Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Sao Tomé e Principe, le isole al centro del mondo. La storia e le sfide del futuro

a cura di in data 6 Giugno 2017 – 21:36

Conferenza di Giorgio Pagano al corso di Storia Contemporanea dell’Associazione Aidea
Biblioteca Liceo Classico
16 maggio 2017

LA STORIA

Tra Quattrocento e Cinquecento l’Africa venne rapidamente inserita -come teatro cruciale e con effetti che cresceranno nei secoli successivi- nel nuovo grande sistema dell’economia mondiale in costruzione, dominato dai Paesi dell’estremo occidente europeo. E inoltre, con il commercio degli schiavi, il mondo subsahariano nel corso di quattro secoli successivi partecipò con un contributo umano fondamentale alla definizione del quadro demografico, culturale ed economico dell’America in generale e dell’America atlantica in particolare. Il peso di questo contributo ricadde in proporzione maggiore sulle popolazioni dell’Africa occidentale.

Le motivazioni dell’interesse europeo per l’Africa restarono eminentemente economico-commerciali (commercio schiavistico e di materie prime) fino a tutta la metà del XIX secolo, con l’importante eccezione dell’attività missionaria cristiana, in particolar modo cattolica.

Prima dell’arrivo dei portoghesi (avvenuto, si dice, il 21 dicembre 1471), le isole chiamate di Annobon -un arcipelago nell’oceano Atlantico al largo dell’Africa centro-occidentale, nel golfo di Guinea, di fronte alle coste del Gabon- erano disabitate. Gli africani non erano, e non sono, navigatori. L’Atlantico non è il Mediterraneo, e ancora adesso da Sao Tomé a Principe si va in aereo… La stragrande maggioranza della popolazione di questo piccolo Stato non è mai uscita dalla sua isola. Scopritore dell’arcipelago fu Pedro Escobar, un famoso navigatore portoghese del XV secolo, al servizio del re Alfonso V del Portogallo.

L’isola principale prese il nome di San Tommaso, perché il 21 dicembre era il giorno di commemorazione del santo. Principe deve il suo nome al Principe del Portogallo, al quale venivano pagate le commesse per il commercio dello zucchero locale.

I portoghesi decisero che le isole rappresentavano un base ideale per il commercio della costa, e completarono il primo insediamento stabile a Sao Tomé nel 1493. Principale artefice della colonizzazione fu Alvaro Caminha, che in seguito ricevette dalla Corona il diritto di amministrare le isole. Nel 1500 fu creato un insediamento anche a Principe. Inizialmente le isole non apparvero particolarmente ricche di risorse, e i primi coloni furono soprattutto “indesiderabili” di cui il Portogallo voleva disfarsi (in particolare ebrei); in seguito si scoprì che il terreno vulcanico delle isole era perfetto per l’agricoltura, e in particolar modo per la coltivazione della canna da zucchero (con procedure di coltivazione intensiva già adottate sulle coste del Mediterraneo meridionale già nel corso del XIII-XIV secolo).

Per alimentare di manodopera le coltivazioni, i portoghesi iniziarono a far confluire sulle isole grandi quantità di schiavi africani, in particolare da Angola e Capo Verde. A metà del XVI secolo la colonia figurava tra i primi esportatori di zucchero dell’Africa. La Corona portoghese, a quel punto, decise di reclamare il proprio diritto di proprietà sulle isole (nel 1522 per Sao Tomé e nel 1573 per Principe).

Sao Tomé fu nel XVI secolo un centro fiorente dove crebbe un’organizzazione sociale e politica specifica. La colonizzazione di Sao Tomé da parte dei portoghesi si accompagnò a un mescolamento nelle razze e nelle culture che andò a caratterizzare la società saotomense. Dopo due o tre generazioni una parte del potere economico dell’arcipelago venne detenuto da una popolazione creola nata dall’incontro delle diverse culture africane e della cultura portoghese. E’ questa pluralità che caratterizza la popolazione di Sao Tomé e Principe nel rapporto con le altre colonie, ancora oggi.

A partire dalla fine del XVI secolo gli schiavi africani cominciarono a  essere impiegati su scala crescente nei nuovi domini coloniali nell’America tropicale ed equatoriale, dove la manodopera indigena scarseggiava, a causa del tracollo demografico seguito all’impatto della conquista e ai rigori del dominio europeo (Caraibi, Messico), oppure era già storicamente esigua (Brasile). Un impiego precoce di schiavi africani era stato messo in atto dai portoghesi, come detto, proprio nelle isole dell’Atlantico (Capo Verde e Sao Tomé e Principe), dove avevano introdotto la canna da zucchero. La stessa genealogia di modello produttivo fu introdotta nei Caraibi e in Brasile. Qui le terre erano ancora più adatte che in Africa, ma mancava la manodopera… Insomma: il gusto europeo per lo zucchero fu il principale responsabile del traffico di schiavi verso le Americhe.

