Pietro Cavallini e l’etica laica
Il Secolo XIX17 maggio 2009
Ho conosciuto Pietro Cavallini quando ero studente: era già un punto di riferimento, soprattutto grazie alle sue battaglie per l’inserimento degli handicappati (allora si chiamavano così).
Il rapporto con lui si è consolidato quando, nel ’93, diventai assessore alla “qualificazione del sistema urbano”. Ero preoccupato per lamanutenzionee la cura della città: vigeva il sistema della “gestione in diretta” del Comune, che però aveva poco personale e non poteva assumere. Fu allora che io e Pietro ”rivoluzionammo” il sistema di gestione, coinvolgendo le cooperative sociali di tipo B, finalizzate all’inserimento lavorativo di giovani disabili o svantaggiati, nell’opera di cura dei parchi, di pulizia delle scalinate, di nettezza urbana. Con risultati straordinari: migliorò il decoro urbano, e soprattutto molte persone furono “liberate” -da istituti alienanti, dalle carceri, dalla miseria- e realizzarono il sogno dell’inserimento nella vita sociale attraverso il lavoro. Senza contare i risparmi della spesa pubblica, perché queste persone non erano più assistite dallo Stato.
La Cooperativa di Impegno Sociale C.I.S fondata da Cavallini conobbe poi un grande sviluppo, anche grazie a lasciti generosi. Fu realizzata la Fattoria Biologica Didattica al Carpanedo: 15.000 mq. di orti e di allevamenti, meta di bambini e ragazzi che così conoscono gli animali, la terra, il bosco. Un laboratorio per l’educazione ambientale e al consumo consapevole. Annessa alla Fattoria è la Casa famiglia per ragazzi disabili, “una struttura riabilitativa di tipo basagliano”, come la definisce Pietro. Ed è in fase di realizzazione il Parco Robinson, una struttura con oggetti e materiali che invitano alla creatività e a costruire sempre nuovi giochi.
Venerdì scorso, in una festaal Carpanedo, Pietro ci ha illustrato il suo nuovo progetto: la Ludoteca, una struttura pedagogica innovativa, che ospiterà ventidue bambini dai 18 mesi a i 5 anni, di cui due handicappati. L’obbiettivo è fare acquisire al bambino i prerequisiti necessari all’apprendimento attraverso il gioco e la fantasia: un altro esempio di “coraggio dell’utopia” coniugato alla concretezza. Non ho dubbi che si realizzerà, grazie alla tenacia di Pietro e all’impegno delle istituzioni.
Si arricchirà così il nostro welfare, sempre più un sistema integrato e coordinato tra il pubblico e il terzo settore dell’economia sociale, un fenomeno di responsabilizzazione civile che offre vantaggi importanti nei servizi: personalizzazione, flessibilità, capacità di interpretare i cambiamenti dei bisogni delle persone.
Ultimamente, nei suoi discorsi, Cavallini, da sempre orgogliosamente socialista, cita Don Martini e la Caritas, e accosta la sua esperienza e la sua “utopia” a quella cristiana. Non c’è dubbio che al cristianesimo va riconosciuto il merito della pratica della caritas, della solidarietà fraterna nei confronti dei bisognosi, dalla quale -come riconobbe il filosofo Antonio Labriola- è nata l’etica socialista. Ma forse Pietro vuol dirci qualcosa di più: la religione è importante e la sua presenza pubblica va apprezzata, ma non ha il monopolio etico, perché c’è anche un’etica laica, ci sono soggetti laici che hanno una “fede”, un’idea solidale della società. Di fronte al deficit etico della società italiana queste due tendenze devono collaborare. Perché hanno in comune l’idea che fare politica significa marciare insieme ad altri, non come individui atomizzati, ma come gruppi, mano nella mano.
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