L’impegno spezzino al fianco dell’Africa
Il Secolo XIX – 5 aprile 2009 – Salvatore Calcagnini, funzionario del Comune di Spezia, è appena tornato dal Niger. Il nostro è uno degli undici Comuni protagonisti del progetto “Municipi senza frontiere”, predisposto dall’Anci, da Euro-African Partnership for Decentralised Governance e dalla Ong Cospe, d’intesa con l’Onu.: un contributo originale per supportare il decentramento nei Paesi in via di sviluppo. I dipendenti dei Comuni italiani si recano in Africa per trasferire ai colleghi africani le loro esperienze civiche e competenze professionali. Dopo un corso di formazione a Firenze, e uno in Niger presso la Scuola di Pubblica Amministrazione di Niamey, Calcagnini è stato due settimane in quattro Comuni della Regione di Tahoua, affrontando con amministratori e dirigenti i temi dei piani di sviluppo locale e della gestione delle opere pubbliche.
Il Niger è uno dei paesi più poveri del mondo, al secondo posto nella graduatoria della mortalità infantile -più di un bambino su quattro muore entro il quinto anno di età- e al penultimo in quella dello sviluppo: il 63% della popolazione vive sotto la soglia di estrema povertà. La maggior parte del territorio è attraversato da pianure desertiche, e le poche terre coltivabili sono minacciate dalla desertificazione che avanza.
L’Africa non ha la tradizione del decentramento: in Niger i Comuni sono nati appena nel 2004. Ma il decentramento è lo strumento per governare meglio i territori, ed è la grande parola d’ordine per l’Africa. E’ inutile scavare un pozzo in una località afflitta dalla mancanza d’acqua se le istituzioni non hanno la capacità di gestire l’opera. Al posto della burocrazia centralizzata e dei poteri tradizionali del luogo servono i Comuni e l’autogoverno dei cittadini. Il grande errore del G8 e della FAO è che si sono costruiti meccanismi di aiuto che prescindono dalle istituzioni locali: in questo modo i finanziamenti, già insufficienti (soprattutto quelli italiani: solo la Grecia, in Europa, fa peggio di noi), arrivano poco e male. Lo spiega bene Andrea de Guttry della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa in una ricerca da cui emerge che ad un maggior livello di decentramento corrisponde un più alto livello di benessere dei cittadini africani.
Ecco perché quando penso all’Africa, pur senza negarmi le sue tragedie, cerco di essere ottimista. La cooperazione deve “mettere la testa” nei territori: solo così la partita non è persa. Il ruolo dei Comuni italiani è decisivo, perché pochi come noi possono vantare una storia così rilevante. La cooperazione dei Comuni, quindi, non è davvero “di serie B”.
Ora l’esperienza pionieristica di “Municipi senza frontiere” va esaminata e migliorata, ed estesa al maggior numero di Comuni. La sua naturale evoluzione è lo sviluppo di gemellaggi tra enti locali italiani e africani, per dare vita a relazioni strutturate, basate sullo scambio di esperienze e sulla collaborazione paritaria, che coinvolga anche la società civile. In Niger -spiega Calcagnini- la collaborazione dovrebbe proporsi di meccanizzare l’estrazione dell’acqua nelle valli coltivabili per sviluppare razionalmente l’agricoltura. L’Anci ha incontrato recentemente sia l’Onu che l’Unione europea, che per la prima volta hanno riconosciuto l’importanza della cooperazione dei Comuni e si sono impegnate a promuovere e a finanziare i gemellaggi: è una svolta. E’la sfida del “partenariato tra comunità”, che attende chi, come il Comune di Spezia, ha avuto il merito di crederci fin dall’inizio.
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