Demolizioni e ceneri no su tutta la linea
Il Secolo XIX, 9 febbraio 2016 – A cavallo del millennio la città conobbe una forte trasformazione, con molti “simboli”: tra questi la riconversione dei vecchi e inquinanti cantieri di demolizione navale in moderni cantieri di costruzione della nautica, o in porticcioli come Porto Lotti; e la demolizione dei silos in Calata Paita, che fu voluta e vissuta come primo passo verso il waterfront. Fa quindi un certo effetto leggere che l’Arsenale ospiterà i cantieri di demolizione delle navi militari e che nel molo Garibaldi, davanti a Calata Paita, i silos saranno adoperati per lo stoccaggio di rifiuti industriali quali le ceneri delle centrali Enel di altre città.
La questione che si pone, in entrambi i casi, non è solo quella della necessaria valutazione di impatto ambientale, preliminare a ogni decisione, e poi dell’effettiva capacità della pubblica amministrazione nell’opera di prevenzione e di controllo. La discussione da fare è, innanzitutto, a monte: qual è il nuovo sviluppo che vogliamo? Le attività di cui si parla sono compatibili o no con questa “visione” di trasformazione? L’Arsenale -cento ettari nel cuore urbano, con una manodopera sempre più scarsa e anziana- un tempo era protagonista della vita della città, ora non lo è più. Per renderlo meno estraneo occorre puntare sul rinnovamento tecnologico delle attività industriali della Marina e sulla riconversione a fini nautici, turistici e culturali delle aree inutilizzate. Le demolizioni sono un “simbolo” del passato, non del futuro. Ciò vale anche per lo stoccaggio di rifiuti nello stesso molo che ospita le navi da crociera. Il porto del futuro è quello dell’innovazione tecnologica nel settore dei container e dello sviluppo del turismo: che c’entrano le ceneri del carbone?
Quel che serve non è un generico discorso sulla smart city, ma un piano strategico che esprima la “visione” di come vuole essere la città non nei prossimi 3-5 anni, ma 20-30 anni. Insomma: più “immaginazione al potere” e meno appiattimento sulla “cronaca”. A quel punto sarà chiaro che c’è un passato che non è più risorsa per il futuro. Anzi, lo danneggia e lo allontana. I cittadini, di fronte a snodi così cruciali, devono farsi sentire, come stanno facendo per l’hospice: con uno schieramento popolare, senza simboli di partito. Forse sta nascendo, dal basso, una “coalizione civica”: qualcosa di completamente diverso dal passato, in cui tanti cittadini sfiduciati possono finalmente riconoscersi.
Giorgio Pagano
Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo
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