Rifondare l’Europa
Città della Spezia, 26 marzo 2017 – “Un continente allo sbando sul piano economico, sociale ed anche etico”: così il XV Rapporto “Diritti globali”, a sessant’anni dalla firma dei trattati di Roma, descrive l’Europa. Un grande patrimonio comune, fatto di conquiste sul terreno dei diritti e della democrazia, si sta disperdendo insieme allo stato sociale, a speranze e ad aspettative. Negli ultimi anni, con trattati ingiusti, austerità, dominio della finanza, precarizzazione del lavoro, discriminazione di donne e giovani, muri e respingimenti dei migranti, anche in Europa sono cresciute a dismisura diseguaglianza e povertà.
Il compromesso durato per molti anni nel dopoguerra, che ha sostenuto le società europee e l’Unione europea, con stato sociale, alta occupazione e miglioramento del tenore di vita per molti, è stato rotto dalle classi dominanti sotto il segno del neoliberismo. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Al cuore di questa crisi c’è la mancanza di una vera democrazia: un federalismo giuridico privo di un governo politico federale democratico non è a lungo sostenibile. Questo è il grande vizio d’origine: la creazione di un’unione giuridica ed economica prima dell’unione politica. Ma senza una sovranità politica europea c’è la sovranità dei mercati, ai cui dettami la politica europea è stata ed è subordinata.
Ultimamente grandi sono state le responsabilità della classe dirigente della Germania, e di Angela Merkel in particolare: il potere politico ed economico di Berlino ha sfasciato l’Unione. Fa tristezza pensare che il sogno europeo, pensato nel confino di Ventotene da politici antifascisti, sia andato in rovina sotto i colpi di questa signora, cresciuta nella DDR del “socialismo reale”, dove aveva svolto una brillante carriera nelle strutture del partito-Stato senza mai elevare una protesta contro il regime, fino a scoprire, caduto il muro di Berlino, di essere sempre stata una fiera anticomunista.
Oggi siamo al bivio: tra la salvezza delle vite umane o quella della finanza o delle banche, la piena garanzia o la progressiva riduzione dei diritti universali, la pacifica convivenza o le guerre, la democrazia o le dittature.
Siamo al match della vita. La grande occasione è tornare al sogno europeo e realizzarlo, come alternativa a Trump e a Putin. Non a caso Usa e Russia sono così aggressivi contro un soggetto oggi politicamente debole se non irrilevante come l’Europa: perché hanno capito quale ingombrante ruolo di peso potrebbe giocare, se solo fosse unita (e quindi democratica e solidale).
Ma come rifondare l’Europa? Secondo alcuni una ripresa del potere democratico si può determinare, innanzitutto, tornando alla sovranità nazionale, ai vecchi Stati. Io credo invece che noi non dobbiamo smettere di essere europei, che non dobbiamo accettare questa minaccia incombente di dissoluzione dell’orizzonte europeo. Il problema dell’Unione europea non è il recupero della sovranità nazionale, ormai puramente mitica, ma il recupero della democrazia. Solo così sarà possibile un nuovo sviluppo, fondato su alcuni pilastri: incentivare gli investimenti pubblici, finalizzarne l’uso a nuova occupazione e alla redistribuzione di quella esistente con incentivi alla riduzione degli orari di lavoro, riequilibrio della pressione fiscale accentuandone la progressività. Ma chi può farlo? La Commissione europea, il cui passato Presidente è un agente di Goldmann Sachs? No, solo un movimento di cittadini dal basso può rivitalizzare l’Unione europea agonizzante. E’ vero, qualcosa si muove nei partiti: in Germania Schulz sembra voler tirar fuori la socialdemocrazia tedesca dalla palude dell’insignificanza politica in cui è precipitata facendo da dama di compagnia del governo Merkel, per recuperare la lezione dei Brandt e degli Schmidt. Vorrei un ritorno allo scontro tra le famiglie storiche della politica europea, i socialisti e i conservatori. Ma sono stato troppo scottato da tante delusioni. L’Internazionale progressista di cui parla Yanis Varoufakis nascerà anche da forze interne dei partiti, ma soprattutto da noi cittadini. Come ha scritto un “grande vecchio” della sinistra europea, il sociologo Alain Touraine: “Quello che manca è una vera iniziativa della società civile per creare un’Europa davvero democratica… la democrazia non è solo un fatto istituzionale, senza i movimenti, senza i conflitti, senza i soggetti, non c’è democrazia”. Oggi dirsi di sinistra vuol dire essere cittadini attivi ed europeisti. Leggiamo ancora Touraine: “Senza Europa, anche se un’Europa diversa, di fronte a noi c’è solo l’isolamento, l’irrilevanza, il regresso umano e civile. E certamente le élites globali dell’economia e della finanza sarebbero meno danneggiate dalla fine dell’Europa di quanto non lo sarebbero le classi medie e i ceti popolari”.
Post scriptum: dedico questo articolo alla memoria di Alfredo Reichlin, partigiano e dirigente di primo piano del Pci, appassionato umanista della politica. Allora si tenevano i grandi comizi in piazza o al Teatro Civico, gremito anche nei palchi e in galleria. Era costume che un dirigente locale, all’inizio, introducesse il dirigente nazionale. Nel 1983 avevo 29 anni, ero un giovanissimo (per le consuetudini di quei tempi) membro della segreteria provinciale del Pci, un partito che a Spezia aveva -oggi sembra inverosimile- oltre 20.000 iscritti. La prima volta che parlai al Civico fu prima di un comizio di Reichlin. Ricordo i complimenti che mi fece a cena. Quando, nel 1984, morì Enrico Berlinguer, la segreteria spezzina si espresse per Reichlin segretario. Ma prevalse la scelta di Alessandro Natta, ligure, a cui eravamo legatissimi. Alfredo ci disse che era giusto così. Tra i tanti messaggi di cordoglio mi ha colpito quello di Paolo Spaini, che ha ricordato Reichlin con queste parole: “Compagno di classe alle elementari, comunista serio. Non saremo coperti dalle macerie”. Quella generazione non merita di essere coperta dalle macerie. Battersi oggi per rifondare l’Europa serve anche a questo.
Sull’Europa ho scritto molto in questi anni. Rimando, in questa rubrica, a “Brexit, solo l’utopia e la poesia ci salveranno”, 10 luglio 2016; e, su www.associazioneculturalemediterraneo.com, a “Perché non mi sento orgoglioso di essere europeo”, intervento sul blog “Discutiamo sull’Unione europea”, 15 luglio 2015, e a “L’Europa che manca”, intervento alla Festa spezzina della Cgil Avanti popolo, 8 settembre 2016.
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