La ricchezza di Sao Tomé e Principe iniziò a declinare con la concorrenza delle nuove colonie delle Americhe e in seguito alla crescente difficoltà nel controllo della vasta popolazione di schiavi. In circa un secolo, la coltivazione dello zucchero declinò fino a diventare marginale nell’economia dell’arcipelago, che venne a essere soprattutto un luogo di transito nel commercio degli schiavi dall’Africa al Nuovo Mondo.

Le stime più accreditate del totale di africani deportati oltre l’Atlantico si collocano tra gli oltre 9 milioni che Curtin ritiene aver raggiunto il suolo americano e i circa 12 milioni che secondo Lovejoy avrebbero lasciato l’Africa. La gigantesca differenza tra partenze e arrivi è il pedaggio pagato alle condizioni di trasporto, alla mortalità sulle navi, alla repressione delle rivolte, ai naufragi, alle fughe, ecc. Il commercio degli schiavi ritardò o bloccò la crescita della popolazione nera per circa due secoli. Una battuta d’arresto che va tradotta in termini generali di capacità di sviluppo delle società e delle economie, nello stesso periodo in cui altre parti del mondo conobbero invece tassi eccezionali di aumento demografico. Considerando il mondo, la percentuale degli africani sul totale scese dal 30% nel 1600 a poco più del 10% nel 1900.

Un bilancio completo dovrebbe includere anche le perdite provocate dalle nuove malattie importate dal commercio atlantico nell’Africa occidentale; e, in positivo, il miglioramento delle diete con l’importazione di prodotti come il mais, la manioca o altre specie americane.

Ma torniamo a Sao Tomé e Principe. Nel XIX secolo vennero introdotte due nuove coltivazioni: caffè e cacao, nuovamente con grande successo, tanto che all’inizio del secolo successivo Sao Tomé divenne il principale esportatore di cacao del mondo. Ecco qualche notizia sulla storia del cacao a Sao Tomé, tratta dal mio libro “Sao Tomé e Principe – Diario do centro do mundo”:

“Fu attorno al 1819 – 1822 che i brasiliani portarono dall’altro lato dell’Atlantico a Sao Tomé e Principe la pianta del cacao. Occupati allora con le loro redditizie piantagioni di caffè, i coloni agricoltori portoghesi, inizialmente, non apprezzarono molto la pianta, ma il cacao incontrò in un personaggio straordinario,  Joao Maria de Sousa e Almeida, il Barone di Agua Izé, un difensore di quello che considerava l’’albero dei poveri’. Non per molto. Pochi anni dopo, la quotazione internazionale del cacao raggiunse prezzi impensabili e coloro che lo producevano facevano, in un istante, favolose fortune. Anche in Italia: si racconta che un ricco cioccolataio di Genova fu scambiato per il re quando si presentò all’inaugurazione del teatro Carlo Felice, nel 1828, su una carrozza molto lussuosa. Essendo la carrozza del re molto più piccola, si dice che la gente mormorò: ‘il re ha fatto una figura da cioccolataio’. Ecco, dunque, la spiegazione di un modo di dire rimasto fino ai nostri giorni. L’’albero dei ricchi’ si sviluppava bene a Sao Tomé e Principe e il cacao delle piantagioni aveva, oltretutto, qualità impareggiabili. Nel 1881 le esportazioni erano di circa 500 tonnellate, nel 1898 raggiungevano le 10 mila tonnellate e, nel 1905, Sao Tomé e Principe era l’orgoglioso primo produttore mondiale di cacao. Più o meno in questo periodo iniziò la campagna degli inglesi, raccontata nel romanzo ‘Equatore’, contro il cacao ‘schiavo’ e ‘con odore di carne’ delle isole, svalutandolo. A questo si aggiunsero gli errori tecnici nelle piantagioni, con la soppressione della foresta d’ombra, un periodo prolungato di siccità e gli effetti della Prima Guerra Mondiale sul commercio internazionale, tre motivi che segnarono l’inizio del declino dell’era d’oro del cacao a Sao Tomé e Principe. Terminata la Seconda Guerra Mondiale, verso gli anni 50 del secolo scorso, erano ormai pochi gli agricoltori che vivevano di cacao e solo le grandi imprese sopravvivevano, nonostante il costo. Fino a che il Paese conquistò l’indipendenza (1975), gli agricoltori avevano regolato la capacità e la qualità della produzione alle esigenze del mercato internazionale, equilibrando i conti e approfittando della crescente democratizzazione mondiale del cibo degli dei. Con l’indipendenza subentrò lo Stato, e la sua burocrazia. Produzione, produttività ed esportazione diminuirono. La situazione non migliorò con la riforma fondiaria e la privatizzazione del  1992, anzi. Prima di questa data la superficie coltivata a cacao era di 24.000 ettari, da allora calò progressivamente. L’operaio agricolo non è diventato, nella gran parte dei casi,   un piccolo agricoltore, ma un contadino che coltiva puntando all’autosussistenza. Il cacao è stato in molti casi sostituito dalle culture alimentari (frutta e orticultura), dal pepe e dalla vaniglia, e anche dall’urbanizzazione. Sono mancate l’assistenza tecnica, la formazione, le linee di credito… Ma il quadro non è tutto buio. Negli ultimi anni alcune ‘roças’ (piantagioni) sono state recuperate da imprese e da cooperative. Spesso, ancora oggi, l’eccellente cacao delle ‘isole al centro del mondo’ è prodotto con la qualità che gli ha dato fama internazionale. Il compito del nostro Piano di Sviluppo di Lembà è quello di sostenere queste piccole imprese, associazioni, cooperative, perché crescano produzione, produttività ed esportazione. A tal fine proponiamo infrastrutture, ricerca e formazione, accompagnamento scientifico e tecnico, microcredito… Per un prodotto che sia sempre più di qualità”.

