Documento del Comitato promotore dell’Osservatorio Civico Ligure per l’incontro con i candidati a Sindaco del Comune di Genova
Il Comitato Promotore dell’Osservatorio Civico Ligure ha come scopo la promozione della partecipazione attiva, critica e informata dei cittadini liguri alla vita sociale, politica e culturale della regione, attraverso l’esercizio sostanziale dei loro diritti, doveri e responsabilità civili e politici.
In particolare il Comitato promuove la difesa sostanziale dei beni comuni patrimonio della collettività ligure e il rinnovamento degli assetti istituzionali, incoraggiando la partecipazione attiva dei cittadini alle scelte strategiche di competenza del governo locale, regionale e nazionale.
In vista delle elezioni comunali di Genova il Comitato, che pure ha elaborato nei mesi scorsi documenti sui principali temi programmatici che riguardano Genova e la Liguria, ha ritenuto opportuno concentrare l’attenzione e il confronto su alcune limitate questioni, perché poco discusse nonostante il loro carattere strategico per la città.
La prima questione è quella del diritto alla cultura: la cultura diffusa e decentrata, la cultura della tutela del paesaggio e del patrimonio culturale diffuso, la cultura della memoria storica. Non solo e non tanto la cultura del turismo culturale.
La seconda questione è quella di una rivoluzione istituzionale e amministrativa di tipo europeo: elezione diretta del Sindaco e del Consiglio della Città Metropolitana di Genova e costituzione di nuovi Comuni con più poteri rispetto agli attuali Municipi.
La terza questione, strettamente legata alla seconda, è quella di una rivoluzione politica nel campo della pianificazione strategica e della pianificazione territoriale e urbanistica: una pianificazione partecipata e condivisa con i cittadini e gli attori sociali, che ricerchi l’equità territoriale nella distribuzione delle risorse e delle opportunità dell’intero territorio metropolitano.
I. Quale politica culturale e dei diritti del cittadino per Genova?
La più recente letteratura politica viene da tempo dimostrando la centralità della cultura nell’orizzonte dei diritti dei cittadini. Per essere esercitato, questo diritto alla cultura richiede da parte dei cittadini la presa di possesso del patrimonio, del paesaggio e della memoria storica accumulati su un territorio che da elemento fondante l’ordinamento statale diventa anch’esso spazio culturale, capitale cognitivo mediante il quale i cittadini esercitano il diritto alla democrazia, all’uguaglianza e alla libertà. È solo per questa via che si aumenta il capitale civico e si contribuisce alla creatività dei cittadini con effetti benefici nella gestione partecipata del patrimonio della collettività che il Comune stenta con le sue sole forze a curare.
In particolare stentano alcuni servizi culturali, come il sistema bibliotecario del Comune, per mancanza di risorse. La biblioteca di municipio potrebbe invece diventare l’unità basica di un tessuto culturale diffuso, che va a completare le più importanti istituzioni culturali che propongono un’offerta più elitaria e destinata soprattutto al turismo culturale.
Il candidato è disponibile a riconoscere come prioritario il potenziamento di questa vocazione culturale diffusa e decentrata, che ultimamente è stata sovrastata da una vocazione turistica che tende a privilegiare più la domanda alta di turisti culturali esterni (grandi mostre d’arte, festival della scienza e della geopolitica ecc.) che la cultura diffusa dei cittadini comuni? È disponibile a considerare prioritaria la tutela del paesaggio e del patrimonio culturale diffuso come strumento di democrazia, di attivazione della cittadinanza e di riappropriazione del territorio e delle istituzioni? È disponibile a considerare prioritaria la difesa e il potenziamento della memoria storica e delle più vive tradizioni democratiche del territorio?
II. La Città Metropolitana e l’articolazione territoriale del Comune di Genova sono da riformare?
Una delle più palesi anomalie della cosiddetta riforma “Del Rio” degli enti locali è rappresentata dall’attribuzione, al Sindaco del Comune capoluogo della Città Metropolitana, della qualifica di Sindaco metropolitano “di diritto”. In questo modo il titolare di un organo elettivo di primo grado si trova a dirigere un ente a capo del quale è stato “nominato” in forza dell’elezione diretta da parte di un altro collegio elettorale, peraltro più piccolo, e a gestire i due enti attraverso rispettivamente un consesso elettivo (il Consiglio comunale) e uno di secondo grado (il Consiglio metropolitano) in parte espressione del primo. Di questa anomalia, che si traduce in un evidente deficit di democrazia rappresentativa e in non meno forti squilibri e difformità politiche (maggioranze diverse, coalizioni ibride), la riforma sembra consapevole dal momento che l’art. 1 prevede l’elezione diretta del Sindaco e del Consiglio metropolitano con un sistema elettorale che sarà determinato con legge statale. Lo Statuto della Città di Genova contempla questa possibilità alla condizione fondamentale che entro la data di indizione delle elezioni (a suffragio diretto) si sia proceduto ad articolare il territorio del Comune capoluogo in più Comuni, secondo questo iter:
1) Proposta di articolazione territoriale da adottarsi con deliberazione del Consiglio comunale del capoluogo, approvata secondo le procedure dell’art 6, comma 4 del T.U. enti locali, cioè col voto dei 2/3 dei componenti da raggiungersi in successive votazioni.
