Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 29 novembre ore 16.30 a Pontremoli
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Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 29 novembre ore 16.30
Pontremoli – Centro ricreativo comunale
Il libro di Dino Grassi “Io sono un operaio. Memoria di un maestro …

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Un’utopia per realisti attuare l’Agenda ONU 2030 nelle città e nei territori

a cura di in data 15 Settembre 2018 – 09:30

MICROMEGA, 8 settembre 2018 – La ripresa dell’economia mondiale, seppur modesta e non generalizzata, è accompagnata da un peggioramento della situazione sociale (persone afflitte dalla fame e dalla povertà, aumento delle diseguaglianze) e da un incremento delle emissioni di gas serra, con conseguente aggravamento della crisi climatica. Ciò avviene in un contesto caratterizzato dall’instabilità geopolitica e da molte guerre locali, mentre non si può escludere una nuova crisi finanziaria mondiale.
In questa fase così difficile e confusa, un “appiglio” a cui ancorarsi è costituito dall’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Certo, so bene che oggi c’è un diffuso disincanto verso l’ONU e tutto ciò che riguarda il “governo mondiale”, come lo definisce per denunciarlo la destra americana.Secondo unsondaggio condotto dall’agenzia Gallup Analytics solo il 37% dei cittadini statunitensi crede che l’ONU stia lavorando bene rispetto ai problemi che si trova ad affrontare. Ed è presumibile che anche in altri Paesi vi sia lo stesso clima di sfiducia. Compresi i Paesi europei, che pure, in quanto soggetti più deboli, hanno un forte interesse al fatto che le organizzazioni internazionali siano luoghi con un ruolo politico. Gli Stati Uniti ne hanno molto meno. E’ soprattutto la destra americana che rigetta il “governo mondiale”,e utilizza questa avversione in campagna elettorale spesso raccogliendo buoni risultati: non solo con Donald Trump, ma già con Ronald Reagan.
Nella vita faccio il cooperante, conosco difetti e limiti dell’ONU. Maoggi si impone una scelta di campo netta: o un mondo di nazionalismi, o un mondo che dà vita e rafforza una rete sovranazionale dei diritti.
Questa scelta di campo presuppone l’individuazione delle leve da cui partire per l’attuazione dell’Agenda: innanzitutto le città e i territori, “ultima difesa e ultima speranza” (si veda il mio“La città come ultima difesa e ultima speranza”, in www.micromega.net, 10 maggio 2018). E’ questa la condizione perché l’Agenda sia non solo attuata ma anche “radicalizzata”, portata cioè a tutte le sue conseguenze di profonda trasformazione dell’esistente.

L’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile
Il 25 settembre 2015 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con il voto dei 193 Governi dei Paesi membri dell’ONU, ha adottato l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, corredata da una lista di 17 obiettivi (Sustainable Development Goals -SDGs) e 169 sotto-obiettivi (target) che dovranno essere raggiunti da tutti i Paesi del mondo entro il 2030.
I 17 obiettivi riguardano: sconfiggere la povertà;sconfiggere la fame; salute e benessere;istruzione di qualità;parità di genere; acque pulite e servizi igienico-sanitari;energia pulita e accessibile;lavoro dignitoso e crescita economica; imprese, innovazione e infrastrutture; ridurre le diseguaglianze; città e comunità sostenibili; produzione e consumo responsabile;lotta contro il cambiamento climatico; vita sott’acqua; vita sulla terra;pace, giustizia e istituzioni solide;partnership per gli obbiettivi.
L’Agenda definisce lo sviluppo sostenibile come uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni. A differenza degli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDGs), adottati dall’ONU nel 2000 e riferiti in particolare ai Paesi in via di sviluppo, la nuova Agenda supera l’idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale, a favore di una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo: ambientale, economico, sociale e istituzionale.
Conseguentemente, l’Agenda si rivolge a tutti i Paesi del mondo -senza più distinzione tra Paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo- anche se le sfide che ciascun obiettivo pone possono essere (anche profondamente) diverse a seconda del livello di sviluppo già conseguito nei differenti contesti.
Ogni Paese deve impegnarsi a definire una propria “Strategia di sviluppo sostenibile” che gli consenta di raggiungere gli SDGs entro il termine stabilito del 2030, rendicontando regolarmente i risultati conseguiti nell’ambito di un processo coordinato dall’ONU.
L’Agenda ONU 2030 richiama in modo esplicito le responsabilità di tutti i settori della società: dai Governi (centrali e locali) alle imprese, dalla società civile ai singoli cittadini. Conseguentemente, essa richiede di disegnare processi programmatori, decisionali e attuativi aperti e partecipati.