Come ho scritto, la schiavitù ha segnato Sao Tomé e Principe. Sebbene il Portogallo avesse formalmente abolito la schiavitù nel 1876, nelle piantagioni i proprietari terrieri avevano un’autorità praticamente assoluta nei confronti dei braccianti e delle loro famiglie, e viveva un regime di “lavoro forzato retribuito”. Questa situazione (in cui erano coinvolti anche lavoratori angolani) portò a una crescente tensione sociale, sfociata negli scioperi del 1953, in cui molte centinaia di lavoratori africani furono uccisi (massacro di Batepà).

Verso la fine degli anni Cinquanta un piccolo gruppo di abitanti di Sao Tomé formò il Movimento di Liberazione di Sao Tomé e Principe (MLSTP), che aveva la propria base nel vicino Gabon. Il processo verso l’indipendenza fu favorito dalla caduta della dittatura di Marcelo Caetano in Portogallo, nell’aprile del 1974. I rappresentanti del nuovo governo portoghese incontrarono il MSLTP ad Algeri e stipularono un accordo per l’indipendenza dell’arcipelago, ufficializzata il 12 luglio 1975. Come primo Presidente fu eletto il Segretario del MLSTP Manuel Pinto da Costa.

Ho accennato alla fase “socialista”. Nel 1990 Sao Tomé e Principe abbracciò una riforma democratica che portò l’anno successivo a elezioni multipartitiche, libere e trasparenti. Fu eletto Presidente Miguel Trovoada. Oggi il piccolo Stato africano ha gravi problemi economici e sociali ma è una democrazia consolidata, in cui è stata sperimentata l’alternanza di partiti diversi al potere.

Concludo questa parte con un “bilancio” sul colonialismo, che vale anche per Sao Tomé e Principe. Sono due le osservazioni di fondo che fanno Gian Paolo Calchi Novati e Pierluigi Valsecchi nel loro libro “Africa: la storia ritrovata”:

“Un primo dato è la realtà incontrovertibile della condizione di dipendenza nei confronti dell’Occidente in cui l’Africa viene precipitata dalla colonizzazione. Il colonialismo ha causato una radicale ‘estroversione’ delle società e in particolare delle economie africane, con effetti che durano ben oltre la fine del periodo coloniale e la riconquista della libertà politica.

Il secondo dato è la natura autoritaria, sul piano della cultura politica e delle istituzioni, dei sistemi coloniali, che assicuravano posizioni privilegiate ai cittadini della potenza dominante ma anche agli altri bianchi, o comunque ai non africani, mentre alla condizione di nativo era collegata una situazione di inferiorità sociale, giuridica, materiale… Il quadro delle libertà -individuali e collettive- rispetto al potere dello Stato resta per la massa della popolazione estremamente limitato. Non solo, ma -cesura fondamentale dagli effetti prolungati, la cui ricomposizione resta a pesare nella storia successiva del continente- l’accettazione più o meno esplicita da parte di tutti i poteri coloniali di un principio di disuguaglianza su basi razziali o culturali fa retrocedere la società indigena nel suo complesso su un piano di secondarietà nelle preminenze e nelle cure dello Stato, che resta in primo luogo finalizzato al soddisfacimento degli interessi della madrepatria coloniale, dei suoi cittadini a pieno titolo e degli altri membri della ‘razza’ bianca”.