2) Sottoposizione della deliberazione a referendum fra tutti i cittadini della Città metropolitana, da effettuarsi sulla base delle norme regionali vigenti e da considerarsi valida se approvata dalla maggioranza dei partecipanti al voto;
3) Approvazione di una legge regionale che – a norma dell’art 133 della Costituzione – provveda all’istituzione dei nuovi Comuni e alla loro denominazione.
La procedura è senz’altro complicata – si potrebbe chiedere al Governo che, nel quadro di una più ampia revisione della “Del Rio”, necessaria dopo la mancata soppressione delle Province, si faccia promotore di una procedura più semplice e praticabile, che soddisfi le esigenze rappresentate – ma evidenti sono comunque i vantaggi in termini non solo di democrazia rappresentativa ma anche di riequilibrio territoriale e politico di un ente indubbiamente squilibrato; nonché in termini di efficacia amministrativa, a causa delle difficoltà, per il Sindaco di un grande Comune, di governare anche un territorio molto più ampio e portatore di problematiche diverse.
È disposto il candidato a riconoscere il deficit di democrazia di questo assetto e ad attivare l’iter per sanarlo? È disposto a riconoscere anche il vantaggio di dare maggior potere ai cittadini e maggiori competenze (rispetto ai Municipi) ai nuovi Comuni che verrebbero a costituirsi? Ritiene giusto rendere più omogenea, efficiente e vicina ai cittadini l’attuale struttura municipale che si distende tra Nervi e Voltri? Ritiene giusta la ricerca di nuove direttrici territoriali per dare maggiore coesione a un territorio che ne è carente, riorganizzandolo, per esempio, lungo le direttrici verticali dei suoi maggiori corsi d’acqua (Bisagno, Polcevera, Cerusa), contribuendo in questo modo a unire i mondi separati di costa e entroterra, di mare e montagna e a riconoscere l’importanza delle valli e dei bacini idrografici che oggi rappresentano più una minaccia che una opportunità?
III. La Città Metropolitana (CM): un vuoto a perdere?
Il tema CM appare praticamente assente dalla campagna elettorale che finora ha fatto riferimento ai tradizionali problemi delle precedenti campagne elettorali, come se dal 2013 non fosse intervenuta la riforma e, soprattutto come se non avessimo alle spalle una prima sperimentazione della CM che sarebbe da valutare nei suoi limiti e criticità.
Questa sottovalutazione impedisce di utilizzare le opportunità che la riforma offre per una modernizzazione della governance locale e delle politiche territoriali e di valorizzazione delle risorse specificamente ambientali e paesaggistiche di un patrimonio comune che rimane ancora largamente potenziale. Le norme statutarie della CM prevedono, come si è già visto, non solo la possibilità di mettere in cantiere il ridisegno del tessuto comunale metropolitano verso assetti di maggiore equità territoriale, maggiore concertazione e partecipazione dei cittadini metropolitani, ma anche di lavorare sulle funzioni e competenze comunali in vista di una migliore governance locale, approfittando della possibilità di una “doppia devoluzione” di funzioni comunali sia verso l’alto, sia verso il basso per creare municipalità metropolitane più omogenee ed efficaci. Questa devoluzione va nel senso di una prospettiva di CM di tipo europeo che non si accontenta della “regione urbana funzionale” caratterizzata da poche funzioni di raccordo già tipiche della Provincia e dal sostanziale mantenimento del ruolo attuale dei Comuni o delle Unioni di Comuni. Da questo punto di vista è chiaro che le due riforme – quella che investe la geografia amministrativa e l’elezione diretta, e quella più sostanziale delle competenze – dovranno procedere insieme per garantire il massimo di democrazia.
Istituire nel Genovesato una CM di tipo europeo potrebbe significare per il Comune e il Sindaco di Genova una rivoluzione politico-amministrativa che finora non si è vista, sia nel campo della pianificazione strategica che in quella della pianificazione territoriale e urbanistica. Non solo per il fatto che la riforma prevede l’adozione di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l’ente ma anche per l’esercizio delle funzioni dei Comuni e delle Unioni di Comuni, ma soprattutto perché attribuisce alla Città Metropolitana la funzione fondamentale della pianificazione territoriale generale in nome dell’equità territoriale nella distribuzione delle risorse e delle opportunità nell’intero territorio metropolitano e per questo fissa vincoli e obiettivi all’attività e all’esercizio delle funzioni dei Comuni. È disposto il candidato Sindaco metropolitano (pro tempore) a riconoscere che orientamenti e indirizzi delle politiche territoriali non possano più prendersi solo a livello comunale ma debbano essere presi a livello metropolitano e tutto questo su materie di grande importanza come possono essere quelle connesse alla resilienza, alla tutela del suolo, alla valorizzazione delle risorse e al più generale riequilibrio territoriale? È disposto a riconoscere il concetto di equità e “giustizia territoriale” tipico di un modello non competitivo di organizzazione del territorio ? È disposto a riconoscere la necessità di un esercizio di creatività istituzionale e amministrativa per dare maggior respiro alla politica e alla partecipazione dei cittadini? Per rendere quest’ultima effettiva e non più l’esercizio retorico che finora è stata?
Popularity: 2%