Uno spezzino nella “terra degli uomini integri”
Città della Spezia, 18 marzo 2018
“La cosa che mi ha colpito di più è la popolazione in gran parte giovanissima -racconta Luca Mozzachiodi, funzionario dello Sportello Unico Attività Produttive del Comune della Spezia-, il suo dinamismo, la sua voglia di fare: tutto il contrario rispetto a come noi italiani immaginiamo l’Africa e ne parliamo”. Luca è appena tornato dal Burkina Faso, la “terra degli uomini integri”, dove ha svolto una missione per conto di Anci (l’Associazione Nazionale dei Comuni) secondo la metodologia “Funzionari senza Frontiere”, che ha nuovamente coinvolto il Comune capoluogo. La prima volta fu nel 2009, con Salvatore Calcagnini in Niger, nell’ambito del progetto, “pionieristico” per quei tempi, denominato “Municipi senza frontiere”: lo seguii per Anci, e da quell’esperienza nacque l’associazione “Funzionari senza Frontiere”, che ancora oggi presiedo. La metodologia prevede che i dipendenti dei Comuni italiani accompagnino i loro colleghi africani degli Stati dove stanno nascendo i Comuni (in Burkina Faso sono stati istituiti da appena dieci anni), per trasferire loro esperienze e competenze. Ma anche per essere arricchiti nello scambio reciproco: la metodologia è “formativa” per entrambi i partner.
Il progetto più generale, finanziato dall’Accri, Associazione delle Fondazioni Casse di Risparmio Italiane, ha lo scopo di migliorare le condizioni di vita di una popolazione di circa 60.000 abitanti, distribuita in diverse regioni del Burkina Faso. In questo progetto Accri, in accordo con Anci, ha inserito il sostegno al processo di decentramento amministrativo in atto nel Paese, attraverso scambi formativi su temi specifici: l’organizzazione e gestione dei mercati, la gestione delle mense scolastiche, lo sviluppo economico locale e la promozione delle produzioni locali. Anci ha preso contatto con l’Association des Municipalités du Burkina Faso (AMBF) per l’organizzazione di seminari formativi che hanno avuto luogo a Ouagadougou, capitale del Paese, e hanno coinvolto 25 Comuni, rappresentativi di oltre un quarto della popolazione burkinabè (il solo Comune di Ouagadougou conta 2.500.000 abitanti).
Mozzachiodi ha partecipato ai lavori con diversi contributi sul tema dell’organizzazione e gestione dei mercati (sugli altri temi sono intervenuti funzionari dei Comuni di Torino e Milano). Luca ha innanzitutto predisposto una video presentazione introduttiva per spiegare il particolare percorso storico che ha portato alla formazione dei Comuni in Italia e il loro attuale inquadramento nella Costituzione, con un focus sul principio di sussidiarietà. Una presentazione apprezzata perché la disciplina degli enti territoriali del Burkina Faso, di derivazione francese -il Paese è un’ex colonia della Francia- e quindi più “accentratrice”, presenta differenze sostanziali con quella italiana.
Sono seguite esperienze sul campo e confronti: le visite a tre mercati di Ouagadougou e a quello del villaggio di Komsilgà, e poi la discussione sulle possibili forme di coinvolgimento istituzionale degli operatori economici dei mercati, per garantire entrate tributarie, per tutelare l’esistenza di forme di autogestione di base e per migliorare gli aspetti sanitari e distributivi dei mercati. Il problema principale è che i Comuni burkinabè hanno difficoltà a garantirsi adeguate risorse finanziarie per l’esercizio delle loro funzioni amministrative, e che i tributi dovuti da venditori e artigiani dei mercati sono la pressoché unica fonte di reddito locale. Come far pagare il tributo? E’ emersa la necessità di rafforzare e riformare la figura del collector (l’esattore del mercato) e soprattutto di stabilire un costante e proficuo rapporto con la chefferie locale, ovvero con le istituzioni tradizionali preesistenti -i capi villaggio, funzione spesso a carattere ereditario- che godono di grande prestigio e svolgono importanti compiti per la comunità, in particolare nelle campagne (redistribuzione delle terre agricole, funzioni giudiziarie decentrate, collante della comunità…). L’accordo con i poteri tradizionali dei villaggi -10-15 per ogni Comune-, spiega Luca, è essenziale per poter riscuotere i tributi. E ha ragione: all’origine, in Africa, c’è la comunità del villaggio. E il Comune nascente si rafforza se ne tiene conto. In Ghana c’è la Camera dei capi villaggio, in Niger queste figure siedono automaticamente nei Consigli Comunali…
Luca ha anche imparato molto: per esempio ha capito i sistemi per mantenere freschi i prodotti alimentari quando manca l’energia elettrica, e ha apprezzato, nella visita a un mercato di ferramenta e attrezzature varie, la straordinaria capacità di riciclaggio dei burkinabè, che non buttano via nulla.
E poi ha capito la forza delle persone e della società civile del Burkina Faso. Quella forza che ha consentito al Paese di liberarsi, nel 2014, dalla dittatura di Blaise Compaoré, che aveva spadroneggiato per 27 anni, e di respingere, nel 2015, il tentativo di colpo di stato dei militari fedeli all’ex dittatore. La popolazione burkinabè ha mostrato al mondo intero -anche se i media (soprattutto in Italia) lo hanno praticamente ignorato- che una società civile matura esiste anche nell’Africa subsahariana. Una terra che, solitamente, è considerata solo come una terra da rapinare delle sue ricchissime risorse o una fonte di problemi.