LE SFIDE DEL FUTURO

Parlerò delle sfide del futuro di Sao Tomé e Principe illustrando le linee essenziali del Plano Distrital Integrado de desenvolvimento sustentavel e inclusivo de Lembà (Piano Distrettuale Integrato di sviluppo sostenibile e inclusivo di Lembà), il Distretto più povero del Paese, a cui ho lavorato tra 2015 e 2016 per conto della Ong Alisei, vincitrice di un bando dell’Unione europea.

La finalità del Piano

Le finalità del Piano è dotare il Distretto di Lembà di uno strumento generale di pianificazione e attuazione dello sviluppo sostenibile e inclusivo, che garantisca una partecipazione attiva dei cittadini al confronto pubblico e al dialogo politico e sociale.

La metodologia

Il percorso di diagnosi, costruzione della Visione, elaborazione del Piano di Azioni è basato sul metodo partecipativo: incontri con la Camara Distrital (l’ente locale), con i diversi Ministeri interessati, con il Parque Nacional Obò e, in collaborazione con la Camara, con i rappresentanti della società civile delle diverse comunità del Distretto; raccolta dati attraverso un questionario distribuito nei centri abitati del Distretto.

Il coinvolgimento diretto delle istituzioni e della società civile è la condizione essenziale affinché l’introduzione dei necessari cambiamenti sia condivisa e affinché attorno al Piano cresca il “sentimento di una grande impresa comune”, che favorisca il partenariato tra una pluralità di soggetti attuatori (Stato, Camara, Parque Nacional, imprese private, società civile, cooperazione internazionale…).

La diagnosi
1 – La popolazione

Il Distretto ha una popolazione di 15.370 abitanti. I residenti vivono per la maggior parte in ambito urbano, 10.000 circa; 5.000 circa vivono in ambito rurale.

La popolazione è giovanissima: le fasce d’età più numerose sono quelle 0-4 anni, poi 5-9, 10-14, 15-19 e così via a calare. I residenti da 0 a 34 anni sono 11.370, tutti gli altri insieme superano di poco i 3.000.

Su 9.165 residenti sopra i 12 anni 8.864 non sono sposati, lo sono solamente 261. Ma le unioni di fatto sono 4.362. Le famiglie sono 3.505, in 2.526 il responsabile è un uomo, in 979 una donna.

Si tratta di famiglie numerose: 520 sono composte da una persona, 403 da due, 515 da tre, 592 da quattro, 544 da cinque, 397 da sei, 269 da 7. Le persone vivono con i figli (6.916 casi), con il coniuge o compagno (2.236 casi), con i nipoti e bisnipoti (966 casi). Le 3.505 famiglie sono in maggioranza nucleari (1.429 casi) o composte da una persona sola (520 casi).

La diagnosi
2 – La povertà

Il Distretto è il più povero del Paese: l’incidenza della povertà estrema è del 20,2%, la più alta tra tutti i Distretti. Il fenomeno è ancora più alto tra le donne capo famiglia.

La diagnosi
3 – L’educazione

Il livello di alfabetizzazione  è abbastanza buono: su 12.184 residenti di età superiore ai 5 anni, 9.694 sanno leggere e scrivere, 2.490 no. Questi ultimi sono anziani ma non solo (ci sono anche quote significative di bambini e ragazzi), e in percentuale sono più presenti in ambito rurale. Tra i 13.210 di età superiore ai 3 anni quelli che non hanno mai frequentato una scuola sono 2.252. Gli altri hanno frequentato soprattutto la scuola di base (8.110), 1.870 quella secondaria, 850 la prescolare, 8 il tecnico/professionale, 10 la superiore (Università), 67 i corsi di alfabetizzazione, 43 quelli di educazione di giovani e adulti. La situazione è in via di miglioramento, ma la qualità della formazione è ancora bassa, quella prescolare è poco sviluppata, quella superiore ha alti tassi di abbandono anche perché le scuole sono poche e lontane (dall’11° anno sono fuori Distretto).

La diagnosi
4 – La salute

Il sistema sanitario ha raggiunto risultati in alcuni campi, ma è ancora lontano dal fornire cure efficienti ai residenti, soprattutto a quelli dell’ambito rurale. Le malattie sono in gran parte legate al degrado ambientale.

La diagnosi
5 – Gli alloggi e l’ambiente

Gli alloggi hanno in gran parte o una stanza per dormire (1.590) o due stanze (1.402). 2.528 alloggi sono di proprietà di chi ci abita, 280 sono in affitto, 680 in uso gratuito. La grande maggioranza è costruita in legno, con copertura in zinco. L’acqua da bere proviene in gran parte dalla rete pubblica, incluse le fontane, ma non è potabile. Il bagno in casa non c’è in 2.228 alloggi. In 2.328 casi l’immondizia viene gettata in un terreno incolto, la Camara Distrital provvede in 857 casi, quasi tutti in ambito urbano. In 2.416 alloggi il combustibile usato per cucinare è la legna, seguita dal carbone (582). La maggioranza degli alloggi non ha energia elettrica.