Sostenibilità ambientale, economica, sociale, istituzionale
La dimensione ambientale della sostenibilità è stata riconosciuta prima con il Rapporto Bruntland delle Nazioni Unite (1987), poi con la Conferenza delle Nazioni Unite a Rio de Janeiro (1992).
La dimensione economica della sostenibilità è stata rafforzata in conseguenza della “Grande crisi” economica del 2008, in particolare dalla pubblicazione, nel settembre 2009, dei lavori della Commission on the Measurement of Economic Performance and Social Progress, istituita dal Presidente francese Nicolas Sarkozy e presieduta da Joseph Stiglitz, Amartya Sen e Jean Paul Fitoussi. Il concetto di sostenibilità economica è declinato come crescita equilibrata, “oltre il Pil”.
La dimensione sociale della sostenibilità affronta il tema della presenza di sperequazioni e asimmetrie non giustificabili in termini di libertà umane, di accesso alle risorse e alle opportunità, sia per le generazioni presenti che per quelle future.
La dimensione istituzionale della sostenibilità è definita come la capacità di assicurare condizioni di stabilità, di democrazia, di partecipazione, di formazione, informazione e giustizia.

L’attuazione dell’Agenda ONU 2030 in Italia
La legge 221/2015 (cd. Collegato ambientale) ha previsto l’elaborazione di una “Strategia italiana per lo sviluppo sostenibile”, atta a delineare gli interventi volti al raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda ONU 2030.
Nel giugno 2018 è stata istituita, presso Palazzo Chigi, la Commissione Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, organismo di coordinamento delle politiche per il raggiungimento dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile.
La Direttiva prevede che la Presidenza del Consiglio coordini l’attuazione della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, attraverso la Commissione che, presieduta dal Presidente del Consiglio, è composta da tutti i Ministri e dai rappresentanti delle Regioni, delle Province e dei Comuni. La Commissione deve anche rendere conto annualmente (a febbraio) dell’attuazione della Strategia nazionale e a tal fine ciascun Ministero deve condurre (entro il mese di settembre) un’analisi di coerenza tra le iniziative intraprese e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Sono inoltre previste iniziative di informazione e comunicazione pubblica sull’importanza dell’Agenda ONU 2030.
Il nostro Paese, secondo il Rapporto Asvis (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) 2017 “L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”, appare molto distante dai Goal relativi alla povertà, alla salute, all’energia, alle diseguaglianze, alle performance economiche, allo stato delle infrastrutture e delle città, allo stato dell’ambiente e delle istituzioni. In estrema sintesi, si riconosce lo stato di insostenibilità della condizione del nostro Paese.