Ma Luca ne è certo: “L’Africa è completamente diversa da quella che abbiamo in testa, ha tanti problemi ma anche tante opportunità, e offre a noi stessi tante opportunità. Ci sono già imprenditori italiani in Burkina Faso nel settore dell’agroalimentare, in quello edilizio e in quello ambientale. C’è bisogno della piccola impresa italiana, per fare partenariati in loco, creare lavoro e prevenire le migrazioni forzate, dei giovani costretti a fuggire, anche in Italia, soprattutto a Reggio Emilia, dove fanno gli agricoltori”.
E’ così. Il Burkina Faso ha certamente problemi. In base ai dati di Echo (Dipartimento della Commissione Europea per l’Aiuto umanitario e la protezione civile), nel Paese si registra il quattordicesimo tasso di mortalità infantile più elevato al mondo. 350.000 bambini soffrono di malnutrizione acuta moderata e 149.000 di malnutrizione acuta severa. Inoltre, 257.000 persone sono in situazione di crisi alimentare. Ancora: è presente il jihadismo, come dimostra il recente attacco nella capitale. E’ un fondamentalismo armato che ha il suo epicentro nella regione settentrionale del vicino Mali, da cui partono predicatori d’odio e squadre combattenti.
Però, oltre ai problemi, ci sono certamente anche capacità di resilienza e opportunità. Il Paese non è fondamentalista e non ha mai conosciuto la violenza religiosa, nonostante metà degli abitanti siano musulmani e un terzo cristiani. La società civile è attraversata da una forte dialettica al suo interno, ma vuole nel suo insieme la democrazia e il cambiamento. E nella politica qualcosa è cambiato. La cultura del Paese è ricca. Pensiamo al cinema: per fare solo un nome e per ricordarlo, qualche settimana fa è scomparso Idrissa Ouédrago, regista e produttore, premiato nei maggiori festival, compreso il Gran Premio della giuria al Festival di Cannes per il film Tilai nel 1990. Un altro esempio: se andate su Youtube vedrete come uno studente burkinabè di 19 anni, Aboul-Rafat Ouédraogo, si è messo all’opera nel suo garage e ha inventato e realizzato una vettura elettrica in miniatura ma perfettamente funzionante! E, restando in campo ambientale, va ricordato che il governo del Burkina Faso considera strategico per lo sviluppo del Paese il ricorso all’energia solare e che ospita il più grande progetto in Africa occidentale a Zagtouli (alla periferia di Ouagadougou); altri due impianti dovrebbero presto essere realizzati a Koudougou e Kaya.
L’Europa e l’Italia devono trasmettere, come hanno fatto Accri e Anci nel progetto in cui si è impegnato Luca, segnali concreti di cooperazione vera ed equa. Ma molto spetta ai burkinabè. Luca mi ha raccontato che i mercati sono pieni di magliette con il volto di Tomas Sankara, che i ragazzi le indossano, che i musicisti locali si ispirano a lui: il capitano che si batteva per la felicità, il rivoluzionario dal basco rosso che arrivò al potere nel 1983 e fu ucciso da Compaoré nel 1987, a soli 38 anni. Il capitano è più che mai un modello per i giovani: la sua lotta al neocolonialismo ma anche alla corruzione africana, i suoi programmi sull’ecologia, sul ruolo delle donne, sulla necessità di mettersi dalla parte dei più poveri sono una lezione ancora viva, che ha giocato un ruolo decisivo nell’insurrezione del 2014. Il Presidente francese Emmanuel Macron ha promesso recentemente che tutti i documenti francesi sull’assassinio di Sankara saranno “declassificati”: si capirà così se la Francia ebbe o no un ruolo nel complotto che uccise il capitano.
Nello scorso ottobre, in una manifestazione tenutasi a Ouagadougou, è stata lanciata una sottoscrizione per raccogliere i fondi necessari alla costruzione di un memoriale dedicato a Sankara. All’iniziativa erano presenti l’ex Presidente ghanese Jerry Rawlings, il Presidente burkinabé, Roch Marc Christian Kaboré, molti membri del Governo, delegazioni provenienti da Benin, Niger, Mali, Congo, Costa d’Avorio e molti artisti. Kaboré ha fatto la prima donazione, invitando tutta la popolazione a seguire il suo esempio. “È ancora importante ricordare il padre della rivoluzione -ha detto-, Sankara è stato un simbolo di combattività e ha rappresentato appieno i valori di questo Paese”. E’ sulla sua scia che la “terra degli uomini integri” potrà salvarsi e rinnovarsi.
Per saperne di più su questi temi rimando a questi miei interventi:
L’impegno spezzino al fianco dell’Africa
Il capitano che si batteva per la felicità
Africa protagonista con l’Associazione Mediterraneo. Pagano: “Italia e Europa si sono chiuse”
Con l’Africa. Presentazione di “Sao Tomé e Principe – Diario do centro do mundo” al Castello D’Albertis
lucidellacitta2011@gmail.com
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