La diagnosi
6 – I cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici producono effetti anche nel Distretto: l’aumento del livello del mare comporta l’inondazione delle case costruite vicino al mare; crescono l’erosione de suolo, le frane, le malattie originate dalla cattiva qualità dell’acqua.

La diagnosi
7 – L’occupazione

Il 48% della popolazione superiore ai 10 anni risulta inattiva; la percentuale è molto più elevata per il genere femminile (63%). Su 9.931 residenti sopra i 10 anni 4.654 sono occupati, 624 disoccupati, 4.653 inattivi (soprattutto donne: si tratta di studenti e di casalinghe, pochi i pensionati).

Quasi la metà degli occupati lavora nell’agricoltura, nella pesca e nella foresta, gli altri nei servizi e nell’industria/artigianato. La maggior parte delle donne figura come persona di servizio o “venditrice” di pescato e di prodotti agricoli. Le donne che figurano come “inattive”  si occupano della casa, dei figli e degli anziani, e molto spesso fanno un lavoro “informale”.

377 occupati lavorano per altri con un contratto, 1.395 per altri senza un contratto, 2.375 sono lavoratori per conto proprio, 319 sono lavoratori familiari non remunerati, gli altri sono impiegati nella pubblica amministrazione e  nelle forze armate.

La diagnosi
8 – I settori economici

Le attività industriali sono limitate alla fabbrica di birra Rosema e all’Empresa Nacional de Combustivel (ENCO).

L’economia si basa principalmente sulla pesca e sull’agricoltura.

Il Distretto ospita nel suo territorio la maggior parte del Parque Natural Obò, unico nel suo genere in termini di biodiversità e di elevato endemismo. Il Parco offre un enorme potenziale ecoturistico per il Distretto, fino a questo momento non sufficientemente valorizzato.

La pressione antropica si manifesta principalmente con l’abbattimento illegale di alberi, soprattutto nelle zone “tampone” del Parco.

La diagnosi
9 – Le autonomie locali e la società civile

La Camara Distrital ha una carenza di quadri formati, e affronta enormi difficoltà in termini di pianificazione, gestione e attuazione delle politiche e strategie di sviluppo.

La partecipazione dei cittadini al confronto pubblico e al dialogo politico e sociale è lontana dal desiderabile. Non esiste un approccio partecipativo ampio ai processi di definizione e di attuazione dei programmi delle autorità locali.

La società civile è ancora poco strutturata e partecipa in modo limitato all’elaborazione delle strategie di sviluppo locale.

La Visione
1 – Sao Tomé e Principe 2030. O pais que queremos

UNDP, agenzia delle Nazioni Unite, su sollecitazione del Governo di Sao Tomé e Principe e con il coinvolgimento della società civile, ha elaborato il documento “Sao Tomé e Principe 2030. O Pais Que Queremos”,  un Relatorio das Aspiraçoes, che si configura come un contributo aperto per la costruzione della Visao 2030 per Sao Tomé e Principe. Quattro sono, secondo il documento, gli ordini di fattori che condizionano l’avanzata di Sao Tomé e Principe verso la concretizzazione di questa Visione:

1)La creazione di uno Stato di diritto, forte e democratico;

2)La conquista di uno sviluppo economico sostenibile e inclusivo e la creazione di occupazione;

3)La risposta alle sfide dello sviluppo umano: riforma del progetto educativo, riorganizzazione del sistema sanitario, miglioramento della qualità della vita e promozione dell’eguaglianza di opportunità tra i cittadini; 4)La costruzione di politiche pubbliche capaci di sviluppare i comportamenti civici e la partecipazione dei cittadini come agenti propulsori dello sviluppo.

La Visione
2 – Lembà 2030 – Linee strategiche prioritarie di sviluppo del Distretto

Sulla base della diagnosi è stata elaborata la proposta “Lembà 2030 – Linee strategiche prioritarie di sviluppo del Distretto”. Essa si configura come un contributo alla discussione sulla Visao 2030 per Sao Tomè e Principe: il futuro del Distretto non può  prescindere da quello del Paese e, a sua volta, il futuro del Paese ha una base decisiva nel futuro dei suoi territori e nello sviluppo locale.

