Fermiamo la strage senza fine
Città della Spezia, 20 maggio 2018 – Tre vittime sul luogo di lavoro da inizio 2018 nella nostra provincia. Il primo caso a Follo, il 23 febbraio: Gabriele Spagnoli, operaio specializzato della ditta Verniciatura industriale, muore durante le operazioni di sabbiatura, probabilmente per qualche malfunzionamento delle apparecchiature che stava utilizzando. Il secondo episodio al centro Enea di Santa Teresa, il 30 aprile: Massimiliano Mutini, guardiano, precipita al suolo dopo un volo di cinque metri da un terrapieno. L’ultimo il 14 maggio al cantiere Navalmare a Pertusola, dove opera la ditta Ingemar di Treviso, incaricata della realizzazione del modulo frangiflutti per il molo Pagliari: Dragan Zekic, che lavorava per una ditta d’appalto, muore schiacciato da uno di questi moduli, staccatosi da una gru.
E’ un bollettino di guerra. Ieri sono avvenuti due incidenti in Liguria: uno a Leivi, nell’entroterra di Chiavari, l’altro al Galata Museo del Mare di Genova. Il ferito di Leivi, caduto dal tetto di un capannone industriale, è grave; l’altro, caduto da un trabattello mentre lavorava a un controsoffitto, per fortuna non è in pericolo di vita.
Nel 2017 in Italia hanno perso la vita in 1.115 (più 1,1% sul 2016). Il 2018 è iniziato nel peggiore dei modi: Dragan Zekic è la vittima numero 259.
Non è un mondo umano. Ha scritto Gloria Riva in un’inchiesta dell’”Espresso”:
“Mentre tutti parlano dei robot pronti a soppiantare gli operai, si continua a morire in fabbrica. Perché il lavoro è diventato precario e sui precari non si fa formazione. Perché anche quando si fa, la formazione troppo spesso resta sulla carta e corsi veri non ci sono. Perché le aziende, dopo anni di crisi, hanno ricominciato a produrre su macchine e impianti vecchi e non hanno soldi da investire nella sicurezza. Perché gli ispettori sono pochi e la probabilità per un’impresa di essere controllata è infinitesimale”.
Franco Bettoni, Presidente dell’Anmil, l’associazione degli invalidi sul lavoro, insiste sul fatto che “la manodopera è diventata precaria e quindi non adeguatamente formata” e che “la sicurezza dovrebbe essere insegnata nelle scuole”.
Il report 2016 dell’Ucimu, l’associazione dei costruttori di macchinari, spiega che “il parco macchine è molto più vecchio di quello di dieci anni fa e l’età media è la più alta mai registrata da 40 anni a questa parte”.
C’è poi la questione dei controlli. Scrive la Riva: “A controllare 4,4 milioni di imprese italiane ci sono 3.500 persone, di cui 2.800 ispettori delle Asl, più 300 funzionari del Ministero del Lavoro che intervengono per lo più nel settore edile, e altri 400 carabinieri. Il 97 per cento delle aziende ha quindi la ragionevole speranza di non essere mai visitata. Ecco perché per l’imprenditore è più importante riempire qualche modulo -per essere in ordine con la burocrazia-, anziché verificare la presenza di sistemi di protezione contro le cadute. Ed è più utile spendere un po’ di quattrini in formazione, magari da fare online o da falsificare, anziché organizzare veri corsi fra le catene di montaggio o nei cantieri. Perché non solo la probabilità di un controllo è remota, ma il sistema italiano di prevenzione è talmente frammentato da rendere complessa qualsiasi verifica… Lo Stato investe sempre meno in controlli e prevenzione e, a causa del blocco delle assunzioni, gli ispettori delle Asl sono passati da cinquemila nel 2008 a meno della metà. Inoltre quasi nessuna Regione raggiunge la quota del cinque per cento di spesa che per legge dovrebbe essere destinata alla prevenzione negli ambienti di vita e lavoro”.
Quel che c’è da fare per fermare questa strage senza fine è quindi chiaro: combattere la precarietà, fare formazione vera, ammodernare le macchine, assumere più ispettori del lavoro, potenziare i controlli, negare incentivi alle aziende in cui avvengono incidenti e inasprire le sanzioni.
Quasi nessuno ne parla, al di là delle frasi di circostanza. Eppure il tema centrale della politica resta quello del lavoro. Un lavoro di cui non si può continuare a morire e che deve garantire a tutti una vita dignitosa. Rimettere il lavoro al centro della politica è il modo più efficace per rimettere al centro la politica stessa, oggi così decaduta. Il lavoro e la politica sono le due dimensioni altamente umane che hanno perso di dignità. Riconsegnare dignità al lavoro e alla politica è il grande compito dell’oggi, al quale ci convoca l’articolo 1 della nostra Bibbia civile, la Costituzione della Repubblica “fondata sul lavoro”.
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