L’attuazione dell’Agenda ONU 2030 nelle Regioni e nei Comunie la “territorializzazione” delle politiche per lo Sviluppo Sostenibile
Lo Sviluppo Sostenibile deve diventare strumento di lettura e di orientamento delle dinamiche di sviluppo economico, sociale, ambientale e istituzionale delle Regioni e dei Comuni, che devono contribuire in modo originale alla declinazione a livello locale di un nuovo modello di Sviluppo Sostenibile.
A livello internazionale l’attenzione al tema è dimostrata dal “Pact of Amsterdam. Urban agenda for the Eu” (30 maggio 2016), che ha individuato 12 temi prioritari sui quali avviare le partnership formate da rappresentanti degli Stati membri, da autorità urbane ed esperti; dalla Conferenza Habitat III dell’ONU a Quito (17-20 ottobre 2016), che ha adottato la “New Urban Agenda”;dall’Assise sulla Cooperazione Decentrata promossa dal Comitato delle Regioni a Bruxelles il 10 e 11 luglio 2017; dalle analisi dei network Local and RegionalGovernment e Network of RegionalGovernment for Sustainable Development e del Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea, che ha pubblicato il “Cultural and Creative Cities Monitor 2017”.
In Italia sono state effettuate analisi di definizione dell’Agenda ONU 2030 a livello locale da Eupolis per la Regione Lombardia, dalla Fondazione Eni Enrico Mattei per la Regione Basilicata, dall’IPRES per la Regione Puglia. La Regione Toscana ha avviato un percorso di declinazione dell’Agenda 2030 attraverso il toolbox “Localizing Agenda 2030”.
La programmazione regionale dovrebbe modificare i propri contenuti e adottare una batteria di indicatori, sulla base di quelli dell’Agenda ONU 2030, da inserire nei documenti programmatici, monitorandone annualmente l’evoluzione. Ciò comporta l’adozione di un documento strategico per lo sviluppo sostenibile regionale, con una logica di pianificazione strategica di lungo periodo (al 2030) e di coinvolgimento dei diversi “stakeholders”.
La Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile deveprevedere che anche le Regioni si dotino di questo strumento, in una logica di “multilevelgovernance”. Ciò vale anche per i Comuni.
La pianificazione territoriale deve svilupparsi: attraverso processi di coordinamento tra i diversi livelli di governo; attraverso un approccio intersettoriale, in modo da garantire la coerenza tra le diverse politiche pubbliche; in un orizzonte di pianificazione di breve, medio e lungo periodo, che assicuri l’effettivo coinvolgimento dei cittadini.
Nel giugno 2017i Sindaci delle Città metropolitane hanno firmato la “Carta di Bologna”, realizzata con il contributo dell’ASviS, contenente impegni concreti sui temi dello Sviluppo Sostenibile.
Nel marzo 2018 l’ASviSe il Centro nazionale di studi per le politiche urbane (Urban@it) hanno diffuso la versione definitiva dell’ Agenda urbana per lo Sviluppo Sostenibile,un documento elaborato con una complessa procedura di consultazioni e ricco di proposte per “rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili”, come previsto dall’Obiettivo 11 dell’Agenda ONU 2030. Il documento si articola in tre capitoli. Il primo mostra la necessità che il Governo definisca, in collaborazione con gli Enti locali, un’Agenda urbana nazionale basata sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030 e su target quantitativi definiti per le aree urbane. Il secondo capitolo richiama le varie definizioni di territorio urbano e motiva la scelta di utilizzare la definizione dell’Eurostat basata sul “grado di urbanizzazione”. Il terzo capitolo è articolato in paragrafi corrispondenti ai 17 Obiettivi dell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, per ognuno dei quali vengono individuate le corrispondenze con i 12 temi prioritari dell’Agenda urbana per l’Unione Europea (il cd “Patto di Amsterdam”) e con gli obiettivi della Strategia nazionale per lo Sviluppo Sostenibile. Per ogni Obiettivo vengono illustrati i target internazionali, la posizione attuale dell’Italia, gli obiettivi nazionali (sono 23) e le azioni necessarie per raggiungerli.
Si tratta di proposte molto concrete, che possono essere realizzate solo sulla base di una sinergia tra i diversi livelli amministrativi: le città, le Regioni, lo Stato.
Ecco una sintesi delle proposte riguardanti il Goal 11 “Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili”:
Ridurre di due terzi la percentuale di persone in grave disagio abitativo (attualmente l’11,35) entro il 2030.
Ridurre ad almeno il 50%il riparto modale tra l’auto e le altre forme di trasporto e mobilità entro il 2020.
Ridurre del 20% il consumo di suolo delle aree urbane entro il 2020.
Raggiungere i 50m di superficie media di verde urbano per abitante al 2030.
Aumentare la spesa pubblica per la cultura per raggiungere gradualmente, entro il 2030, i Paesi simili al nostro che spendono di più, come la Francia (0,7% del Pil nel 2015, contro il nostro 0,4%).
Ridurre la produzione dei rifiuti portandola al di sotto della media Ue nel 2020; raggiungere almeno il 70% di raccolta differenziata nel 2025 e dell’80% nel 2030; assumere gli obbiettivi più ambiziosi indicati dalla Commissione Ambiente del Parlamento europeo per l’economia circolare il 24 gennaio 2017, in modo particolare il riutilizzo e il riciclaggio del 70% dei rifiuti (47,5% nel 2015) e la graduale limitazione al 5% dello smaltimento nelle discariche (34% nel 2015) verso la loro completa dismissione entro il 2030.
Rispettare, nel campo della qualità dell’aria, entro il 2025 i limiti per il PM10 stabiliti dall’Unione europea e i limiti per il particolato sottile stabiliti dall’OMS.
L’Agenda ONU 2030 deve rappresentare un quadro concettuale per guidare la programmazione regionale e comunale, e anche per favorire in modo virtuoso il coinvolgimento di chi abita i territori, in modo da permeare il tessuto sociale, economico e culturale e connettere le azioni regionali e comunali con quelle relative all’Obiettivo 11, centrato sulla definizione di un’Agenda per lo sviluppo urbano sostenibile.