Gli assi strategici della proposta “Lembà 2030” sono coerenti con quelli elaborati da UNDP:

1)Istituzioni locali riformate e più forti, con un potere effettivo;

2)Uno sviluppo sostenibile e inclusivo basato su una pluralità di vocazioni produttive, con al centro il turismo sostenibile;

3)Un indice di sviluppo umano elevato, che combatta la povertà e le diseguaglianze e il degrado ambientale;

4)Una società unita sulla base di valori culturali ed etici di rispetto per il prossimo e per l’ambiente, grazie allo sviluppo sostenibile, vissuto come impegno ampio, strategico, integrato, inclusivo verso tutti i gruppi sociali, reso concreto da azioni e misure che favoriscono i cambiamenti nelle relazioni tra le persone e nel pensiero collettivo.

Il Piano di Azioni
1 – I Progetti “Bandiera”

Per ognuno di questi quattro assi strategici la proposta individua un Piano di Azioni, e al suo interno alcuni progetti “bandiera”, considerati prioritari e “simbolici”.

Il Piano di Azioni
2 – Istituzioni locali riformate e più forti
 Lo “Sportello per il cittadino”

Il progetto, inserito nell’iniziativa nazionale tesa a rivedere la divisione politico-amministrativa del Paese, a dare più potere ai Distretti e a migliorare il loro accesso alle risorse finanziarie, sarà realizzato in partenariato tra Camara Distrital, Ministerio da Aministraçao Interna e Associaçao Nacional das Autarquies Locais e Regional.

Lo “Sportello per il cittadino” è un punto di informazione per i cittadini; di segnalazione, da parte dei cittadini, di reclami e di proposte; di rilascio dei documenti anagrafici (carte di identità, certificati di residenza, di nascita e di morte, ecc); degli atti dei registri notarili; delle licenze edilizie; delle licenze commerciali; dei documenti per la circolazione; di riscossione, da parte del Distretto, delle tasse e imposte previste per tali documenti e atti.

Il Piano di Azioni
3 – L’economia: più vocazioni, con al centro il turismo sostenibile
La “Strada del cacao” e il “Museo del cacao”

Il progetto, che sarà realizzato in partenariato tra Camara Distrital, Ministerios da Agricultura e Desenvolvimento Rural e Direçao do Turismo do Ministerio da Economia e da Cooperaçao Internacional, Parque Nacional, Plataforma do Turismo Responsavel e Sustentavel, prevede:

La realizzazione della “Strada del cacao” tra Ponta Figo e Monte Forte, del  “Museo del cacao” nella roça di Ponta Figo e del punto di informazione turistica e di marketing turistico per il Distretto e per il Parque Nacional nella roça di Ponta Figo;

La manutenzione e la messa in opera di segnaletica nei sentieri del Parque e della zona tampao;

L’appoggio  all’azione di controllo nel Parque Nacional, per evitare la distruzione delle foreste e l’estinzione delle specie endemiche;

Incentivi agli investimenti in campo turistico, sia stranieri che locali (imprese, famiglie, cooperative, reti

comunitarie);

La promozione della formazione nell’area del turismo (hotel, ristoranti, punto di informazione, guide ecologiche);

Il sostegno  alla commercializzazione dei prodotti biologici e dell’artigianato locale.

Il Piano di Azioni
4 – Economia: più vocazioni, con al centro il turismo sostenibile
Cioccolato e fruta-pao per il mercato interno e per l’export

Il progetto, che sarà realizzato in partenariato tra Camara Distrital, Ministerio da Agricultura e Desenvolvimento Rural, associazioni, imprese e cooperative degli agricoltori, riguarderà:

Il sostegno alle associazioni,  imprese e cooperative degli agricoltori, in particolare alla cooperativa di cacao biologico CECAB, impegnata a realizzare una fabbrica di produzione di cioccolato, per la vendita nel mercato interno e l’esportazione nei Paesi vicini;

L’elaborazione di uno studio, in partenariato tra imprese saotomensi e straniere e d’intesa con la Ong Alisei,  impegnata in un progetto per lo sviluppo dei prodotti locali della terra nelle mense scolastiche, finalizzato a un maggiore utilizzo della fruta-pao fresca e della sua farina nel mercato interno e alla verifica di tutte le possibilità di esportare i due prodotti in Paesi dove è molto diffusa la celiachia.

Il Piano di Azioni
5 – L’economia: più vocazioni, con al centro il turismo sostenibile
Una società mista per la pesca

Il progetto prevede, in partenariato tra Camara Distrital, Direçao das Pescas do Ministerio da Economia e da Cooperaçao Internacional, imprese private, la costituzione di una società mista pubblico-privata per la pesca dei pesci demersali e per la gestione dell’impianto per la pesca industriale di Neves, costituita dallo Stato, che conferirà la struttura e la concessione della licenza di pesca, e da un’impresa straniera , che conferirà la flotta e l’impegno di gestione della struttura; la società dovrebbe collaborare con le imprese locali, le associazioni di pescatori e palaies e assumere una parte dei pescatori artigianali.

