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Tecnologia e solidarietà per ripartire

a cura di in data 24 Novembre 2011 – 15:31

La Repubblica-Il Lavoro – 24  novembre  2011 – E’ stato appena pubblicato il rapporto Istat 2010 sulla Liguria. Ci manca Paolo Arvati: la sua intelligenza, la sua capacità di trasformare i dati in scenari di lettura delle trasformazioni della nostra regione. Quello che emerge è comunque un quadro preoccupante: stagnazione produttiva, disoccupazione e precarietà, “nanismo” imprenditoriale, crisi demografica. Una situazione ben fotografata, nei giorni scorsi, dalla Cgil genovese. Capisco che la crisi spinga a insistere sui vecchi progetti, da tempo in attesa di realizzazione. Tuttavia bisogna chiedersi, anche in Liguria, se possiamo riprendere come se niente fosse dal punto in cui eravamo arrivati. La crisi è in realtà la migliore, forse la sola, occasione per una conversione del modo di produrre e di consumare, per non stare fermi sull’idea di una Liguria felix appisolata e piena di seconde case, per trovare parole chiave nuove, o interpretate in  modo nuovo.
La prima è “tecnologia”, il motore dell’economia. Oggi la tecnologia decisiva è quella “verde”. Il Cer (Centro italiano ricerche) ha misurato in uno studio gli spazi di espansione dell’Italia nel mercato delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico: 170.000 posti di lavoro. A patto che ci sia un piano, un minimo di programmazione, di certezze per le imprese, di sconti fiscali per i cittadini. Insomma, una leadership politica che ci crede, come dimostra il caso tedesco. Ma quello che è sempre più chiaro è che ormai, più di green economy, bisogna parlare di “terza rivoluzione industriale”, che tocca molti altri comparti, indirettamente legati all’energia: elettronica, edilizia, telecomunicazioni, agricoltura, alimentazione. Un altro studio, quello di Symbola e Unioncamere, coglie l’esistenza di un vero e proprio “filo verde” che attraversa, innovandoli, anche i settori più maturi della nostra economia. Se il 24% delle imprese sta investendo in tecnologie e prodotti green e se il 33% delle assunzioni previste riguarda figure professionali legate alla sostenibilità, vuol dire che davvero siamo di fronte all’inizio della conversione ecologica dell’industria tradizionale. E la Liguria? Lo ha ammesso l’assessore regionale Guccinelli in un recente incontro alla Spezia promosso dall’Associazione Culturale Mediterraneo: siamo il fanalino di coda in Italia, non solo per composizione del territorio, ma anche per “mancanza di consapevolezza”. Le idee per recuperare il gap sono molte: le hanno proposte lo stesso assessore, gli imprenditori e gli ambientalisti. E’ la leadership politica, ora, che è messa alla prova.
Una seconda parola chiave è “economia solidale”: più che un settore, un approccio trasversale che tocca tutti i settori  e che mette al centro del suo operare le persone, la qualità della vita, le relazioni sociali e l’ambiente. Sempre Mediterraneo ha chiamato a Spezia Euclides Mance, studioso impegnato in Brasile nell’elaborazione di politiche pubbliche di sviluppo territoriale realizzate attraverso l’economia solidale. Ci ha raccontato una grande esperienza: 22.000 iniziative dal basso, soprattutto cooperative, coordinate da reti solidali che mettono insieme produttori, distributori, consumatori, finanza etica e che operano sia nel campo della produzione, soprattutto agricola, che dei servizi. Con l’apporto delle istituzioni: Lula ha creato una segreteria nazionale ch si occupa del tema, e strumenti analoghi esistono a livello regionale e comunale. Nulla di più attuale per la Liguria: siamo indietro nella green economy, dobbiamo puntare sull’agricoltura per salvare un territorio martoriato, ai nostri vecchi non può bastare un welfare residuale come quello che si profila. La leadership politica deve avere pensieri nuovi: dopo la marcia per il Terzo Valico, bisogna marciare su questi temi. Senza dimenticare i vecchi progetti, certo: il primo è lo scolmatore del Bisagno.

Giorgio Pagano

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