilizzato nel nostro Paese da chi si occupa di urbanistica, di città, di paesaggio. Su questo sito ho pubblicato un saggio che faceva molto riferimento al suo pensiero: “La città come ultima difesa e ultima speranza” (12 maggio 2018).
Eddy stava a Venezia, vicino al Ponte dell’Accademia: la sua casa vinse una volta il premio cittadino per il davanzale più bello, grazie ai gerani rossi che lui aveva messo alle finestre. Uno spettacolo: l’esempio che, come diceva sempre, bisogna curare la città.
Le sue idee finora sono state sconfitte: ma è bello pensare che nel giorno in cui Eddy ci ha lasciati le piazze del mondo erano piene di giovani che chiedevano le stesse cose per cui si è battuto per tutta la vita.
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