Il Piano di Azioni
6 – L’economia: più vocazioni, con al centro il turismo sostenibile
L’iniziativa “Foresta Modello”

Il progetto prevede, in partenariato tra Camara Distrital e Direçao das Florestas do Ministerio da Agricultura e Desenvolvimento Rural, lo sviluppo dell’iniziativa di Foresta Modello, così articolata:

Iniziative di sensibilizzazione della popolazione e di educazione ambientale;

Elaborazione di un Piano di Riforestazione produttiva della zona tampao con specie forestali native, basato sul coinvolgimento attivo delle comunità;

Sperimentazione della coltivazione e dell’utilizzo controllato del bambù in un sito pilota, come materiale sostitutivo della madeira nella costruzione, in particolare, di abitazioni e di mobili, al fine di ridurre l’abbattimento illegale di alberi e il suo impatto sugli ecosistemi forestali;

Sperimentazione, in una comunità del Distretto, del Piano di gestione comunitaria della foresta, avendo come base di riferimento il Piano di gestione comunitaria dello Stato di Amazonas in Brasile;

Utilizzazione dei residui della foresta per la produzione di pannelli di legno;

Utilizzazione della biomassa per la produzione di energia alternativa al carbone, in particolare pellet prodotto artigianalmente compattando la segatura e i sottoprodotti di segherie, carpenterie e falegnamerie;

Valorizzazione di tutti i prodotti forestali non legnosi (piante medicinali, fiori, ecc).

Il Piano di Azioni
7 – La sfida dello sviluppo umano
Educazione per tutti

In partenariato tra Camara Distrital e Ministerio da Educaçao,Cultura e Ciencia, si provvederà, al fine di garantire a tutti l’accesso alla formazione prescolare, primaria e secondaria, a:

Costruire una nuova scuola secondaria a Neves;

Costruire una nuova scuola prescolare a Neves, nel quartiere di Rosema;

Costruire 4 nuove aule nella scuola primaria di Santa Catarina;

Terminare la costruzione della scuola primaria di Ribeira Funda;

Potenziare la dotazione di cattedre e banchi in tutte le scuole;

Costruire o ristrutturare i bagni in tutte le scuole;

Rafforzare le mense scolastiche e generalizzarle nella scuola primaria;

Utilizzare, in tutti i cicli, le Tecnologias de Informaçao e Comunicaçao (TIC) come strumento base di sviluppo innovativo del sistema educativo;

Rafforzare, qualificare e diversificare l’offerta di formazione professionale;

Garantire  l’accesso in tutti i cicli ai portatori di handicap;

Sradicare l’analfabetismo nei giovani con più di 15 anni e negli adulti, con appositi corsi.

Il Piano di Azioni
8 – La sfida dello sviluppo umano
Salute per tutti

In partenariato tra Camara Distrital e Ministerio da Saude, al fine di garantire a tutti l’accesso alle prestazioni sanitarie e di migliorarle, si provvederà a:

Potenziare il Centro di Salute di Neves: il Centro, che ospita attualmente il Pronto Soccorso e i reparti di Maternità, Pediatria e Medicina Interna, per un totale di 42 posti letto, ha bisogno di un blocco operatorio, della banca del sangue, di un centro di riabilitazione nutrizionale per l’infanzia, di un potenziamento dei laboratori di analisi e degli strumenti diagnostici, di un aumento del numero dei medici, di una riorganizzazione degli spazi dell’edificio, della realizzazione di un refettorio per i malati e per il personale, della risoluzione del problema dell’acqua potabile e dell’elettricità;

Costruire un nuovo Posto di Salute a Diogo Vaz, in sostituzione di quello esistente;

Dotare di un generatore elettrico il Posto di Salute di Santa Catarina, perché funzioni anche durante la notte;

Potenziare la presenza dei medici nei Posti di Salute di Diogo Vaz e Santa Catarina;

Ristrutturare i Posti di Salute comunitari e realizzarli nelle comunità in cui non ci sono (Ribeira Funda e Santa Jeny);

Potenziare il servizio di ambulanza.

Formare e qualificare il personale medico.