Il mondo si salva nelle campagne
Più della metà della popolazione del mondo vive nelle città e il processo di urbanizzazione è ormai inarrestabile. Il Goal 11 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fotografa questa realtà e indica le azioni necessarie per rendere le città non solo sostenibili, ma promotrici di cambiamento per l’intera umanità. Non va però trascurato che la battaglia per una sufficiente produzione di generi alimentari e per un uso delle risorse agricole che non depauperi il Pianeta si combatte nelle campagne del mondo, quelle campagne che milioni di persone stanno abbandonando. Ciò perché in quasi tutti i Paesi le zone rurali sono più povere delle città. Il loro riscatto è dunque essenziale per ridurre le disuguaglianze. Molti dei Sustainable Development Goals dell’Agenda ONU 2030 possono essere raggiunti solo se si affronterà adeguatamente il problema della vita e della produzione nelle campagne. Migliorando la situazione delle aree rurali si potrà anche ridurre la fuga verso le città che nei Paesi in via di sviluppo sono spesso circondate ormai da gigantesche bidonville, e anche le cosiddette migrazioni economiche che nascono dallo sradicamento e dalla mancanza di prospettive.
Anche nel nostro Paese occorre porre maggiore attenzione alle aree interne.

Il Goal 17: Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile. La “territorializzazione” delle politiche di cooperazione internazionale.
L’Obiettivo 17, sviluppando i mezzi di attuazione e rafforzando il partenariato globale per lo Sviluppo Sostenibile, è trasversale a tutti gli SDGs. Le politiche di cooperazione internazionale vanno anch’esse “territorializzate”: la realizzazione della persona -il vero obiettivo degli “aiuti allo sviluppo”- è un processo che si sviluppa all’interno dei sistemi locali, dei territori dove gli individui e gli agenti collettivi vivono e interagiscono. Lo scriveva già l’IFDA (International Foundation for Development Alternatives) nel 1980: “Lo sviluppo è vissuto dagli individui nel contesto in cui vivono, lavorano, imparano, amano, giocano e muoiono. Pertanto la comunità primaria, sia essa geografica o organizzativa, è lo spazio più prossimo all’individuo” (“Building blocks for alternative developmentstrategies: A progress report for the Third System project”, IFDA Dossier, no 17, 1980).C’è un legame strettissimo tra persone e territori: “Lo sviluppo territoriale ha un ruolo fondamentale per una visione più ampia di sviluppo umano sostenibile che è -implicitamente- la centralità della persona e del luogo dove l’individuo nasce e si sviluppa. L’obbiettivo fondamentale di sviluppo del territorio dovrebbe essere quello di creare un ambiente favorevole per le persone e le comunità affinché possano vivere una vita lunga, sana e creativa” (Mario Biggeri,”I territori per la cooperazione internazionale verso il 2030”, intervento al convegno “Il ruolo dei territori nel nuovo sistema della cooperazione internazionale”, Firenze, 20 aprile 2016).
La “territorializzazione” delle politiche di cooperazione internazionale ha un segno molteplice: vale per i Paesi sviluppati, in cui è fondamentale la cooperazione operata dalle Regioni e dai Comuni, e vale per i Paesi in via di sviluppo, dove sono decisivi il decentramento amministrativo e lo sviluppo locale. Così come vale nel rapporto reciprocotra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo:la “territorializzazione” delle politiche di cooperazione internazionale va considerata, sia dagli Enti locali italiani che da quelli africani, come un modo per incrementare la creazione di reti, di relazioni, non solo tra Enti locali ma anche tra le società e i territori, tra le forme di autogoverno del territorio, tra le forze economiche, sociali e culturali. Il partenariato diventa così “comunità a comunità”.

