Passiamo dal red carpet alla città strategica
Il Secolo XIX nazionale, 26 agosto 2017 – Il red carpet a Genova e in Liguria e la decisione di realizzare per qualche mese a Napoli, nel lungomare, un enorme corno rosso, scalabile e panoramico: progetti diversi, ma espressione di una cultura urbana che punta, nel nome del marketing e dell’attrazione dei turisti, a scenari di cartapesta. In entrambi i casi ferve il dibattito, e le opposizioni sono trascinate sul terreno di chi governa, cioè l’irrilevante.
Il confronto con le grandi città europee è impietoso. Quale altro Paese europeo ha sistemi urbani nello stesso stato in cui versano Genova, Napoli e le grandi città italiane, in termini di inquinamento atmosferico e congestione automobilistica, salvaguardia della salute, dotazione infrastrutturale, qualità urbana dei centri e delle periferie, dotazione di spazi pubblici e di servizi per la vita di comunità?
Bisogna quindi cambiare radicalmente il terreno del confronto. A Genova il Sindaco Bucci vuole convocare gli “Stati Generali”. Bene, ma bisogna intendersi: possono essere l’ennesima passerella oppure il punto d’inizio della costruzione di una coalizione civica che faccia diventare Genova “città strategica”, come le tante città europee che da vent’anni praticano la pianificazione strategica, intesa come visione condivisa del futuro e concretissimo patto sociale tra pubblico e privato.
Ma su quali obbiettivi? Quelli che emergono dalle maggiori criticità di Genova: la crisi economica, che non si supera con la crescita pur importante del turismo; la crisi ambientale; la crescita delle diseguaglianze e l’abbandono della vita comunitaria. Le città europee stanno rilanciando l’economia dei beni materiali e riportano entro di sé le manifatture: nessuna pensa che basta il turismo. Non vogliono essere città del consumo ma della produzione. Così come stanno puntando sulla qualità ambientale e sociale, dal trasporto pubblico alla ricostruzione dei legami di vicinato.
Ma la strategia nasce da un pensiero collettivo. Abbiamo le istituzioni adeguate? Certamente no, si pensi alla debolezza della Città Metropolitana. E noi cittadini siamo all’altezza? Un grande studioso delle città, David Harvey, ha scritto: “La domanda riguardo a che tipo di città vogliamo non può essere separata dalla domanda circa che genere di persone vogliamo essere, quali tipi di relazioni sociali ricerchiamo, quali relazioni con la natura apprezziamo, quale stile di vita desideriamo”.
Giorgio Pagano
Membro del Comitato Promotore dell’Osservatorio Civico Ligure
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