Il Piano di Azioni
9 – La sfida dello sviluppo umano
Un ambiente migliore per tutti

In partenariato tra Camara Distrital e Ministerio das Infraestruturas, Recursos Naturais e Ambiente, si provvederà a:

Realizzare, in partenariato con la Ong Tese, un nuovo Piano dei rifiuti: separazione dei rifiuti organici dai restanti rifiuti; compostaggio domestico e comunitario; un centro di separazione, riciclaggio e riutilizzo dei rifiuti solidi; una discarica controllata con recupero del biogas;

Sviluppare il risparmio e l’efficienza energetica e le energie rinnovabili (costruzione di centrali idroelettriche e di impianti solari ed eolici, utilizzo dei residui forestali e dei sottoprodotti di segherie, carpenterie e falegnamerie per produrre energia da biomassa); introdurre le “stufe a carbone migliorate”, fatte in ceramica con argilla locale, e dotate di un supporto metallico, per ridurre le perdite e il consumo di energia ottenuta con la madeira;

Costruire le case non con la madeira (se non importata) o con l’arena delle spiagge, ma sperimentando il bambù;

Rendere i taxi e gli autocarri, e i combustibili, meno inquinanti;

Costruire un depuratore per le acque sia domestiche che industriali;

Provvedere all’approvigionamento idrico con acqua potabile (un intervento è in corso di realizzazione) e al risanamento  igienico delle abitazioni.

Il Piano di Azioni
10 – La partecipazione e un nuovo spirito civico

In partenariato tra la Camara Distrital, i Ministeri interessati e le associazioni della società civile delle diverse comunità, si provvederà a:

Creare il Consiglio Distrettuale per il Piano e i Consigli Distrettuali di settore, organi consultivi presieduti dal Presidente della Camara Distrital, composti da rappresentanti dell’Assemblea Distrital, da rappresentanti del Governo nazionale e da rappresentanti della società civile delle comunità locali, con il compito di partecipare all’elaborazione delle grandi linee del Piano e dei piani di settore;

Creare strutture intercomunitarie (comitati di interzona) che si collochino in una posizione intermedia tra le autorità distrettuali e le diverse comunità del Distretto, per favorire la partecipazione dei cittadini;

Attivare strumenti partecipativi in tutte le altre politiche pubbliche del Distretto;

Promuovere il volontariato, l’associazionismo, le organizzazioni della società civile, il cooperativismo;

Promuovere l’educazione civica e l’educazione ambientale nelle scuole e nelle comunità;

Rafforzare l’identità culturale saotomense.

Considerazioni conclusive

Sao Tomé e Principe è per me un “centro del mondo” non solo geografico ma anche politico e culturale. Perché, come dice Papa Francesco, “il mondo si capisce meglio dalle periferie”. “Noi” e “loro” affrontiamo grandi temi comuni: come crescere senza distruggere l’ambiente e l’identità dei luoghi, come contrastare il cambiamento climatico, come fare comunità e rendere la società più coesa… Quindi la mia riflessione su Sao Tomé e sull’Africa è anche una riflessione su di noi: sui valori fondamentali dell’umanesimo, i soli dai quali potrà venire la salvezza dell’Europa e dell’Africa. I valori delle donne e degli uomini semplici che si battono per l’emancipazione di sé, per migliorare le proprie vite insieme agli altri, in un cammino collettivo e solidale.

Ho sempre pensato che la  grande politica sia la capacità di rendere le persone autonome, capaci di autogovernarsi da sé. Ecco perché ho lavorato per un Piano che fosse “di” Lembà, non “per” Lembà: una “costruzione sociale” partecipata e condivisa. E ho trovato una grande rispondenza nei saotomensi: anche in loro ci sono povertà spirituale e individualismo -frutto del colonialismo e del neocolonialismo- ma anche e soprattutto spiritualità e solidarietà comunitaria.

Al centro di questa “costruzione sociale” non può che esserci il Comune, l’ente locale. La consapevolezza della centralità dei sistemi locali e dei territori fa anch’essa parte da molto tempo della mia cultura politica. Da qui la mia duplice “rotta”: le persone e i territori. Lo sviluppo locale come l’ambiente più favorevole per la crescita dell’autonomia delle persone.

Ho cercato di far sì che nel mio lavoro di cooperante i saotomensi fossero il soggetto e non l’oggetto. Ma ho anche cercato, insieme a loro, di far sì che negli obbiettivi del Piano Sao Tomé e Principe fosse soggetto del suo sviluppo e non oggetto di un nuovo dominio neocoloniale. Oggi sono forti le spinte che indicano per Sao Tomé e Principe una via fondata sul petrolio e che vogliono far diventare il Paese un grande hub logistico per il golfo di Guinea: ma in questo modo il Paese sarebbe devastato e perderebbe la sua identità. Il merito del Piano è quello di proporre un’altra opportunità, condivisa dai saotomensi, dalla Camara Distrital e in ultimo anche dal Governo centrale, che pure aveva inizialmente idee diverse. Uno sviluppo basato sull’ecoturismo e sulla salvaguardia della biodiversità. E’ un tentativo ‘in direzione ostinata e contraria’ rispetto alle tendenze globali. I saotomensi possono farcela: molto dipende da loro, ma molto dipende anche da noi.

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