Una proposta alle Regioni e ai Comuni italiani
Le Regioni e i Comuni dovrebbero dotarsi di una Strategia Regionale e Comunale per lo Sviluppo Sostenibile e favorire la più ampia partecipazione dei cittadini e degli “stakeholders”. Una Strategia Regionale e Comunale che attui la Strategia Nazionale, e nel contempo faccia proposte e incida nella definizione della Strategia Nazionale.
La “territorializzazione” dell’Agenda Onu 2030riguarda tutti gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, in particolare gli Obiettivi 11 (Città e comunità sostenibili, senza dimenticare le aree interne e le campagne) e 17 (Partnership per obiettivi). La Regione e i Comuni dovrebbero quindi impegnarsi, nel proprio territorio e nelle relazioni di cooperazione internazionale, nel sostenere le iniziative più opportune al raggiungimento degli Obiettivi.
Per ciò che riguarda, in particolare, le politiche di cooperazione internazionale, la Regione e i Comuni dovrebbero svolgere un ruolo di collegamento tra i diversi attori territoriali e con le amministrazioni dei Paesi partner, per costruire partenariati duraturi in ambiti di reciproco interesse: economico, sociale, culturale. In questo modo la cooperazione internazionalenon è più aiuto unidirezionale, ma cammino congiunto, partenariato, reciproco interesse e beneficio.

Per una “radicalizzazione” dell’Agenda ONU 2030
La “territorializzazione” dell’Agenda deve spingere alla sua implementazione ma anche alla sua “radicalizzazione”, andando oltre “una narrativa retorica astratta degli Sdgs” nella direzione di una loro “interpretazione e valorizzazione in senso trasformativo” (Andrea Stocchiero, “Sintesi dei contenuti”, in “Sviluppo Sostenibile: per chi? Una visione critica per la coerenza delle politiche italiane ed europee”, Rapporto di monitoraggio sull’applicazione dell’Agenda 2030 in Italia, GCAP Italia, 2018). Il Rapporto propone quattro elementi fondamentali: diritti, lotta alle diseguaglianze, trasformazione socio-economica, partecipazione, e insistesulla necessità di “una profonda sfida politica che può essere vinta solamente reclamando una reale democratizzazione delle istituzioni a livello locale, nazionale, regionale e globale”. Una sfida “che richiede anche un ben più alto grado di coerenza politica, attraverso il superamento dei silos concettuali fra ambiti settoriali erroneamente distinti e il pieno riconoscimento di quanto l’agenda interna a ogni Paese e quella esterna siano imprescindibilmente intrecciate” (Stefano Prato e Massimo Pallottino, “Introduzione” al Rapporto).

Contro la “retrotopia”
Vedo bene la difficoltà a discutere di queste questioni. Oggi i temi globali attraggono meno l’opinione pubblica, la politica e l’informazione sono introverse, chiuse, schiacciate su un asfittico presente. Un tempo l’Europa e l’Italia erano estroverse, aperte, capaci di una visione del futuro.Dobbiamo tornare all’estroversione, all’interesse per l’altro. Smetterla di mettere la testa sotto la sabbia per abbandonarsi a quella che ZygmuntBauman, nella sua ultima intuizione, ha definito “retrotopia”: la perdita di ogni dimensione utopica e la conseguente rincorsa nostalgica di un mondo spesso neppure mai esistito nelle forme decantate. Il passato va sì rievocato, ma per parlare al presente e al futuro, alla nostalgia di utopie delle nuove generazioni. A Bauman, poco prima della sua scomparsa, ha dato qualche speranzaun giovane studioso, RugerBregman, con il suo libro”Utopia per realisti. Come costruire davvero il mondo ideale”. Come ha scritto il grande sociologo, dobbiamo decidere, “nel dare forma alla nostra vita, se siamo la stecca da biliardo, il giocatore o la palla. Se siamo noi a giocare, o è con noi che si gioca” (ZygmuntBauman, “Retrotopia”, Laterza, Bari-Roma, 2017). Dobbiamo essere noi a giocare: nel mondo globale, a partire dalle città e dai territori.

Giorgio Pagano

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